lunedì 23 aprile 2018

PS concerto celli


Pesaro, TEATRO ROSSINI
58a stagione concertistica promossa da Ente Concerti 
e Comune di Pesaro.














CELLO VIRTUOSI ACCADEMIA SIBELIUS

6 aprile 2018
Recensione di Giosetta Guerra

Concerto assolutamente particolare sia per la formazione strumentale (solo celli), sia per la scelta musicale (dal 1700 alla fine del 1900).
Solo violoncelli in palcoscenico: due per Boccherini, quattro per Wagner, cinque per Čajkovskij, otto per Villa-Lobos, Gershwin, Bernstein, Gubajdulina e Piazzolla, diretti dal violoncellista capo Martti Rousi, con la partecipazione del soprano virtuoso Piia Komsi per le pagine cantate.
Gli artisti provengono dai paesi freddi del nord, principalmente dalla Finlandia, ma mettono calore nell’interpretazione, sostenuta da un’eccellente tecnica esecutiva.
Le dita degli strumentisti frullano e saltellano fluidamente sulle corde per eseguire il fitto virtuosismo di alcuni brani, gli archi si distendono nelle pagine più pacate.

Nella Sonata in La maggiore del compositore e violoncellista settecentesco Luigi Boccherini, Martti Rousi accompagna con larghe arcate e suono scuro l’insistente virtuosismo di Jonathan Roozeman, che suona a memoria con sensibilità d’arpeggio in un’estasi quasi religiosa.





























Nell’Interlude de Lohengrin di Richard Wagner i quattro celli guidati da Rousi riescono a realizzare quella sensazione di musica infinita propria di Wagner, arcate lente e vibranti sfociano in un’atmosfera di rabbia e, passando attraverso note che ci rammentano l’incipit della sua marcia nuziale, sfumano in un finale sospeso.
L’ensemble al completo interpreta visceralmente le pagine del compositore brasiliano Heitor Villa – Lobos (1887 – 1959), Bachiana brasileiras 1, una musica popolare brasiliana e classica nello stile di Bach con alternanza di ritmi incalzanti e melodie languide e distese di un romanticismo lacerante e struggente con silenzi e voci sommesse.
Bachiana brasileiras 5 è un brano di difficile esecuzione, perché passa da una melodia struggente cantata su una sola nota a un canto lirico classico e poi ad una musica senza una linea melodica e con dissonanze. Bravi tutti gli interpreti, in particolare il soprano Piia Komsi, che, esperta di tecnica virtuosistica, piega una voce duttile ed estesa ai capricci del compositore, introducendo una novità, un delicatissimo canto interno a bocca chiusa con filatini a volte impercettibili e strabilianti acuti.

Non mi è invece piaciuto come ha cantato Summertime di George Gershwin (1898 – 1937), che richiede più corpo vocale e maggior fluidità d’emissione.
In Fata Morgana di Gubajdulina (1931) e in I feel pretty da West Side Story di Bernstein (1918-1990) la cantante ha evidenziato una voce da commedia musicale.



Come bis il soprano ha cantato Oh mio babbino caro da Gianni Schicchi di Puccini (1918), che ha messo in luce le peculiarità di questa voce aggraziata e ben modulata con messe di voce e dissolvenze, ma ha anche evidenziato che la frequentazione della musica moderna e contemporanea non giova all’emissione vocale nei brani operistici. Forse sarebbe meglio il Rossini fiorito.


Per l’Andante cantabile di Čajkovskij (1840-1893) i cinque celli, diretti da Martti Rousi che suona senza spartito, entrano con facilità nella melodia dolce e patetica intrisa di suoni cupi.
La pagina di Piazzolla Milonga y tango li ha divertiti molto.
C’era anche Which and Sun my father di Aija Puurtinen (1959), ma, visto il cambiamento dell’ordine nel programma, mi sono un po’ persa in questi brani in parte a me sconosciuti.
Per un programma così originale e poco noto non è stata sufficiente l’introduzione della presidente dell’ente concerti Marta Mancini, occorreva una presentazione più capillare pezzo per pezzo, perché lo spettacolo deve anche insegnare oltre che divertire.

Il pubblico è rimasto soddisfatto, la bravura degli interpreti ha vinto.



venerdì 13 aprile 2018

FANO PROSA







Fano Teatro della Fortuna
Stagione di prosa 2017-18

Non mi hai più detto… 

Ti amo

Una commedia leggera per temi reali. 

Ottimo il cast.

 

 

 

 





Recita del 18 marzo 2018

Servizio di Giosetta Guerra


Scritta e diretta da Gabriele Pignotta, la pièce fotografa le giornate di una famiglia tradizionale, formata da marito, moglie e due figli, un maschio e una femmina, intorno ai vent’anni, la cui routine classica di servitrice puntuale e serviti distratti (soprattutto dal dio cellulare) viene drasticamente sconvolta dalla decisione improvvisa della casalinga di tornare al lavoro d’ufficio. 

Due quadri teatralmente stimolanti, in quanto opposti sia negli ambienti che nelle azioni e reazioni dei protagonisti. Situazione stuzzicante per dare alla pièce un ritmo serrato e vivace, specialmente nella seconda parte, con entrate e uscite rapide e scattanti, sbattimenti di porte, insofferenze marcate, cambi di scena a vista, anche un po’ rapidi, quasi un giramento di testa per gli spettatori scaturito dal giramento di scatole dei componenti di questa famiglia sull’orlo di una crisi di nervi.
Ma qui purtroppo non è così: l’azione è invece rallentata ed appesantita dai continui e fitti momenti di buio per cambiare gli ambienti, di cui non c’era assolutamente bisogno vista la presenza di moduli architettonici girevoli.
Se si opta per una scenografia movibile, non occorre oscurare il palcoscenico ad ogni cambio di ambiente e, siccome l’azione si svolge in vari luoghi in una successione strettissima se non in contemporanea e in più di una giornata con l’alternarsi del giorno e della notte, le numerose fasi buie provocano disturbo visivo, noiosa ripetitività e rallentamento dell’azione. I cambi a vista avrebbero tenuto desta la vivacità della pièce ed avrebbero permesso agli spettatori di ammirare la bella ed importante scenografia, degna di un teatro d’opera lirica. Purtroppo il regista, nonostante la positività di altre scelte, ha perso l’occasione di giocare con il bello della diretta e dell’immediatezza per rendere la pièce esilarante. Ma nulla è perduto, perché può provare a fare qualche cambiamento nelle recite a venire.
Un altro elemento che trovo scontato e che ha reso meno brillante la seconda parte è il ricorso alla malattia per cambiare vita (che poi non si è capito se era verità o finzione per giustificare il cambiamento). Se vogliamo divertire, e il teatro dovrebbe farlo, gli autori potrebbero tenersi lontani dalle tristi realtà nelle commedie, molto meglio sarebbe stata una presa di coscienza della donna che i tempi del servilismo non riconosciuto erano finiti. E anche il titolo è fragile. Chi dopo venti anni di matrimonio nota che il marito non le dice più di amarla?

Per quanto riguarda gli attori nulla da eccepire: tutti e quattro bravissimi, ben calati nei loro ruoli, esperti delle dinamiche teatrali, espressivi e spontanei nell’interpretazione.




















Serena, moglie e madre devota, è una nota attrice di musical che si cimenta per la prima volta col teatro della parola, la brava e bella Lorella Cuccarini, padrona del palcoscenico, interprete versatile in grado di adeguare il gesto, l’espressività e la recitazione ai diversi stati d’animo. Quindi con estrema facilità passa dalla grigia vita domestica alla dinamica vita d’impiegata, cambiando anche abbigliamento e atteggiamenti.

Giulio, marito e padre piuttosto assente a causa del suo lavoro ma anche dell’abitudine, è uno spontaneo Giampiero Ingrassia, capace di adeguarsi alle esigenze del copione con recitazione fluida, gestualità naturale, senza stravolgimenti d’umore pur nelle sue nuove responsabilità.

 

 

 

 

 

  

 

  Cambiamenti invece avvengono nei due figli, interpretati da due bravissimi giovani, Raffaella Camarda (Tiziana) e Francesco Maria Conti (Matteo).

Nella prima parte la femmina è moderna, trasgressiva, indipendente e il maschio è posato, secchione, tradizionale, nella seconda parte la femmina rivela la sua maturità e il maschio la sua insicurezza. Credetemi, li hanno interpretati da Dio. Non è facile vedere tanta credibilità in giovani attori.

Poi c’era un paziente ipocondriaco rompiscatole, intrepretato da un bravo ed esilarane Fabrizio Corucci, che contribuisce a far vacillare la stabilità del medico.

Eccellente l’affiatamento, troppo forte l'audio.

 


Musiche di Giovanni Caccamo
scene di Alessandro Chiti
costumi di Silvia Frattolillo
light designer Umile Vainieri
sound designer Luca Finotti
produzione Milleluci Entertainment

https://it-it.facebook.com/CuccariniDancingQueen/videos/1476351952399937/

https://www.youtube.com/watch?v=cwDCNaUSMxI