lunedì 31 agosto 2015

ROF 2015 recital di Alaimo

R.O.F. 2015

Pesaro - Auditorium Pedrotti

Recital del baritono 

Nicola Alaimo

Una voce importante per un pomeriggio 
di buona musica e di cordialità.


21 agosto 2015


Analisi di Giosetta Guerra


I parte

Pietro Mascagni (Serenata), grande estensione vocale.
Luigi Denza (Occhi di fata), voce ampia usata con leggerezza e con slanci appassionati e vigorosi.
Stanislao Gastaldon (Musica proibita), cantata con irruenza e usando tutto il volume della voce; le avrei dato una tinta più nostalgica.
Paolo Tosti (L'alba separa dalla luce l'ombra), fluidità d'emissione.
Vincenzo Bellini, I Puritani, recitativo e doppia aria di Forth “O dove fuggo mai... Ah, per sempre io ti perdei” e “Bel sogno beato”, morbidezza d'emissione nei cantabili e lunghi fiati per una magnifica prova di belcanto.

II parte

Gaetano Donizetti, Poliuto, recitativo, aria e cabaletta di Severo “Decio, signor del mondo...Di tua beltade immagine . No, l'acciar non fu spietato”, buon uso della messa di voce, tutto cantato con dolcezza, più foga nella cabaletta con canto mosso e zona acuta lucente.
Gioachino Rossini, Guillaume Tell, air de Guillaume “Sois immobile et vers la terre”, voce immensa e duttile, interpretazione intensa per un'aria di gusto romantico col ricamo del pianoforte.
Jules Massenet, Don Quichotte, aria di Sancho Pancha “Riez, allez, riez du pauvre idéologue” cantata con troppa irruenza.
Giuseppe Verdi, Otello, aria di Jago “Credo in un Dio crudel”, valanga di voce, fiato da vendere.
Giuseppe Verdi, Falstaff, monologo dell'onore “L'amore? Ladri!”, cantata, declamata, recitata da un vero cantattore.
Come bis Nicola Alaimo si è messo al pianoforte e ha cantato un'accorata canzone siciliana E vuje durmiti ancora”, in omaggio alla sua terra di origine e “A Marechiaro” di Tosti. E per finire in bellezza “Largo al factotum”, la cavatina di Figaro da Il Barbiere di Siviglia di Rossini.
Richard Barker ha accompagnato il baritono al pianoforte con gusto e competenza e si è anche esibito in assolo nella trascrizione del preludio al IV atto dell'opera di Massenet.




venerdì 28 agosto 2015

ROF 2015. Recital di Chiara Amarù mezzosoprano


R.O.F 2015

PESARO Auditorium Pedrotti


Recital del mezzosoprano 



Chiara 

Amarù








16 agosto 2015
a cura di Giosetta Guerra

Reduce dal riconoscimento di bravura, testimoniato dal Premio Tiberini d'argento (giovani artisti in carriera), conferitole al Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU) dall'Associazione Musicale Mario Tiberini, “per il felice connubio di notevoli doti vocali e perizia tecnica nell'eseguire il canto di coloratura e di sbalzo”, Chiara Amarù, in un tenero abito color biscotto e con la solarità del suo sorriso, entra subito in empatia col pubblico.
Le tre arie da camera d'apertura, di Jules Massenet, mettono in luce una pasta vocale morbida, carezzevole nei finali in dissolvenza (“Nuit d'Espagne”), delicata nelle mezze voci (“Chanson andalouse”), agile nel canto mosso e negli slanci acuti (“Sevillana”).
L'andamento lento dell'aria di Mignon “Connais-tu le pays” dall'opera Mignon di Ambroise Thomas fa emergere il bel colore brunito e la morbidezza nel porgere, mentre nell'aria di Urbain “Non, non, non, vous n'avez j'amais” da Les Huguenots di Meyerbeer sprizza il virtuosismo che s'inonda di luce nelle puntature acute, arricchite dal suono argentino del pianoforte.
Entrando nella sfera rossiniana, Chiara Amarù fa sfoggio della sua abilità tecnica, dei suoi colori contraltili, del canto sempre sul fiato con l'uso della messa di voce e della dinamica sfumata, con la naturalezza dell'emissione e degli affondi e la fluidità del canto che sale senza forzature alla tessitura acuta (Aria di Isabella “Cruda sorte” da L'Italiana in Algeri, "L'invito" da Les Soirées Musicales, recitativo e cavatina di Malcom “Mura felici...Elena! Oh tu, che chiamo!” da La donna del lago.
Come bis un'esplosione di scale cromatiche, sillabati veloci, canto di sbalzo, preceduti da frasi levigate, accenti melanconici, canto accorato, il tutto eseguito con uno straordinario controllo del fiato: è il rondò di Cenerentola dalla fitta coloratura “Nacqui all'affanno”, suo cavallo di battaglia. E la platea la osanna.
In conclusione della frizzante serata "Canto negro" del catalano Xavier Montsalvatge.
Al pianoforte la brava ed attenta Carmen Santoro.




Chiara Amarù premiata al Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo il 13 agosto 2015

martedì 25 agosto 2015

ROF 2015 Recital di Chiara Amarù

ROF 2015

Pesaro Auditorium Pedrotti

CONCERTO DI CHIARA AMARU’, 

UN GIOVANE MEZZOSOPRANO 

DI INOSSIDABILE CLASSE E DI RARA SIMPATIA


16 agosto 2015

 a cura di Stefano Gottin 

Il primo dei tre “Concerti di belcanto” del ROF 2015 ha visto esibirsi il mezzosoprano Chiara Amarù, palermitana, classe 1984, appena premiata col “Tiberini d’argento” e non nuova al pubblico del Festival avendo partecipato nel 2011 e nel 2012, in ruoli minori, al Mosè in Egitto (Amenofi), a Il signor Bruschino (Marianna) e a Tancredi (Isaura), per poi accedere, nel 2013 e nel 2014, a due titoli rossiniani fondamentali, appartenenti rispettivamente al genere serio (La donna del lago, come Malcom, in forma di concerto) e al genere comico (Il barbiere di Siviglia, come Rosina, in forma semiscenica). Nei due ultimi casi, la prestazione della giovane artista era stata di notevole interesse e valore: di qui l’attesa per il concerto del 16 agosto in chi, come chi scrive, aveva avuto modo di ascoltarla in precedenza con grande ammirazione.
Accompagnata al pianoforte dall’eccellentissima e assai riservata Carmen Santoro (il cui curriculum è da far tremare le vene ai polsi…), la Amarù ha suddiviso il programma in due sezioni: la prima dedicata ai francesi con tre liriche di Jules Massenet (Nuit d’Espagne, Chanson andalouse e Sevillana), l’aria “Connais-tu le pays” dalla Mignon di Thomas e quella di Urbain da Les Huguenots di Meyerbeer, “Non, non, non, vous n’avais jamais”.















La seconda parte (affrontata senza soluzione di continuità rispetto alla prima) prevedeva “Cruda sorte” da L’Italiana in Algeri, L’Invito dalle Soirées Musicales, il recitativo e cavatina di Malcom, “Mura felici…Elena, o tu che chiamo” da La donna del lago, per poi chiudere il programma ufficiale con la Canzonetta Spagnuola sempre dalle Soirées Musicales.
Diciamo subito che un successo quasi trionfale, e meritatissimo, ha salutato la nostra cantante, che ha ripagato il pubblico con i bis da Cenerentola (“Nacqui all’affanno”) e di Xavier Montsalvatge una delle cinco canciones negras.
Ora, proprio perché la Amarù mostra d’essere un elemento eccezionale, è opportuno esprimere le valutazioni che seguono collocandola nel parterre degli artisti di prima fascia e, quindi, in una prospettiva che, se non storica, deve essere almeno di medio periodo, ciò che porta a dire che oggi, tra i mezzosoprani della sua generazione, la Amarù non conosce rivali finendo per dare dei punti a numerose colleghe di più lungo corso; inoltre, anche raffrontandola a illustri colleghe del passato, ella non sfigura affatto, al punto che, nell’ascoltarla, non è dato evocare le grandi del passato per bocciare il presente: in effetti, questa capacità di Chiara Amarù di “farsi ascoltare” senza che venga la tentazione di pensare ai “mostri sacri” del passato, costituisce una dote precipua dell’artista palermitana.
La sua voce, innanzi tutto, è di grana preziosa e diversificata nella timbrica, che trasmoda dal bel colore caldo, ombreggiato e naturale del registro grave e delle prime note centrali a una tinta più chiara e luminosa a mano che si sale nel pentagramma. I passaggi di registro sono gestiti con abilità, la tecnica è solida sicché la voce è omogenea e gli acuti, anche estremi, sono sempre ben timbrati, luminosi e mai “stretti”. La coloratura è sempre nitida, facile e ben sgranata (vedi il rondò della Cenerentola), ma forse appare troppo “accennata” e leggera nella cabaletta di Malcom, che abbisogna a mio avviso della cosiddetta agilità “di forza”. Il porgere e il fraseggio sono fantasiosi e spontanei, eccellente il legato (vedi l’aria di Mignon), solida è la musicalità, simpaticissima la mimica, appropriata la gestualità che valorizza una presenza scenica più adatta ai ruoli comico-brillanti piuttosto che a quelli aulici e coturnati.
Insomma, la giovane artista ha spontaneità, classe e talento e, in tale logica, mostra una singolare intelligenza di impostazione vocale nell’esecuzione dell’aria da L’Italiana in Algeri, composta per la Marcolini, la quale, diversamente dalla Amarù, era un vero contralto [a mio avviso, una cantante che si trovi ad affrontare un rompicapo vocale del genere, potrà sbrogliare la matassa ascoltando come Teresa Berganza, che era un mezzosoprano leggero, abbia affrontato l’Isabella de L’Italiana in Algeri in una edizione Rai del 1957 (stavo per dire “antica”, ma eviterò, visto che sono nato proprio in quell’anno…)].
Chiara Amarù (ella stessa me l’ha riferito) ama moltissimo La donna del lago e quindi - devo ritenere - il personaggio en travesti di Malcom (vedi sopra) nonché, per coerenza estetica, anche gli altri ruoli rossiniani della specie. Ed è anche normale che la giovane artista ambisca a dimostrare – riuscendoci - di essere in grado di affrontare sia i ruoli comici sia quelli seri.
Tuttavia, ad avviso di chi scrive, a un certo punto (forse molto presto) la Amarù dovrà operare una “scelta di campo”, decidendo se lasciare (quantomeno per ora) i ruoli contraltili rossiniani che tanto le piacciono, oppure se trasformarsi “affondando” la voce verso le tonalità più gravi e “cercando” un suono e un colore che non sono esattamente i suoi naturali (in questo caso una buona soluzione potrebbe essere cercata studiando la vocalità di quella grande artista che è stata Martine Dupuy). Tuttavia, vedendo gli impegni che ha in agenda, non mi sembra che la Amarù intenda procedere in tal senso, il che mi pare cosa saggia.
Infatti, la fisionomia vocale, fisica e, riterrei, anche psicologica della nostra ottima artista rendono quest’ultima ideale per il Rossini comico, per i ruoli en travesti mozartiani, indubbiamente meno eroici e più lirici (infatti ha già interpretato Idamante nell’Idomeneo), e, più in generale, per il repertorio barocco. Chiara Amarù ha, inoltre, le carte in regola per affrontare da par suo il repertorio francese e soprattutto la Leonore de La Favorite di Donizetti, la Giovanna Seymour dell’Anna Bolena (speravo, in cuor mio, che tra i bis proponesse il Brindisi di Maffio Orsini dalla donizettiana Lucrezia Borgia…) e fors’anche la Fidès de Le prophète di Meyerbeer. Sarei anche curioso di sentire come la Amarù potrebbe risolvere vocalmente la Cendrillon dell’omonima opera di Massenet o, dello stesso autore, la Dulcinée del Don Quichotte.
Al di là di queste considerazioni, mi sembra probabile che Chiara Amarù possa aprire una nuova stagione nel repertorio rossiniano e nel belcanto mezzosopranile in generale, ponendosi– mutatis mutandis – sul solco delle star che l’hanno preceduta. Complimenti davvero!
                                                                                                                                                   


sabato 22 agosto 2015

SAN LORENZO IN CAMPO (PU) TEATRO TIBERINI

PREMIO “TIBERINI” 

A GREGORY KUNDE, 

FIORENZA CEDOLINS

E CHIARA AMARÙ


13 agosto 2015

 Servizio di Stefano Gottin

Il 1º marzo 1869, a due giorni dal debutto al Teatro alla Scala della seconda versione de La forza del destino (per la quale fu introdotta la celebre sinfonia), così scriveva Giuseppe Verdi all’amico Opprandino Arrivabene: “Sono ritornato qui ieri sera da Milano a mezzanotte stanco morto di fatica. Ho bisogno di dormire quindici giorni di seguito per rimettermi. A quest’ora tu saprai della Forza del destino: vi fu una buona esecuzione ed un successo. Le masse, Cori ed orchestra hanno eseguito con una precisione ed un fuoco indescrivibili. Avevano il diavolo addosso. La Stolz e Tiberini superbi…. Bene, assai bene….”.
Mario Tiberini, nato a San Lorenzo in Campo nel 1826, dovette essere un artista davvero straordinario per riuscire a strappare un giudizio così lusinghiero all’altrimenti incontentabile Verdi, che nel lodarlo arriva addirittura ad accomunarlo con la prediletta Teresa Stolz.

Quindi, molto bene, anzi benissimo, che il 13 agosto la prof.ssa Giosetta Guerra abbia offerto con la sua inossidabile passione l’ennesima memorabile – e in tutti i sensi infuocata - serata in onore del grande tenore Mario Tiberini all’entusiasta e variegato pubblico, convenuto nel delizioso teatro di San Lorenzo in Campo (intitolato al celebrato artista laurentino) per la XXIV edizione del premio lirico internazionale “Mario Tiberini ”.
A officiare brillantemente la serata, dal tratto simpaticamente familiare, sono stati la stessa Giosetta Guerra e il sindaco (musicofilo!) di S. Lorenzo in Campo, Davide Dellonti, con la partecipazione, all’atto delle premiazioni, di Emanuele Bartocci in rappresentanza BCC di Pergola, fedele collaboratrice della manifestazione.



Sulla base di motivazioni non banali e del tutto appropriate (la prof. Guerra vanta una rara competenza in materia di “voci”), sono stati premiati col “Tiberini d’oro” il tenore statunitense Gregory Kunde e il soprano friulano Fiorenza Cedolins, mentre il “Tiberini d’argento” è andato al giovane mezzosoprano palermitano Chiara Amarù.







Gregory Kunde, attualmente unico tenore in carriera a cimentarsi contemporaneamente sia nell’Otello di Verdi sia in quello di Rossini – ha modificato nel corso degli anni, con incredibile perizia e altissimi risultati artistici, la propria fisionomia vocale, passando inaspettatamente dai ruoli di tenore contraltino, per natura acutissimo e versato nei “ruoli-David” di Rossini, nonché nella produzione di Donizetti e Bellini, a quelli da baritenore rossiniano (Otello, Ermione e Zelmira a Pesaro dal 2007 in poi), fino ad approdare in anni recenti, con assoluta pertinenza vocale, stilistica e interpretativa, ai grandi ruoli verdiani classici (Otello, Aida, Il trovatore, Un ballo in maschera, La forza del destino, Luisa Miller) e addirittura ai maggiori titoli veristi (Cavalleria rusticana e Pagliacci, con enorme successo). Il tutto mantenendo intatta la possibilità di “ritornare al passato” (prossimamente Kunde riprenderà il Roberto Devereux di Donizetti a Madrid) e senza trascurare puntate più o meno occasionali su titoli di Mozart, Bizet, Berlioz, Britten, Puccini e altro ancora. Insomma, Kunde è un tenore a tutto tondo, ai massimi livelli internazionali da più di vent’anni, tecnicamente assai ferrato e dal repertorio variegato, che trova le proprie armi vincenti nello stile e nell’espressività, ancor prima che nella qualità della voce, oltretutto gestita con un “passaggio di registro” da manuale laddove la maggioranza degli altri tenori incontra difficoltà spesso insormontabili. 













A San Lorenzo in Campo il tenore dell’Illinois, accompagnato al pianoforte dalla brava Donatella Dorsi, ha iniziato con un magistrale, toccante e coinvolgente “Dio mi potevi scagliar” dall’Otello di Verdi, seguito dal duetto d’amore “Già nella notte densa” con Fiorenza Cedolins quale affascinante Desdemona. Quindi ha proposto un eroico “Nessun dorma” e, per chiudere, il duetto Tosca-Cavaradossi, sempre con la Cedolins, dal 1° atto di Tosca, “Mario Mario son qui”, dove il tenore americano, alla luce di un fraseggio elegante ed espressivo e di una presenza attoriale assai coinvolgente, ha mostrato una volta di più di sapere esattamente cosa stesse cantando e come lo si dovesse cantare. Per di più, Gregory Kunde, nei suoi “duetti parlati” con Giosetta Guerra, si è mostrato in tutta la sua simpatia e semplicità di approccio conquistando definitivamente un pubblico letteralmente in visibilio.



Le stesse doti di straordinaria empatia, non disgiunta da un corredo tecnico di valore e di una presenza scenica assai catturante, hanno caratterizzato la presenza di Fiorenza Cedolins che, sebbene in preda ad un forte raffreddore “fuori ordinanza”, si è esibita con grande generosità, proponendo, oltre ai sopra citati duetti con Kunde, un paio dei suoi cavalli di battaglia, quali “Vissi d’arte” da Tosca e “Io son l’umile ancella” da Adriana Lecouvreur, risolti con grande esperienza e di slancio. La signora Cedolins è un soprano lirico per così dire “classico”, che ha per capisaldi Verdi (tutti i titoli di tradizione e altri “di nicchia” quali La battaglia di Legnano e I Masnadieri) e Puccini (pressoché tutte le opere), ma che nella propria carriera, sviluppatasi con continuità di risultati e unanimi riconoscimenti in tutti i principali teatri del mondo, non ha disdegnato Mascagni (Cavalleria rusticana, quale opera del debutto al Carlo Felice di Genova nel 1992), R. Strauss (Salome), Bellini (Norma), Donizetti (Maria Stuarda e Poliuto), Mozart (Don Giovanni e Le nozze di Figaro) e Ciaikovskij (Evgenij Onegin).


Note decisamente positive anche per l’artista più giovane della serata, il mezzosoprano Chiara Amarù, la quale - vuoi per la verde età e vuoi perché, rispetto agli altri due blasonati colleghi, non ha ancora un’agenda troppo inflazionata di impegni (e questa è per certi versi una fortuna) - ha offerto una performance di rara freschezza e di purissima classe. Bella la voce, omogenea nei registri e ricca di colori, molto espressivo il fraseggio, accattivante la gestualità, sempre pertinente ed efficace. La sig.na Amarù (che già avevo assai apprezzato quale Malcolm ne La donna del lago al Rof un paio d’anni fa e quale Rosina nel Barbiere dell’anno scorso) ha proposto “Cruda sorte” da L’Italiana in Algeri, “Nacqui all’affanno”, ossia il vertiginoso rondò finale da Cenerentola, e, dalla medesima opera, il duetto “Un soave non so che” con il giovane e volenteroso tenore Vassilis Kavayas (protagonista in questi giorni dell’Inganno felice a Pesaro). 



Un programma rossiniano, dunque, in cui Chiara Amarù ha brillato per l’aplomb virtuosistico, per la simpatia, per la variegata tavolozza emotiva, per il sentimento che riusciva a trasmettere (Cenerentola) e per l’intelligenza esecutiva e interpretativa con cui ha saputo risolvere una pagina come “Cruda sorte”, in realtà composta per un’autentica voce di contralto. Il talento della giovane artista è stato confermato tre giorni più tardi, in un trionfale concerto al ROF di Pesaro, il che fa auspicare che stia per iniziare una nuova stagione rossiniana che come interprete di riferimento nei ruoli di mezzosoprano potrebbe vantare proprio colei che, con la consueta sagacia, è stata premiata col “Tiberini d’argento”, in questo caso assegnato a una voce in realtà d’oro.
La serata si è conclusa con una fantasmagorica pioggia di fiori e coriandoli sulle note della Carmen che ha sorpreso artisti e spettatori.



Dopo il concerto e prima della simpatica cena con gli Artisti presso il rinomato ristorante Il Giardino, ho detto a Giosetta Guerra che gli artisti premiati con il “Tiberini d’Oro” sono di norma non solo famosi ma, soprattutto, in piena condizione vocale, ciò che conferma la competenza della prof.ssa Guerra. E se qualche voce si perde per strada, ciò accade normalmente dopo il conseguimento dell’ambito premio, quale prezzo che taluni artisti finiscono per pagare alla “fama”, per sua natura esigente e capricciosa.
Quest’anno i due artisti premiati con la massima onoreficenza – Fiorenza Cedolins e Gregory Kunde - sono non solo famosi, ma pienamente in carriera e, con la loro intelligenza, in grado di dare al pubblico ancora per lungo tempo grandi soddisfazioni. Siamo certi che anche l’artista più giovane – l’ottima Chiara Amarù - saprà prendere esempio da loro.


foto di Nicolò Caprini e Roberto Recanatesi

Tetaro Tiberini di San Lorenzo in Campo, Premio Tiberini


SAN  LORENZO IN CAMPO (PU)
TEATRO TIBERINI 

PREMIO LIRICO INTERNAZIONALE  MARIO TIBERINI
XXIV edizione