martedì 21 dicembre 2010

Fidelio di Beethoven - Palacio de Bellas Artes, Messico

Francisco Araiza (Florestan) - Elena Nebera (Leonore)
Foto: INBA

Ramón Jacques


Città del Messico. Fidelio di Beethoven. Il Palacio de Bellas Artes, la scena lirica più importante del Messico, ha riaperto le sue porte dopo due anni di chiusura per restauri con il Fidelio di Beethoven, che mancava da questo teatro dal 1983. Con questa riapertura si spera in una più ampia attività che inizierà con Rusalka nei primi mesi del 2011 Per la parte visiva il regista Mauricio García Lozano ha sviluppato i diversi temi della vicenda come la differenza di opinioni e di pensiero, la repressione, l'abuso di potere, il dolore, la libertà con un numeroso gruppo di attori in perpetuo movimento sulla scena, dove si sono trasformati, successivamente, in prigionieri. Tutto ciò, in certo qual modo polemico, con uso di ironie, sarcasmi e con momenti di spietatezza Anche se talvolta, in particolare in relazione alle violenze e alle repressioni dei militari, erano caricate in modo esagerato. La scenografia, ideata da Jorge Ballina, era ambientata in un'imprecisata modernità, trasportando lo spettatore fino nelle profondità di un'oscura e angosciante prigione sotterranea, per mezzo di una scena che in modo meccanico una sorta di bunker, dal disegno geometrico ed equilibrato. I costumi militari e civili di Jerildy Bosch contribuivano a dare un aspetto umano agli attori e ai cantanti, e la illuminazione di Jesús Hernández, particolarmente nell'ouverture e nel finale riusciva a creare stimolanti immagini per il pubblico.

Per quanto riguarda il cast vocale, il soprano russo Elena Nebera, Leonora, ha adattato il suo sonoro e bel timbro scuro alle esigenze del personaggio, con una chiarezza, sicurezza e una bella linea di canto. Il ruolo è stato anche affidato alla voce di Monica Guillen Chavez, soprano messicana che ha mostrato una voce sfumata, espressiva e calda nell’accento e nella proiezione. Entrambi i cantanti hanno eseguito correttamente la loro parte, senza esagerare il carattere Come Florestan, il leggendario tenore messicano Francisco Araiza, eminente cantante nato in questo teatro, ha dispiegato la sua grande esperienza per estrarre l'anima del personaggio e cantare la sua difficile aria, con passione. Nel suo canto si poteva percepire l’inconfondibile timbro mozartiano che ha ancora lucentezza e freschezza.

Maria Alejandres (Marzelline)- Carsten Wittmoser (Rocco)


Da parte sua, il basso spagnolo Rubén Amoretti ha dato vita a un Pizarro despota e autoritario, con un'autorevolezza artistica e una vocalità dal timbro vigoroso e robusto. Corretto è stato il tenore Emilio Pons, un Jaquino musicale e Maria Alejandres come Marzelline, un soprano dal timbro brillante e suave, chiarezza nell'emissione e buon disimpegno artistico. A sua volta il basso Guillermo Ruiz (Don Fernando) ha sostenuto una prova non più che discreta per la difficoltà ad udire la sua voce. Il basso-baritono tedesco Carsten Wittmoser è stato un convincente interprete che ha dato nobiltà e umanità al personaggio di Rocco, con un canto e un'interpretazione efficaci. In seguito ad un duro lavoro effettuato sulla partitura si può affermare che l’Orchestra del Teatro Bellas Artes ha suonato meglò che in altre occasioni L'esuberante orchestrazione è stata messa in risalto con equilibrio da Niksa Bareza: come pure la scelta dei tempi, lenta all'inizio, e con qualche sfasatura, ha suonato molto musicale e gradevole durante il resto della recita. Il coro ha dato un buon apporto alla rappresentazione e il suo livello generale è aumentato dall’arrivo del nuovo direttore catalano Xavier Ribes.





venerdì 10 dicembre 2010

Lo Schiaccianoci



SENIGALLIA – Teatro La Fenice - LO SCHIACCIANOCI

(Presentato da Luigi Pignotti)

Di Giosetta Guerra

Per l’annuale appuntamento col balletto, il Teatro La Fenice di Senigallia ha ospitato sabato e domenica 4 e 5 dicembre 2010 il Croatian National Ballet Theatre-Split, che con la direzione di Almira Osmanovich ha messo in scena una delle più belle fiabe di Natale, Lo Schiaccianoci con la musica registrata di Piotr Ilich Chaikovskij.

La storia è nota: il mago Drosselmeyer durante una festa pre-natalizia a casa del borgomastro di Norimberga, il benestante Sthalbaum, dona a Clara, figlia del borgomastro, uno schiaccianoci di legno a forma di soldatino. Clara si addormenta stringendolo tra le braccia e nel sogno il soldatino si trasforma in un coraggioso principe, che sconfigge le paure di Clara, materializzate nell’oscura orda dei topi, e accompagna la bambina in un mondo di fate, di giochi e di dolciumi. Il romantico viaggio di Clara si conclude al suo risveglio e lo Schiaccianoci torna ad essere un giocattolo.

Numerosi i bambini, anche piccolissimi, in palcoscenico: alcuni come ospiti del ballo iniziale, altri nei simpatici costumi dei topi. Tutti si muovono in modo appropriato, anche se non eseguono passi di danza. Gli ospiti della festa fanno movenze di danza, ma non ballano sulle punte, non hanno nemmeno le scarpette, e neanche il mago, pur avendo la sinuosità e la postura del ballerino; ballano invece sulle punte Clara e le ballerine che si muovono nel sogno.

Per essere la figlia di un benestante Clara indossa un abito bianco semi lungo alquanto modesto, le signore che partecipano alla festa hanno costumi più colorati ma piuttosto semplici.

Il secondo atto è più scintillante del primo, sia per i bellissimi i costumi delle danzatrici, sia per l’atmosfera onirica prodotta anche dalle luci di Zoran Mihanovic, sia per la musica delle note danze, presentate come una successione di numeri chiusi.

Incisiva la realizzazione del sogno popolato di topi e di soldati. Per la danza dei fiocchi di neve ballerine in tutù bianco semi lungo disegnano suggestive coreografie di fila e figure d’insieme in un quadro d’intenso biancore, volteggiando con leggerezza sulle punte con sinuosi ports de bras e grand jetés en l’air; nella danza della Fata Confetto assistiamo al pas des deux della fata con un magnifico tutù rosato corto e rigido e del principe, lei con sicurezza e flessibilità si prodiga in una serie di piroettes, arabesques, assemblés, developpés, lui si lancia in brisés volés e fouettés; la danza dei fiori, sottolineata del suono morbido e caldo del clarino, è caratterizzata dal delicato cromatismo dei costumi, dei magnifici tutù corti e fluttuanti composti di leggere foglie pastello e dalla grazia delle ballerine costantemente sulle punte; vivaci nei colori i costumi della danza dei cosacchi e della danza araba, eseguite con estrema abilità.

Le coreografie di Bozicz Lisak sono riprese dalla versione originale di Marius Ivanovič Petipa.

Le scenografie, ideate da Dinka Jeričević, sono in entrambi gli atti abbastanza semplici.

I costumi sono opera di Barbara Bourek.

Molti bambini tra gli spettatori, provenienti anche da Fano, dove sono attive due scuole di danza.