Premio Tiberini 2011 super
Grandi ospiti e alta qualità al Premio Tiberini istituito fin dal 1989 e diretto artisticamente da Giosetta Guerra.
di Anna Indipendente
1. Il Coro del Teatro Regio di Parma al Premio lirico Internazionale Mario TiberiniCattolica (RN). Quest'anno il Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini si è articolato in quattro appuntamenti di prestigio: 26-27-30 giugno e 16 luglio 2011. Per il primo appuntamento, una delle voci verdiane più rilevanti di quest'ultimo periodo è stata incoronata "Regina del melodramma italiano":
Dimitra Theodossiou che si è esibita nel concerto dal titolo Le eroine del melodramma, accompagnata al pianoforte dal M° Simone Savina; in concomitanza il Premio Tiberini d'argento è stato assegnato al Coro lirico della Regina di Cattolica, diretto dal M° Gilberto del Chierico;
Veniamo alla serata del 27:
magistrale perizia tecnico-musicale. In questo modo il pubblico è entrato direttamente a contatto con l'essenza della personalità drammaturgico-musicale verdiana. Non è stato un caso se il Maestro Faggiani ha espresso in maniera chiara e inequivocabile il suo pensiero su certe attualizzazioni registiche delle opere del compositore bussetano, oggi tanto in voga, ma che spesso finiscono per essere dei meri tradimenti della sua drammaturgia. Cosa voleva esprimere Verdi nelle sue opere? Semplicemente l'uomo, nella sua verace realtà: nel bene e nel male, scandagliato senza pregiudizi di sorta (vedi Violetta o Rigoletto) in tutte le sfumature: è caro al cigno di Busseto il confronto dell’individuo con la propria coscienza e identità, la presenza del male nella natura umana e la lotta con esso, il rapporto con il potere. Tutte tematiche presenti nel suo poeta prediletto, Shakespeare, verso il cui teatro Verdi nutrì un rapporto particolare, quasi una sorta di venerazione che durò per tutta la sua vita: Macbeth, Otello, Falstaff lo testimoniano, ma anche Amleto, Re Lear, sogni accarezzati e mai realizzati (Baldini). Uno dei mezzi privilegiati scelti dal c ompositore bussetano per mettere in pratica i propri convincimenti drammatici fu la cosiddetta "parola scenica", una prosa concisa, forte, significante, in grado di tradurre precisamente la situazione drammatica , sul cui altare sacrificò il rapporto con fior fiore di librettisti. Ai cantanti Verdi non si stancava mai di raccomandare di studiare bene la posizione e le parole, la musica sarebbe venuta in maniera conseguenziale. Quella stessa parola che il Coro del Teatro Regio di Parma, pur nella sua formazione non completa, ha saputo ben mettere in evidenza, permettendo a noi del pubblico di immaginare la scena
anche senza rappresentazione.
Gli elevati standard qualitativi del Coro sono subito apparsi evidenti nell'accuratezza e precisione degli attacchi, nell'articolazione chiara, compatta e uniforme de lle parole: sembrava di ascoltare una sola voce, piuttosto che soprani, tenori, contralti e bassi. La scaletta del programma di sala è stata stravolta dal direttore che ha ritenuto opportuno aggiungere qualche brano, come ad esempio l'allegro, fortemente ritmato dall'atto I del Rigoletto (1851) Zitti, zitti moviamo a vendetta, in cui il Coro, rappresentato dai nobili cortigiani, rapisce Gilda, facendo credere a Rigoletto che si tratta del ratto della contessa di Ceprano e non della figlia; in questo brano il Coro ha mostrato un controllo e un addestramento certosino nell'esecuzione del sillabato a mezza voce, deliziando il pubblico; l'altro brano è stato il famosissimo Noi siamo zingarelle e Di Madrid noi siam mattadori, dall'atto II della Traviata (marzo 1853), anch'esso dal ritmo rapido e st accato, in cui il M° Faggiani aggiungendo una nota di colore presenta gli zingari come degli hippies ante litteram o anarchici contestatori. Interessante è stato poi il confronto impari, per diversità di stile, tra le due opere patriottico-corali di Verdi, una il Nabucco (1842), unitaria e compatta, e l'altra La Battaglia di Legnano (1843), discontinua e frammentaria. Dal I Atto del Nabucco il Coro ha eseguito Gli arredi festivi, canto di disperazione degli ebrei oppressi dal re d'Assiria, Nabucco, che ha invaso la loro terra e allora i Leviti incitano le vergini ebree a pregare per la salvezza d'Israele; si tratta di un brano in cui il Coro del Teatro Regio di Parma ha rivelato nitidezza e duttilità vocale tra le altre sue qualità. Il brano O Signore dal tetto natio dal IV Atto, de La battaglia di Legnano, forse la pagina più celebre di tutta l'opera, è un'accorata preghiera al Signore, che ha chiamato i crociati dalla terra natia per liberare Gerusalemme dal dominio dei musulmani, dal caratteristico ritmo giambico che fa da tessuto musicale: fra le sabbie infuocate ricordano l’aria fresca, i ruscelli, i laghi della terra lombarda, ma qui nella rimembranza il ritmo si stempera in un andamento più disteso ed elegiaco. A questo punto il riferimento alla celeberrima pagina di Va pensi ero sulle ali dorate dal III Atto del Nabucco è d'obbligo, in quanto ha in comune lo stesso sentimento di nostalgia dolorosa per la propria patria, ma, mentre La battaglia di Legnano fu stroncata dai critici come opera tagliata con l' accetta (Baldini) e addirittura dal France musicale come opera che non valeva un soldo, il Nabucco invece ebbe un grande successo con settanta repliche solo alla Scala . Vale la pena di ricordare qualche differenza tra le due versioni del brano Patria oppressa del IV Atto di Macbeth, quella del 1847 e del 1865, anche qui si tratta di una preghiera dolorosa e rassegnata dei deportati scozzesi che piangono la loro patria, insanguinata dal tiranno. Nella versione francese del 1865 questo Coro fu riscritto (compreso il testo) daccapo. Un ultimo cenno va a Vedi le fosche notturne spoglie dal II Atto del Trovatore (gennaio 1853): ai piedi di un monte in un accampamento di zingari, Azucena ricorda la morte della madre sul rogo, accusata di stregoneria dal Conte di Luna; il brano è stato commentato dal M° Faggiani che ha evidenziato gli elementi descrittivi della scrittura operistica del cigno di Busseto. Alla fine il pubblico ha cantato con partecipazione entusiastica l'I nno di Mameli (1847).
2. Serata elettrizzante per il 3° appuntamento del Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini
Cattolica (RN). Tenutosi a Cattolica al Teatro della Regina, giovedì 30 giugno, il concerto fa parte di un GALA DI BENEFICIENZA che ha lo scopo edificante di trovare i fondi per portare a termine la costruzione di una scuola secondaria in Tanzania a Karansi, ai piedi del Kilimanjaro e in questo l'associazione musicale Mario Tiberini, organizzatrice del festival è stata coadiuvata dall'associazione Cattolica per la Tanzania (onlus), coordinata dal dottor Maurizio Lugli, già da qualche anno impegnato a portare sollievo alle popolazioni di questi luoghi, grazie all'opera galvanizzant e del sacerdote tanzaniano Padre Calistus Tarino.
Si è trattata di una serata più varia e meno omogenea rispetto alle due precedenti, ma pur sempre accattivante ed emozionante per la presenza sul palcoscenico di musicisti dal calibro internazionale quali Claudio Scimone, il quintetto de I Solisti Veneti e il mezzosoprano Sonia Ganassi che hanno portato letteralmente il pubblico in visibilio con le loro performances di alto profilo musicale, all'insegna del virtuosismo più sfrenato. La serata, presentata dal suo Direttore Artistico Giosetta Guerra, affiancata dalla giovane Chiara Gamurrini
Il M° Scimone ha diretto e accompagnato il quintetto a l cembalo con la consueta perizia musicale che lo contraddistingue, nonostante fosse su una sedia a rotelle per un incidente in via di risoluzione. Nel concerto di questa serata i solisti veneti contavano al loro interno la presenza di alcuni fondatori, veri pilastri del gruppo, come il violino solista Lucio Degani, il secondo violino Chiara Parrini, il violoncellista Giuseppe Barutti, ma si sono distinti per l'alto magistero tecnico anche il violista Giancarlo di Vacri e la consorte del M° Scimone, Clementine, all'ottavino. Il gruppo ha saputo ben manipolare l'attenzione del pubblico dirigendolo verso un crescendo di emozioni, via via che i brani divenivano di sempre più impegnativa esecuzione. Di repertorio la sonata a tre (due violini e B.C. Con cello) di Vivaldi (1678- 1741) op.1 n°12, sul tema celeberrimo de la Follia, danza contadina di origine portoghese, su cui si sono cimentati la maggior parte dei compositori del sei-settecento, da Frescobaldi (partite) a Lully (che la usò come Passacaglia) a Corelli; dopo l'oasi lirica dell'iper famoso Adagio in sol min. di Tommaso Albinoni (1671-1751) per archi e cembalo, comincia a crescere poco a poco la tensione
virtuosistica, dapprima con le
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