domenica 11 settembre 2011



Teatro Pergolesi di Jesi



Festival Pergolesi Spontini 2011
LA SALUSTIA di Giovan Battista Pergolesi.
(4 settembre 2011)
A cura di Giosetta Guerra
GRANDE MAGNIFICO PERGOLESI

La Salustia, primo dramma serio di Pergolesi su libretto tratto dal dramma Alessandro Severo di Apostolo Zeno, debuttò al S. Bartolomeo di Napoli nel 1732 col tenore Francesco Tolve nel ruolo di Marziano, destinato al Nicolino, evirato cantore che morì durante le prove e col Gizziello, virtuoso castrato soprano nella parte di Claudio, composta per un tenore.

L’opera, col testo della prima edizione e la revisione critica del musicologo Dale Monson, ritorna dopo 3 anni al Teatro Pergolesi con un nuovo allestimento e ruoli cambiati: baritono per Marziano, controtenore per Alessandro, due mezzosoprani per Salustia e Giulia, due soprani per Claudio en travesti e Albina.

L’opera è un susseguirsi ben concatenato di recitativi e lunghissime arie di bravura, che esprimono i conflitti interpersonali; il dinamismo dei recitativi confluisce nelle arie, che si aprono con una bella introduzione orchestrale e si chiudono in modo secco.

I giovani artisti ingaggiati a Jesi hanno dato prova di conoscere la prassi esecutiva barocca e di saperla mettere in atto, ma la qualità della voce ha fatto la differenza dei risultati.

Regina assoluta è risultata Serena Malfi, una virtuosa con la voce, nel ruolo di Salustia, figlia di Marziano e sposa dell’imperatore Alessandro. Il mezzosoprano ha voce robusta, armoniosa e sonora anche nei recitativi, suono ricco, denso ed esteso nelle arie di dolore; esegue la grand’aria di bravura “Tu m’insulti”, aria eroica agitatissima in orchestra con fitte arcate dei violini con energia, duttilità, elasticità, ottime note gravi; la voce emerge per volume, colore, vibrazioni nel quartetto “Vado a morir ben mio” (fine II atto); penetranti slanci acuti di dolore, linea di canto delicata ed omogenea, formidabile tenuta del suono, padronanza della messa di voce nell’aria patetica Per queste amare lacrime” del III atto.

Brava attrice e brava cantante Laura Polverelli nel ruolo dell’imperatrice Giulia, madre padrona di Alessandro e nemica giurata di Salustia, che invece per ben due volte le salva la vita.

Il mezzosoprano possiede tecnica e temperamento, un mezzo vocale prorompente, abilità nel canto sbalzato, padronanza del canto di coloratura, affronta il virtuosismo delle arie di furore con voce bella, estesissima e solida (“Odio di figlia altera” coi virtuosismi del corno – II atto) e con esplosioni nella tessitura acuta (aria di furia “Se all’ultimo suo fato” - III atto supportata dalla velocità degli archi).

Il baritono Vittorio Prato (Marziano, generale di Alessandro e padre di Salustia) esibisce una voce piuttosto chiara con vibrato, estesa e più consistente in zona acuta, evidenzia qualche asperità e agilità poco fluide, ma buona tecnica e tenuta scenica .

Le arie di Giulia e di Marziano hanno come connotato comune l’aggressività che si esprime con arie di furore e di tempesta, agitate in orchestra: i due si odiano, ciononostante sono gli unici che si lasciano andare ad atteggiamenti erotici.

Più spessore vocale e più naturalezza d’emissione avrebbero tolto il pigolio nella voce del controtenore sopranista Florin Cezar Ouatu (Alessandro) e non lo avrebbero fatto arrivare spompato alla fine; l’accento è sempre un po’ troppo marcato, tuttavia tecnicamente il cantante è ben preparato: percorre con agilità l’ardua tessitura, si spinge facilmente in zona acuta, esegue bene il canto di sbalzo, canta con morbidezza le arie di dolore.

Il soprano en travesti Maria Hinojosa Montenegro (Claudio, cavaliere romano) ha voce piuttosto carente in zona grave, che però si espande con naturalezza in zona acuta e canta bene le arie amorose.

Il soprano Giacinta Nicotra (Albina, inizialmente in abiti maschili) esibisce bei suoni fissi, emissione corretta e una vocalità non sempre all’altezza della situazione.

Dall’Ouverture vigorosa e densa al Finale trionfante, passando attraverso le magnifiche introduzioni strumentali delle arie, l’Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani, un organico di 24 elementi, si fa interprete della grande potenza espressiva della musica pergolesiana, destreggiandosi con maestria tra i tempi vivaci, pacati, danzanti, agitati della scrittura musicale. Corrado Rovaris al cembalo e alla direzione dell’ensemble effettua una lettura piacevolissima della partitura, restituendo il colore e la brillantezza della musica barocca e la magnifica arte del grande Pergolesi.

Molto originale e funzionale il nuovo allestimento scenico, uscito dal lavoro incrociato di regista (Juliette Deschamps), scenografo (Benito Leonori), costumista (Vanessa Sannino) e disegnatore luci (Alessandro Carletti).

Dato che la vicenda si svolge a Roma durante il regno dell’imperatore Alessandro Severo (dal 222 al 235), la scena presenta una parte esterna del Colosseo con tre ordini di archi con palchi praticabili all’interno per l’azione in ambienti da immaginare, il modulo architettonico è posto a metà palcoscenico su un pavimento irregolare di mattoni e a lato c’è un grosso lampadario caduto a terra.

I costumi non sono romani ma settecenteschi con elementi moderni comprese le capigliature.

Intelligenti ed originali trovate registiche sostituiscono il cambio degli ambienti: scritte col carboncino sul muro pro e contro le due donne rivali, vapori che escono dall’alto dei palchi per le terme imperiali, proiezioni confuse dietro gli archi per il combattimento di Marziano con la fiera in arena, il muro che si tinge di rosso col veleno caduto dal calice di Giulia, candelieri accesi, piatti e coppe di metallo posati su tutti i palchi per le scene nella reggia, vasellame che viene poi buttato giù a terra per disprezzo, la pioggia di polvere e fogli bianchi come simbolo di disfacimento e così via.