martedì 25 dicembre 2018

Teatro Tiberini-Premio 2018I


Comunicato stampa

TEATRO TIBERINI SAN LORENZO IN CAMPO (PU)

PREMIO LIRICO INTERNAZIONALE MARIO TIBERINI, 

XXVII EDIZIONE

Giovedì 27 dicembre 2018 il Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo aprirà i battenti per la XXVII edizione del Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini, uno dei premi più longevi d’Italia assai noto nel mondo dell’opera, ideato da Giosetta Guerra.
Dalle ore 19.30 i soci potranno ritirare i loro posti nel foyer del teatro e fermarsi ad osservare la storia del premio fissata sui manifesti delle precedenti 26 edizioni.
Alle 20.30 precise si accenderanno le luci della ribalta che accoglierà ben sei artisti, riuniti nel nome di Tiberini e di Rossini.
L’esibizione dei due artisti premiati, il tenore marchigiano Davide Giusti col Tiberini d’oro e il mezzosoprano lituano Julija Samsonova Khayet col Tiberini d’argento, accompagnati dalla pianista Donatella Dorsi, si alternerà con pagine pianistiche a quattro mani eseguite dalle pianiste Donatella Dorsi e Irena Ricci e duetti per corno coi maestri Artem Kozlov e Giampaolo Baldelli. Un programma prevalentemente rossiniano per omaggiare il grande compositore marchigiano in chiusura dell’anno a lui dedicato, un ringraziamento particolare al tenore laurentino che tiene ancora alto il prestigio della nostra terra, un riconoscimento alle Marche, da sempre terra di musicisti, alcuni del passato da riscoprire perché caduti nell’oblio, altri del presente in attesa di essere scoperti.
Condurranno la serata in un clima salottiero Chiara Gamurrini e Giosetta Guerra.
L’evento è organizzato dall’Associazione Musicale Mario Tiberini col patrocinio del Comune di San Lorenzo in Campo e del Consiglio della Regione Marche.
Ancora qualche posto disponibile.
Info 3333416088









giovedì 13 dicembre 2018

Premio Tiberini 2018



San Lorenzo in Campo (PU)
Teatro Mario Tiberini

comunicato stampa

PREMIO LIRICO INTERNAZIONALE 

MARIO TIBERINI

XXVII edizione


  Tutti insieme appassionatamente nel nome della musica  

Il Premio Tiberini, nato nel 1989 con il basso più amato del mondo Samuel Ramey e conferito negli anni successivi ai migliori cantanti del panorama lirico internazionale, a registi d’opera, a musicisti e a personaggi di fama mondiale, è uno dei più longevi d’Italia e vanta la presidenza onoraria nientemeno che di Samuel Ramey.
In chiusura dell’anno rossiniano, che larga eco ha avuto nel mondo, l’Associazione Musicale ario Tiberini, su idea di Giosetta Guerra, riunisce due grandi glorie marchigiane del passato in uno speciale Gala Tiberini-Rossini, per la XXVII edizione del Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini, che si terrà nello splendido teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU) il 27 dicembre 2018 alle ore 20.30.
Rossini chiamava Tiberini il celebre tenore, Tiberini ha cantato quasi tutte le opere di Rossini e ha ridestato dall’oblio Matilde di Shabran.

Nel gala del 27 dicembre, dunque, si celebrerà il tenore Mario Tiberini, che ha diffuso l’opera italiana anche oltreoceano, conferendo il Premio Tiberini d’oro al talentuoso ed acclamato tenore marchigiano Davide Giusti, che continua a tenere alto nel mondo il nome delle Marche come terra di tenori, si celebrerà anche Rossini presentando la sua voce prediletta, quella del mezzosoprano, conferendo il Premio Tiberini d’argento alla giovane e poliedrica cantante lituana Julija Samsonova Khaynet.


Omaggio ai due grandi marchigiani dell’800 anche col programma, che comprende arie rossiniane per tenore e per mezzosoprano, arie di altri autori cantate dal Tiberini, arie di compositori italiani e stranieri dopo Rossini e brani rossiniani per pianoforte a quattro mani, eseguiti dalle pianiste Donatella Dorsi e Irene Ricci.





Come chicca omaggio a Rossini non poteva mancare la voce del corno, suo strumento prediletto che ha un posto di rilievo in tutte le opere di Rossini. Due maestri di corno, il russo Artem Kozlov e il marchigiano Giampaolo Baldelli, eseguiranno i cinque duetti per corno composti proprio da Rossini.


Presenterà la serata la giovane Chiara Gamurrini e intratterrà gli artisti e il pubblico l’organizzatrice Giosetta Guerra.






martedì 27 novembre 2018

S. Benedetto T. Concordia: dr.gam e Vessicchio


San Benedetto del Tronto (AP) - Teatro Concordia

dr.gam ospite del 

M° Peppe Vessicchio 

Venerdi 30 Novembre 2018



dr.gam, al secolo Andrea Gamurrini, l'artista marchigiano considerato dalla critica
nazionale uno degli artisti più completi attualmente in circolazione, sarà ospite del M°
Peppe Vessicchio con il suo ensemble denominato "I solisti del sesto armonico",
venerdì 30 Novembre presso il Teatro Concordia di San Benedetto del Tronto alle ore
19.30.
Anche il noto musicista, arrangiatore e direttore d'orchestra, che ha collaborato con i
nomi più altisonanti della musica nazionale (Edoardo Bennato, Gino Paoli, Avion
Travel, Roberto Vecchioni, Zucchero, Andrea Bocelli, Max Gazzè, Mario Biondi, Fred
Bongusto, Ornella Vanoni...per citarne alcuni..) si è accorto di dr.gam, tanto da
volerlo come ospite nella data di chiusura del tour nazionale che lo ha visto
impegnato con il suo ensemble per tutto il 2018.
"Essere chiamato ad esibirmi sul palco dal M° Vessicchio è per me un grande onore
e un enorme stimolo per proseguire in questo mio percorso musicale, che tanto mi
ha dato finora e che spero tanto continui a darmi in futuro". Queste le parole del
poliedrico artista marchigiano dr.gam, il quale, dopo il successo dell'album "Another
Family" (Universal), ristampato ultimamente in Spagna e Portogallo, è di nuovo in
studio per lavorare al suo prossimo album in uscita nel 2019.



venerdì 23 novembre 2018

Pesaro Teatro Rossini-Stabat mater




 150Rossini

PESARO TEATRO ROSSINI

STABAT MATER
di Rossini












13 novembre 2018


 Recensione di Giosetta Guerra


Nella triste ricorrenza della scomparsa di Rossini il 13 novembre 2018 Pesaro ricorda il grande compositore con un concerto commemorativo, su iniziativa del Comune di Pesaro con Regione Marche, MiBAC e AMAT e le tre istituzioni rossiniane della città: Conservatorio Rossini, Rossini Opera Festival e Fondazione Rossini.
Nel centocinquantesimo anniversario dalla morte del Cigno, al Teatro Rossini viene dunque presentato lo Stabat Mater, capolavoro sacro di Rossini su testo di Jacopone da Todi, che descrive la sofferenza della Vergine ai piedi della croce e che debuttò a Parigi nel 1832.
Il sindaco stesso Matteo Ricci introduce l’evento, presentando Rossini come testimonial della bellezza e della cultura italiana. E ben lo sappiamo noi che da quarant’anni seguiamo il ROF, che è nato grazie alla lungimiranza e alla dedizione del dott. Gianfranco Mariotti, ex Sovrintendente del ROF ed ora presidente dei festeggiamenti rossiniani, che ha preso la parola per illustrare lo Stabat Mater di Rossini.
Più di cento coristi del Conservatorio Rossini e dell'Università di Astana del Kazakhstan preparati da Aldo Cicconofri e la grande orchestra del Conservatorio Rossini diretta da Umberto Benedetti Michelangeli creano un’atmosfera di alta spiritualità e di grande impatto scenografico. L’intensa lettura del direttore viene comunicata alla brava orchestra con gesto sicuro e a volte plateale coinvolgendo anche il corpo. L’attacco cupo dei violoncelli, seguito dal pizzicato degli archi, sfocia in un veemente tutto orchestrale e Coro e orchestra esprimono lo strazio di Mater dolorosa in un poderoso amalgama sonoro. Vigorosi crescendo si alternano a distesi momenti di toccante tristezza, a volte il maestro dà troppa libertà al flusso sonoro e l’orchestra tende ad emergere sulle voci con alte sonorità coinvolgendo anche il coro, a discapito dell’ascolto.
I quattro solisti provengono dall'Accademia Rossiniana del ROF, ma Davide Giusti ha già alle spalle una notevole e bella carriera.


















Il tenore marchigiano Davide Giusti, che da vari anni calca le scene di importanti teatri italiani e stranieri, si distingue per la bellezza del timbro vocale, la pienezza e la pulizia del suono e un’accurata tecnica d’emissione; il canto sgorga fluido con suoni morbidi, rotondi e rinforzati con l’uso della messa di voce, gli acuti sono decisi e i sovracuti svettanti mantengono la robustezza del suono, niente acuti sbiancati.


Il soprano russo Aleksandra Sennikova esibisce voce corposa ed estesa, acuta e duttile, che si esprime con accento incisivo.
Il mezzosoprano russo Maria Barakova ha voce robusta sonora e corposa e buoni affondi; al ROF di quest’anno ha ricoperto il ruolo della marchesa Melibea ne Il viaggio a Reims dei giovani.
Il basso Nicolò Donini ha una bella voce e una buona tecnica, il colore scuro e il sostegno del fiato gli consentono una sonorità consistente anche negli affondi molto gravi, il canto sul fiato gli permette di usare una vocalità ampia ed estesa a fini interpretativi con suoni rotondi e suggestive mezze voci.
Voci di gradevole ascolto, ma a volte in lotta con un’orchestra dirompente.
In “Santa Mater” il tenore affronta slanci e ascese con grande sicurezza, il soprano fa acuti taglienti, il basso è corposo morbido e deciso, il mezzosoprano esibisce una gran voce estesa, gestita con sicurezza sia nella morbidezza che nell’irruenza, il direttore ipercinetico gesticola, si piega sulle ginocchia, salta rumorosamente sulla pedana.
Il coro attacca con morbidezza, canta bene sia a mezza voce sia a suono spiegato, e sortisce un perfetto amalgama sonoro nei crescendo.
Nel finale gioioso e solare la voce del Coro si dissolve e ritorna la cupezza iniziale con la voce dei violoncelli per finire col furore di coro e orchestra.


 


martedì 13 novembre 2018

fano Teatro Fortuna. Il Trovatore





Fano - Teatro della Fortuna

Il trovatore partigiano

13 ottobre 2018



A cura di Giosetta Guerra

Se Verdi tornasse non darebbe ai registi la facoltà di creare e, se avessi potere, non gliela darei neanche io.
Valentina Carrasco, responsabile di regia (proprio responsabile) e luci, prende spunto da Il Trovatore di Giuseppe Verdi, per narrare l’amore di due giovani partigiani, Manrico e Leonora, durante il fascismo. Manrico dirige il giornale clandestino “La voce della libertà” e Leonora è una sorta di informatore esterno. E gli altri, a dire il vero, non si capisce che ruolo abbiano, a meno che non si chieda alla regista.
Le scene di Giada Abienti e i costumi di Elena Cicorella seguono le direttive registiche.
Quindi c’è la redazione clandestina del giornale, che giganteggia sul fondale, ci sono militari fascisti atti a censurare gli articoli, non manca la proiezione della ormai inflazionata deportazione degli ebrei e del taglio dei capelli, tutti girano con le armi in mano, c’è la bruciatura delle copie del giornale, sono presenti anche le suore figlie della carità di San Vincenzo, dette le cappellone per quel grande copricapo bianco che indossano, atte a servire i pasti ai soldati nel loro convento, che ci rammentano le mense dei poveri.


I fascisti hanno la tipica divisa compreso il fez in testa, i soldati del Conte son travestiti da mendicanti, di taglio maschile gli abiti femminili, c’è un cambio d’abito di Leonora in scena.
Quindi non perdiamoci nella ricerca di un nesso tra quel che è scritto e quel che si vede, sappiamo che i registi oggi hanno bisogno di reinventare, di filosofeggiare, di analizzare la società presente, soprattutto per criticare e per condannare, tutte cose che il cultore d’opera non vuole.
Comunque, gusti a parte, lo spettacolo è ben fatto, coerente, con belle scene d’insieme e atmosfera cupa, colori tetri, luce per lo più proiettata dall’alto.
In un’ambientazione più vicina ai nostri giorni, dunque, ma estranea al libretto di Salvatore Cammarano la musica è fortunatamente quella de Il Trovatore di Giuseppe Verdi. E il cast è buono.
Carlo Malinverno nel ruolo di Ferrando esibisce voce poderosa di basso, di bel colore, duttile ed estesa, ma a volte un po’ berciante (“Abbietta zingara”)
Il difficile ruolo di Leonora è ben sostenuto da Marta Torbidoni. Fin dalla sua prima aria “Tacea la notte placida” il soprano lirico mette in luce un bel corpo vocale, dal colore magnifico, suoni rotondi, acuti sostenuti, perfette scale discendenti, accattivante modo di porgere, e la voce possente si lancia nelle agilità di forza, nei trilli e picchettati dei tratti belcantistici e si piega a sensibili modulazioni nei passi lirici. “D’amor sull’ali rosee” è una lezione di tecnica vocale con suoni morbidi, filati e uso della messa di voce.
Il bel colore vocale del baritono Simone Alberghini ben si adatta al Conte di Luna, che non è un ruolo facile, mi piaceva molto Zancanaro. Alberghini ha una bella gettata di voce, estesa, “Il balen del suo sorriso”, con attacco morbido, è cantata benissimo tutta sul fiato.
Gli zingari, che qui non sono zingari, entrano in scena dentro un rimorchio e con la pagina corale “Vedi! Le fosche notturne spoglie invitano a martellare, lo fanno a voce piena, cantando anche troppo forte, ma qui non c’è l’incudine.



Seduta su un carretto Silvia Beltrami, scenicamente perfetta nel ruolo di Azucena, esibisce voce estesa, sonora, vibrante, dal colore denso, buoni affondi e un bel modo di porgere. In “Stride la vampa” c’è il dramma nella sua voce, mentre uno dietro stampa i giornali. Nel duetto con Manrico le voci sono portate all’estremo anche per emergere dal suono deflagrante dell’orchestra sotto la narrazione della zingara.


Ivan Defabiani è vocalmente un vigoroso e irruento Manrico. Il tenore canta per lo più di forza, ma è in grado di alleggerire il suono nei passi lirici e di padroneggiare il canto nelle pagine belcantistiche. Il timbro è bello e lo squillo per lo più sicuro. Dovrebbe migliorare la gestione del fiato, perché la voce è migliore quando non spinge, mentre quando la tende perde in fermezza (“Ah sì ben mio”). “Di quella pira” è cantata con i dovuti chiaro-scuri, mentre dietro bruciano i libri. (Ma la pira verdiana aveva odore di carne e non di carta). Intenso il duetto finale con Azucena, tutto cantato sul fiato.
Il soprano Susanna Wolff è una delicata Ines, il tenore Alexander Vorona è un buon Ruiz, il basso Davide Filipponi è il vecchio zingaro.
Sebastiano Rolli dirige senza spartito con gesto sciolto e deciso la brava Orchestra Filarmonica Marchigiana, a volte un po’ prorompente.
Il coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, diretto da Giovanni Farina, conferma la sua buona preparazione e la sua professionalità.
 






martedì 9 ottobre 2018

Teatro Rossini- Lopez e Solenghi show



PESARO Teatro Rossini


Stagione di prosa 2018-19

Lopez & Solenghi show



Io sono un istrione ma la genialità è nata insieme a me
Io sono un istrione ma la teatralità scorre dentro di me



(5 ottobre 2018)

Di Giosetta Guerra

Quanto ci siamo divertiti col Trio Marchesini-Lopez-Solenghi!
A teatro erano esilaranti con la loro satira sottile, con la caratterizzante mimica facciale e gestuale, con la creazione di personaggi sopra le righe, con la tipicizzazione di figure uniche che son diventate icone.
In televisione hanno ironizzato sui più noti personaggi della letteratura italiana e straniera. E poi c’erano le imitazioni di ogni genere sia parlate che cantate. Veri portenti.
Ad un certo punto il trio si è sciolto e noi ne abbiamo sentito la mancanza, anche se abbiamo continuato a seguire i tre artisti separatamente.

Dopo 15 anni i due attori si rimettono insieme e riempiono i teatri.

Anna purtroppo non c’è più.




































Lopez-Solenghi show, che dopo Pesaro toccherà le principali città delle Marche, è uno spettacolo senza un plot, apparentemente affidato all’improvvisazione, ma in realtà bizzarramente collegato nei suoi quadri da una parola o da una battuta. Ne sortisce un'esilarante carrellata di personaggi e di situazioni che già conosciamo, ma che si colorano di pungente e ridente ironia nella manipolazione dei due grandi istrioni che hanno nel sangue genialità e teatralità.
I due attori si sono esibiti da soli e in duo in vari personaggi della politica, della musica, dello spettacolo, della religione con la padronanza scenica e la travolgente comunicativa che creano empatia e piacevolezza. Peccato che un volume troppo alto abbia disturbato l’ascolto e fatto perdere qualche battuta, oltre a far rimbombare la musica, almeno dal palco laterale di second’ordine, quello riservato alla stampa, da dove anche il palcoscenico era visibile per metà. Peccato, ma mi è piaciuto lo stesso. (Io proverei senza il microfonino, vista la buona acustica dei teatri di tradizione).

Tullio Solenghi ha proposto in stile comico e in varie lingue, forse inventate, “Essere o non essere” da Amleto di Shakespeare, con la deambulazione e la voce di Pippo Baudo ha cantato "Donna Rosa" ed ha presentato alcuni personaggi di Lopez, poi ha dato lettura del dizionario per la spiegazione personalizzata di alcuni vocaboli ed ha fatto l’annuncio in vari dialetti regionali di un fantomatico comandante di volo. Si è cimentato anche nel canto con la voce di Paolo Conte e di Giorgio Gaber, azzardando perfino la Cavatina di Figaro da Il Barbiere di Siviglia di Rossini con voce baritonale comicamente spinta. 
Un vero mattatore. Vi lascio immaginare la risposta del pubblico molto divertito.

Massimo Lopez, che ha bella voce e buona tecnica, ha cantato varie canzoni di Domenico Modugno e di Frank Sinatra, ha farfugliato una canzone di Patty Pravo (proprio come fa lei) e, a proposito di incomprensibilità della parola ha imitato Maurizio Costanzo e Giurato. Il massimo dell’ilarità si è scatenato quando Lopez spostandosi da destra a sinistra passava ripetutamente da una voce all’altra dei politici italiani, da Berlusconi, Conte, Andreotti a Pertini, Di Pietro, Prodi fino al silenzio totale nell’estrema sinistra dove non c’è più nessuno. Applausi e risate a non finire.



















Insieme hanno parodiato il duo Ornella Vanoni e Gino Paoli, Mughini (Solenghi) intervistato da Costanzo (Lopez), Papa Francesco (Lopez) e Papa Ratzinger (Solenghi), il duetto Frank Sinatra (Lopez) e Dean Martin (Solenghi), hanno fatto una carrellata di imitazioni di animali e suoni e si sono rituffati nelle note frasi di circostanza degli spettacoli del trio, tipo “Non esiste più la mezza stagione”.

Hanno inoltre ricordato Anna Marchesini con la lettura a due voci di una poesia a lei dedicata.

E in finale “My Way” del mitico Frank Sinatra, con la calda voce di Lopez, scenicamente e intenzionalmente disturbato da Solenghi che ballava con la cantante, ma che accendeva la torcia del suo cellulare affinché anche il pubblico lo facesse per creare un’atmosfera di grande poesia.





La Jazz Company, diretta dal maestro Gabriele Comeglio, composta di cinque musicisti (alle tastiere, basso, batteria, tromba, percussioni/canto), ha accompagnato i due artisti e si è esibita in un brano autografo.
La scenografia semplice ed elegante aveva quadrati di luci sul fondale e luci colorate vaganti per il palcoscenico.

Testi di Lopez e Solenghi, produzione IMARTS International Music and Arts.
 

 

venerdì 28 settembre 2018

rof 2018 ADINA


ROF 2018

Pesaro, Teatro Rossini

…Adina…

(12 agosto 2018, prima)

       ·      È del teatro il fin 
        la maraviglia













Recensione di Giosetta Guerra


Una bella Adina ci voleva al ROF, ma non quella di Nemorino che non c’entra niente con Rossini, bensì quella di Selimo finita in un serraglio, che Rossini ha immortalato in una breve farsa semiseria nel 1818, su commissione di un ufficiale portoghese, avvalendosi di autoimprestiti (da La gazza ladra e Sigismondo) e dell'aiuto di uno o più collaboratori, vista la brevità del tempo concesso. Anche il libretto di argomento turchesco di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini non è originale, ma si rifà ad un testo già in circolazione. Fu rappresentata per la prima volta al Teatro São Carlos di Lisbona il 12 giugno 1826 (coincidenza: anno di nascita di Tiberini che sarà importante per lo stesso Rossini).

Il risultato è comunque gradevole, perché dove c’è aria rossiniana c’è piacevolezza.
Ci ha pensato Rosetta Cucchi in veste di regista a portare questa Adina a Pesaro in un nuovo allestimento coprodotto con il Wexford Festival Opera, dove la Cucchi lavora da tanti anni.
La lettura della regista si concentra sulle nozze, più volte programmate e più volte rimandate, sorvolando sui luoghi e sui tempi del libretto.
Infatti Adina doveva sposarsi col giovane arabo Selimo quando fu rapita dai briganti e portata nel serraglio del Califo, poi aveva deciso di sposare il Califo, al quale si era affezionata per la sua gentilezza, quando ricompare Selimo, alla fine, dopo aver scoperto di essere figlia del Califo, sposa Selimo.
In palcoscenico, quindi, coadiuvata dallo scenografo Tiziano Santi, la regista pone una gigantesca e decoratissima torta nuziale che, come nelle favole, è una scatola a sorpresa e, quando si apre…clic…esce il jack in the box. Dal piano terra esce il Califo che ha lì il suo serraglio finemente decorato e arredato, c’è anche una vasca da bagno piena di schiuma dove lui si immerge; dal balcone del primo piano s’affaccia la sua bella schiava Adina circondata dalle ancelle in tutù rosso
e sul terrazzo del terzo piano, con gli sposi di zucchero delle torte nuziali, accadono varie cose, anche il lancio dei cuoricini da Selimo (sospeso in aria) ad Adina; una scala laterale permette l’accesso ai piani alti. La regista bada più alla farsa semiseria che alle turcherie, colorando d’ironia una storia di intrecci amorosi, beffe, agnizioni, arricchendola di movimento e di gags anche alla Dario Fo. L’aiutano in questo suo intento le scene di gusto kitch di Tiziano Santi, i vivaci costumi colorati di Claudia Pernigotti e le luci Daniele Naldi.
L’azione si svolge dentro e fuori questa sorta di torta/palazzo, ma gli spazi esterni sono limitati e sovraffollati anche di personaggi aggiunti, tipo cuochi, guardie, giardinieri, inoltre la scena fissa non facilita la comprensione del plot.
Tuttavia l’opera si guarda e si ascolta volentieri.

L’Orchestra Sinfonica G. Rossini diretta dal giovane maestro venezuelano Diego Matheuz dà brio e sentimento alla partitura ed è di sostegno alle voci, il coro M. Agostini del Teatro della Fortuna di Fano, ben preparato da Mirca Rosciani, partecipa divertendosi all’azione scenica. 

La scrittura vocale esige cantanti di grande virtuosismo, in grado di eseguire il sillabato fitto con buona dizione e di ammorbidire.
E qui c’erano.
Lisette Oropesa, nel ruolo di Adina, autentico soprano di coloratura, esteso ed acutissimo, è perfetta sia nella leggerezza e negli artifici del canto acrobatico che nell’incisività delle agilità di forza, il timbro melodioso, unito alla delicatezza del fraseggio e a fiati lunghissimi, rende morbido il canto nei tratti più delicati e più drammatici.
Il giovane tenore sudafricano Lev Sekgapane (Selimo) esibisce voce chiara di bel timbro, estesissima (Quando m’offre) e sovracuti formidabili. Bravissimo. Una rivelazione.
Vito Priante è un bel Califo in ogni senso: in primis ha un’imponente voce di basso, bella nel colore, sicura negli affondi, solida nelle note gravi, vocalità estesa ed agilissima che si libra con naturalezza tra la morbidezza delle ampie arcate (Se non m’odi) e la velocità dei sillabati, e poi grazie alla sua bella figura può permettersi di comparire in scena semisvestito e di fare il bagno dentro la vasca, mentre il servitore Alì gli lava la schiena (qui era meglio senza canottiera).










Ben preparati anche i due giovani formatisi all’Accademia Rossiniana: il tenore caratterista Matteo Macchioni (Alì) ha una bella canna di voce chiara e sicura e il baritono Davide Giangregorio (Mustafà) ha un bel timbro e un notevole corpo vocale.



·          Fotografie © Studio Amati Bacciardi