martedì 13 dicembre 2016

Premio Tiberini 25^ ed.

San Lorenzo in Campo (PU) – Teatro Tiberini



Premio Lirico Internazionale 

Mario Tiberini, 

25^ edizione.


(26 novembre 2016)


FRANCESCA PATANÈ 

E MARCO CHINGARI,

COPPIA D’ORO 

PER UN “TIBERINI D’ORO”.





L’inossidabile Giosetta Guerra, ideatrice, musa e vestale del “Tiberini d’oro”, replica l’edizione autunnale al “tartufo bianco” rientrando – dopo la tappa pesarese dello scorso anno - nella sua sede storica, il delizioso teatro di San Lorenzo in Campo intitolato al “superbo” Tiberini. E va da sé che giocare in casa giova all’iniziativa e alla sua entusiasta organizzatrice, perché è proprio quel teatro e solo quel teatro la sede più appropriata per ogni edizione del “Premio”, costituendone il luogo di nascita e la sua ricca e gloriosa memoria storica.



Quest’anno il “Tiberini d’oro” è andato a una coppia di artisti che sono anche compagni nella vita da oltre vent’anni: il soprano Francesca Patanè e il baritono Marco Chingari, i quali hanno dato luogo a un vero e proprio spettacolo, ricco, avvincente, ben articolato, vario.
Siamo passati dalle arie d’opera (come era ovvio) all’operetta, alle canzoni, al musical, alle poesie di Trilussa, con Marco Chingari artista a tutto tondo, cantante, attore e presentatore di grande presa e simpatia che faceva il paio con Giosetta Guerra nel commentare, introdurre, intrattenere un pubblico molto raccolto, selezionato e giustamente entusiasta.
Spettacolo riuscitissimo, divertente, alla portata di tutti, ma allo stesso tempo con lampi di luce anche per i palati più raffinati. In definitiva, una serata memorabile.
Erano molti anni che non assistevo a una performance di Francesca Patanè e, quantunque consapevole che si tratta di un’artista con la “A” maiuscola e di una cantante dotata di una tecnica di prim’ordine, confesso che nutrivo qualche piccola apprensione sulle sue attuali condizioni, stante il repertorio drammatico che ella frequenta dagli inizi della sua carriera: volendo restare in regione, la ricordiamo quale superba Turandot e conturbante Tosca alla Corte Malatestiana di Fano a metà anni Novanta, quindi ancora Turandot e Abigaille nel verdiano Nabucco allo Sferisterio di Macerata e, soprattutto, Lady Macbeth di livello storico al “Ventidio Basso” di Ascoli Piceno.

Ebbene ogni mia apprensione è stata spazzata via fin dalla prima aria, l’Habanera da Carmen di Bizet, 
eseguita con classe estrema, perfetta pronuncia francese, senza mai scendere a compromessi col buon gusto con vezzi gratuiti di puro effetto, con una presenza scenica che catturava l’uditorio (la Patané è sempre bellissima). 

Ha fatto seguito “Voi lo sapete, o mamma” da Cavalleria Rusticana, una Santuzza dolente, tragica, disperata, mai sopra le righe, egregiamente cantata e interpretata con grande sentimento, con una ricchezza dinamica che si è confermata nel corso dell’intera serata. Punta di diamante della prima parte è stata la scena finale della Manon Lescaut di Puccini, “Sola, perduta, abbandonata”, eseguita con una sensibilità e un trasporto talmente convincenti da commuovere la stessa artista, oltre che il pubblico.
Oggi Francesca Patanè è – anzi, continua a essere – il miglior soprano drammatico del mondo, e sarebbe un discorso lungo e anche poco lusinghiero per i direttori artistici italiani se dovessimo intrattenerci sulle ragioni che la vedono – inspiegabilmente, ma forse fin troppo spiegabilmente… - lontana dai nostri palcoscenici. Ella, peraltro, non è solo un “drammatico” di altissimo rango e di grande potenza vocale ed emotiva, è anche una vocalista conclamata, basti ricordare un Summertime che è stata una perla, per musicalità (grande prerogativa, questa, della poliglotta artista figlia del grandissimo Giuseppe Patané e nipote dell’altrettanto glorioso Franco), per la capacità di raccogliere la voce, impostandola su piani e pianissimi sempre fermi, ben tenuti e ottimamente impostati. Per non parlare, poi, del rossiniano “Duetto dei gatti” in cui la Patanè si è rivelata in tutta la sua ironica sensualità, alternando i propri allusivi “miagolii” con quelli della sua  giovane allieva, il soprano Giulia Pelizzo (che si era esibita, poco prima, con sensibilità e grazia, in un commosso “Pace, mio Dio”, da quell’opera…..che, per “Forza”, non si può certo nominare!).
È chiaro che Francesca Patané metterebbe in ombra chiunque, ma Marco Chingari ha dalla sua delle carte non buone, ma ottime. Grande artista della scena, Chingari sa sempre ciò che sta cantando e pertanto, prima ancora di attaccare, bastano un suo sguardo sul pubblico o nel vuoto, la sua postura per portarti nel clima del personaggio, nella sua psicologia, in breve nella vicenda teatrale e soprattutto umana di un sinistro Barnaba (“O monumento” da Gioconda di Ponchielli) o di un Renato (“Eri tu” da Un ballo in maschera di Verdi) devastato dalla gelosia e dai rimpianti.



Sul piano squisitamente vocale Marco Chingari conserva una meravigliosa zona centro-grave, un legato d’altri tempi e, in sostanza, una vera voce di baritono, densa e di colore bellissimo, con una dizione e un fraseggio degni dell'antica “scuola romana” di cui egli è degna espressione. La sua è una voce che gli permette di affrontare in modo convincente anche l’aria, assai rognosa, di Escamillo (Carmen) senza arrivare sfiatato e incolore nella zona centro-grave del brano, e poco importa se qualche escursione nel registro acuto ha trovato qualche momento di appannamento, come del resto accadeva – e sistematicamente - anche un mostro sacro come Pippo Di Stefano, che sacro era e tale rimaneva in ogni circostanza.
Del Chingari attore, presentatore, cabarettista abbiamo già detto: egli non ha solo un futuro davanti a sé, ma ha un luminoso presente che gli fa conseguire lusinghieri risultati perché è simpatico, perché ci sa fare, perché sa cosa significa la sapidità dell’accento e perché sa “dare del tu” al pubblico, mettendolo in tasca come e quando vuole, calando i suoi assi a ripetizione, magari in modo a volte un po’…… debordante, con la stessa naturalezza che egli è uso praticare in contesti privati. Ecco, la capacità di Marco Chingari è di farti sentire “in famiglia”, e questa è una sua grande virtù, che lo fa amare dal pubblico perché egli sa regalargli serenità e allegria, distogliendolo dalle preoccupazioni della quotidianità.
Accompagnava magistralmente i cantanti il pianista Giovanni Brollo, raffinato e convincente, un vero artista, che ha onorato il pubblico con un delizioso brano solistico di Ruggero Leoncavallo, “Valse mélancolique”, in cui ha dato un saggio di rara maestria e anche dell’altissimo magistero, purtroppo a volte misconosciuto, dell’autore de I Pagliacci.




















La serata è finita in gloria con le premiazioni alla presenza del sindaco di San Lorenzo di Campo, Davide Dellonti. Quindi, il rush finale con i classici napoletani e romani, tra cui “O sole mio” di Di Capua e “Roma non fa’ la stupida stasera” del grande Trovajoli, col pubblico entusiasta a cantare con Chingari sotto la sua direzione.

(Stefano Gottin)











Foto Ettore Baci



venerdì 9 dicembre 2016

San Lorenzo in Campo (PU) – Teatro Tiberini


PREMIO LIRICO INTERNAZIONALE 

“MARIO TIBERINI"

25^ Edizione
(sabato 26 Novembre 2016)
Grande successo e serata strepitosa per la 25^ Edizione del Premio Lirico Internazionale “Mario Tiberini”, in occasione del 190^ Anniversario della nascita del tenore, che si è tenuta sabato 26 Novembre 2016 al Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo, dedicato appunto al grande tenore laurentino ottocentesco, al quale la nostra città è fiera di aver dato i natali.

In questa edizione il “Premio Tiberini d’oro” è stato conferito alla coppia MARCO CHINGARI baritono e FRANCESCA PATANÈ soprano, uniti nella vita e nell’arte come lo furono il tenore Tiberini e la moglie, il soprano Angelina Ortolani. Dotati di eccellenti doti vocali e sceniche, i coniugi hanno dedicato la prima parte del concerto ad arie d’opera assai note di Bizet, Puccini, Verdi, Ponchielli, Mascagni, accompagnati al pianoforte dall’ottimo M° GIOVANNI BROLLO, 


che si è esibito in un brano di Leoncavallo per pianoforte solo, dedicato a me, in qualità di sindaco amante del pianoforte, dalla presentatrice della serata. Brillante inoltre l’esibizione, da solista ed in duetto con la Patanè, del giovane soprano GIULIA PELIZZO.



Nella seconda parte della serata spazio alla fantasia degli artisti per un repertorio più popolare sia di musica che di poesia, con il baritono Chingari gran mattatore del palcoscenico, oltre che persona estremamente affabile e di una simpatia unica.











Come sempre la serata è stata organizzata dall’Associazione Musicale “Mario Tiberini”, presieduta dalla Prof.ssa Giosetta Guerra che ha anche condotto la serata, con il patrocinio e l’importante contribuzione dell’Amministrazione Comunale di San Lorenzo in Campo e dell’Assemblea Legislativa delle Marche. Colgo l’occasione in questa sede per ringraziare enormemente anche tutti i sostenitori, tra cui la BCC Pergola presente fin dalla prima edizione. Un ringraziamento particolare al vice sindaco Luciana Conti ed al consigliere comunale Antonella Ghiani, che hanno coadiuvato molto da vicino l’organizzazione del Premiooltre a tutta la macchina comunale in particolare Paolo Mattioli e la Pro Loco laurentina. 
Una dedica particolare anche a Daniele Lanari, che ha realizzato e donato al Comune due splendidi leggii in legno pregiato per il teatro per l’esposizione permanente dei libri sul tenore Mario Tiberini e sul Teatro comunale, scritti e donati da Giosetta Guerra, a disposizione di tutti coloro che vorranno sfogliarli e leggerli.

Una serata davvero entusiasmante, ottimamente organizzata, degna testimonianza di un premio di respiro internazionale che quest’anno ha festeggiato le “nozze d’argento”. Il sottoscritto ha fortemente voluto che tale manifestazione si realizzasse e l’Associazione Musicale è riuscita anche in questa occasione ad avere in palcoscenico artisti famosi e in platea molte persone venute da fuori paese, oltre a personalità di spicco e di rilievo in campo artistico, quali Saul Salucci Presidente dell’Orchestra Sinfonica Rossini di Pesaro, Roberto Recanatesi il fotografo delle star, l’attore di prosa Adolfo Adamo,

 il tenore Pierluca Trucchia, presidente dell’Associazione “Beniamino Gigli” di Recanati. Ma la cosa più importante è che il Premio Lirico Mario Tiberini ha regalato come sempre alla comunità di tutto un territorio una serata di bel canto, di musica, di lirica, di qualità eccezionale, cosa che in pochi sicuramente nella nostra zona possono vantare.
In questo anniversario si sono messe in campo da parte dell’Amm. Comunale e dell’Ass. Musicale anche alcune iniziative collaterali, suggerite e realizzate dall’ideatrice del Premio nonché biografa del tenore e storica del teatro, come quella dell’esposizione nel foyer di tutti i manifesti dal 1989 (I edizione) ad oggi, dell’archiviazione di materiale cartaceo ed audio visivo del Premio presso la Biblioteca-Polo Culturale e dell’installazione dei leggii. La memoria storica anche in campo artistico è fondamentale.
Dal palco non ho potuto non ricordare colui che era l’ultimo discendente laurentino del celebre tenore, ovvero il compianto Ernesto, venuto a mancare proprio nell’anno del XXV anniversario del Premio.
Il Premio Lirico “Tiberini” appartiene a tutti noi come comunità laurentina, andiamone orgogliosi, sosteniamolo e teniamocelo ben stretto! Tutti noi dobbiamo sentirci in dovere di coltivare e curare questa grande iniziativa musicale e culturale, che continua a portare il nome del nostro paese nel mondo, come nell’800 aveva fatto il nostro grande tenore. E questo la nostra concittadina Giosetta Guerra lo sapeva bene quando ha ideato il premio puntando al massimo.
Tutto questo è San Lorenzo in Campo, il Paese della Musica!
Viva Mario Tiberini e Viva il Premio Lirico!

Davide Dellonti

 Foto Ettore Baci

lunedì 7 novembre 2016

Tiberini d'oro 2016

QUESTA VOLTA NON VI CONCEDO TROPPO TEMPO PER RIFLETTERE, MA SUFFICIENTE PER PRENOTARE. VERDI, BIZET, PUCCINI, TRILUSSA, TOTO', LA ROMA D'UN TEMPO PER UN CABARET MUSICAL LETTERARIO CON LA VERSATILITA' DI DUE GRANDI ARTISTI. E POI BRINDISI PER IL 190° COMPLEANNO DI TIBERINI E IL 25NNALE DEL PREMIO, CENA DOPO TEATRO E.....NON VI DICO ALTRO.....UNO SPETTACOLO PER TUTTI I GUSTI...RAFFINATI

Ci vediamo al Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo




domenica 6 novembre 2016

Roma, Concerto di Mhanna

ROMA UNIVERSITÀ LA SAPIENZA

CONCERTO DEL GIOVANE VIRTUOSO 

STEFANO MHANNA



di Giuseppina Giacomazzi


Il pomeriggio del 2 novembre 2016 nell’Odeion del Museo dell’arte classica della Facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza” di Roma, alla commemorazione funebre dell’emerito professore di epigrafia latina Silvio Paciera, scomparso recentemente e ai saluti delle autorità accademiche, ha fatto seguito il concerto del giovanissimo maestro Stefano Mhanna, concerto diviso in due parti, la prima dedicata all’esecuzione pianistica di brani di Chopin, la seconda violinistica.
Stefano Mhanna è noto per essere stato un bambino prodigio. Il suo primo diploma a soli 12 anni e a 17 quelli di violino, viola, pianoforte, composizione organistica, con il massimo dei voti.
Nella prima parte del concerto, al pianoforte è stato eseguito un repertorio interamente dedicato a Chopin: la Polacca in la bem.maggiore, il Notturno opera postuma, lo Studio 12. Il giovane concertista ha incantato il pubblico che ha ascoltato in un silenzio e in una concentrazione quasi irreali un’esecuzione perfetta nella tecnica, nell’espressività e nell’interpretazione.
Nella seconda parte del concerto sono stati eseguiti al violino la Ciaccona della II partita BW 1005 e il Largo della terza sonata BW1005 di Bach, e dalla Molinara di Paganini l’aria Nel cor più non mi sento variazione da Paisiello. Il concerto si è concluso con l’esecuzione del Capriccio 24 di Paganini.
Il giovane concertista ha rivelato padronanza di ambedue gli strumenti, coinvolgendo e lasciando quasi sbalordito il pubblico nell’esecuzione virtuosistica del capriccio di Paganini, rivelando capacità straordinarie d’interpretazione della musica di Bach, nella quale è riuscito a liberare sentimenti profondi dell’anima, sensibilità straordinaria, rendendo gli ascoltatori partecipi di qualcosa che nella musica ci trascende.

Stefano Mhanna ha tecniche strumentali, interpretative, classe e notevole talento, grande livello artistico. Coinvolge il pubblico per le sue esecuzioni completamente a memoria, incantandolo con la sua serietà e preparazione e con il suo aspetto adolescenziale. È sempre un grande piacere ascoltarlo e gli auguriamo futuri successi e una carriera delle più brillanti.
 
 

mercoledì 21 settembre 2016

Rimini, 18 Settembre 2016


In attesa di Italian Rastaman”, 

secondo singolo 

del cantante compositore 

Andrea Gamurrini



L’epidemia “dr.gam” non si ferma. Trascorso poco più di un mese dall’uscita del suo primo singolo “dr.gam is in da house“, i fans sono in attesa di novità da parte del pragmatico sognatore Andrea Gamurrini, in arte dr. gam.
E a breve saranno accontentati con l’uscita di un secondo singolo dal titolo “Italian Rastaman” estratto dall’album “Another family” che sarà sempre distribuito dalla Universal.
Il grande successo di dr.gam is in da house ha in parte appagato gli anni di intenso lavoro e determinazione dell’artista, arrivando a più di 150.000 visualizzazioni su Youtube, entrando in classifica mondiale Spotify e nella programmazione di radio italiane ed estere (UK, Francia, Spagna, Stati Uniti, Russia, Sud America).
Ma il tormentone dr.gam non ha intenzione di fermarsi qui e probabilmente ci sorprenderà molto presto con nuove hits.
Un ruolo importante nella vita artistica di Andrea Gamurrini è occupato da Velio Gualazzi, padre di Raphael Gualazzi, che ascoltandolo live rimase colpito dal felice connubio voce/chitarra e lo sollecitò ad aprirsi al mondo della discografia, un mondo che non era mai stato di suo interesse.
Il live è una grande scuola, fare buona musica per lui significa esibirsi su palchi di tutto il mondo senza interessarsi di luci e di aspetti scenici.


Il suo primario obiettivo è sempre stato esprimere la sua cultura musicale suonando, cantando ed emozionando, elementi essenziali per aprire cuore e mente del pubblico e per riempire il palcoscenico.
Un’atmosfera calda, accogliente ed estremamente trascinante caratterizza le sue performances, che per due ore trasportano lui, la band e gli spettatori in un’altra dimensione.

In attesa di ascoltare il suo album, a presto un nuovo assaggio del suo talento con “Italian Rastaman”.

domenica 18 settembre 2016



XVI Festival Pergolesi – Spontini (anno 2016)

Jesi, Teatro Pergolesi

Li prodigi della divina grazia nella conversione 

e morte di San Guglielmo duca d’Aquitania

dramma sacro di Pergolesi.

(9 e 11 settembre  2016)
Il secondo fine settimana del XVI Festival Pergolesi-Spontini ha offerto al pubblico importanti e inedite novità. Nelle sere del 9 e dell’11 settembre  al teatro Pergolesi  è stato eseguito in forma scenica Li prodigi della divina grazia nella conversione e morte di San Guglielmo duca d’Aquitania, dramma sacro di Pergolesi su testo di Ignazio Maria Mancini, nella revisione critica di Livio Aragona, rappresentato per la prima volta a Napoli nel 1731, lavoro d’esordio del giovane Pergolesi come compositore, dramma sacro, secondo quanto stabilito nei conservatori napoletani  e  circolato presso i circoli filippini nella prima metà del ‘700, del quale ci rimane una copia non autografa.
L’opera presenta una grande teatralità e affascina gli spettatori con la sua componente seria e sacra e  con una vena profonda e ironica che le consente di essere  inserita  in buona parte nello stile buffo. La trama è complessa: la figura del protagonista, Guglielmo duca d’Aquitania, è  ricostruita, secondo una tradizione agiografica medievale, attraverso  tre sovrapposte biografie: quella di Guglielmo X duca d’Aquitania e conte di Poitiers, quelle di Guglielmo di Gellone e di Guglielmo di Malavalle. Soprattutto il primo è legato alla figura di Bernardo di Chiaravalle, che gli rimprovera come grave peccato l’appoggio all’antipapa Anacleto. Le tre biografie  costruiscono un unico personaggio  nel suo percorso verso la santità.  Conflitto fra anima e corpo, spiritualità e peccato, lotta così presente nella musica e nei testi dei primi oratori (come non ricordare il conflitto fra anima e corpo di Cavalieri o la disputa fra il demonio e l’angelo nella contesa fra angelo e demonio nel purgatorio dantesco dell’anima di Buonconte?). In questa lotta fra bene e male si alternano le figure che li rappresentano: San Bernardo e l’eremita, l’angelo e il demonio, pronti a travestirsi, mimetizzarsi, ingannare, assumere identità diverse. La musica, caratterizzata da magnifiche arie,  da-capo e i recitativi che le precedono, presenta  questioni non sempre risolte: una sinfonia condivisa con l’Olimpiade e un’aria e un duetto cantate dall’angelo  che ritroviamo con altri versi sempre nell’Olimpiade.  Le  stesse voci dai toni alti richiamano  il cielo e le forze del bene (San Bernardo, l’eremita, l’angelo e lo stesso Guglielmo  nel suo percorso verso la morte che lo santificherà) e quelle dai toni bassi  il male o la terrestrità (il demonio, baritono). Il basso-buffo, il capitano Cuosemo, al servizio del duca, nelle sue confusioni e contraddizioni sarà destinato a riscattarsi e a conquistare con il suo signore, la santità. Questo personaggio, eliminato in successive versioni  presso le confraternite dei filippini, delle quali ci restano quattro copie  manoscritte e un libretto a stampa, conferisce un tono a volte comico e comunque un registro ironico a tutto il contesto.

I giovani cantanti hanno rivelato, oltre a voci adeguate ad affrontare il repertorio barocco, capacità espressive e di recitazione: Raffaella Milanesi (Guglielmo), Sofia Soloviy (San Bernardo e l’eremita), Arianna Vendittelli (angelo), Maharram Huseynov (demonio), Clemente Antonio Daliotti (Cuosemo). Quest’ultimo, erede della commedia dell’arte, ma anche dell’uso diffuso di tali ruoli nell’ambiente napoletano del ‘700, si è espresso in un dialetto colorito e vivace, conferendo un tono di comicità  e d’ironia. 
Il direttore Cristophe Rousset ha diretto  Les talents liriques accompagnando l’orchestra  al  clavicembalo in funzione di basso continuo. L’orchestra e i cantanti hanno offerto uno spettacolo di sublime bellezza, attraverso le arie, i duetti, i recitativi. La scenografia, essenziale, ha sottolineato gli stati d’animo, il movimento dei pannelli   ha creato varietà di toni,  e i colori hanno differenziato l’appartenenza al mondo del male o del bene: un gruppo di giovani vestiti di bianco, figure angeliche, in una scena sollevano e trasportano nel palcoscenico l’angelo, figure vestite di nero  circondano  in un’altra  il demonio. Un elogio meritano, oltre agli interpreti, la regia di Francesco Nappa, la scenografia di Benito Leonori, il lavoro della costumista Giusi Giustino.  Non possiamo che augurarci che tale spettacolo possa essere rappresentato  anche altrove e che prosegua il lavoro di ricerca e di  diffusione del repertorio barocco, anche se questa singolare e splendida realizzazione non è riuscita a fare nel teatro il “tutto esaurito”. Un convegno di musicologia filologia e storia del ‘700  napoletano protratto nella giornata di sabato 10 in ricordo di Francesco Degrada, ha offerto un notevole contributo alla conoscenza degli studi sul periodo  e sul contesto nel quale Pergolesi ha vissuto e si è formato.
                                                                                            
Majolati, cappella della casa di riposo “Gaspare Spontini”
Il salotto Agnese

(11 settembre pom.)
(11 settembre pom.)
Le pagine tratte dall’Agnese di Hohenstaufen di Gaspare Spontini dovevano essere eseguite nel pomeriggio dell’11 settembre nel giardino del museo, ma  a causa di un tempo poco clemente il concerto è stato eseguito nella cappella della casa di riposo, luogo altrettanto suggestivo, davanti alla tomba del musicista, del quale si è così sentita la presenza spirituale.
La grande opera  storico-romantica in tre atti, composta in tedesco su libretto di Ernest Raupach e in versione italiana di Mario Bertoncini (1970), fu eseguita, per opera di Francesco Siciliani, al ricordo del quale questo “salotto” è dedicato, al Maggio musicale fiorentino del 1954. Il maestro Dario Della Porta ha ripercorso la storia dell’opera e il lavoro di Francesco Siciliani,  intervenendo fra  i gruppi di esecuzioni musicali, offrendo una lettura interessante e coinvolgente del lavoro di Spontini.  Si tratta di un’opera difficile, anche se dalle pagine bellissime, scritta fra il 1827 e il 1829, eseguita per la prima volta a Berlino nel 1829 al teatro dell’opera reale. Lo stesso argomento, pur se incentrato su una storia d’amore, simile per alcuni aspetti, alla storia shakespeariana di Giulietta e Romeo, dalla quale si differenzia per il lieto fine, presentò nel risorgimento problemi di esecuzione: in tale epoca non si poteva accettare una conclusione positiva ottenuta attraverso un compromesso politico inaccettabile, la spedizione contro l’Italia.
Le varie arie, scelte dal primo, secondo e terzo atto, sono state eseguite dai giovani dell’Accademia d’arte lirica di Osimo, accompagnati al pianoforte dal maestro Alessandro Benigni.  I vari ruoli sono stati interpretati da Miriam Perlashvili soprano (Agnese),  Martina Rinaldi soprano (Ermengarda),  Giorgi Tsintsadze tenore (Enrico), Daniele Adriani tenore (Filippo), TaKahiro Shimotsuka (il duca), Akaki Ioseliani baritono (Imperatore /arcivescovo), Raffaella Fernandes, Magdalena Krystoforska, Tsisana Giorgadze (il coro di dame e monache). Tutti hanno rivelato voci promettenti, risultato di grande impegno nello studio del canto lirico; coinvolgenti le splendide arie romantiche e  di particolare fascino i concertati.

Ci auguriamo che per merito del festival pergolesiano tale opera possa essere ripresa ed eseguita, anche nella versione originale in tedesco, consentendo una più vasta  conoscenza di Gaspare Spontini in Italia e nel mondo.

Loreto, Santa Casa
Mater Misericordiae concerto mariano
(10 settembre)
Singolare attenzione  merita il concerto offerto  ai partecipanti al festival, ma aperto a tutti, la sera del 10 settembre nella splendida basilica della Santa Casa di Loreto, “Mater Misericordiae”, concerto mariano  diretto da Christophe Rousset e la sua orchestra Les talents lyriques, che hanno eseguito il Salve Regina di Pergolesi e quello di Leo, e infine lo Stabat mater di Pergolesi. Le voci  sono state quelle del contralto Benedetta Mazzuccato e del soprano Francesca Aspromonte, quest’ultima dalla voce cristallina e luminosa, perfetta nelle agilità.   Opere musicalmente note, ma  spiritualmente ricche soprattutto se eseguite in questo luogo dell’anima. Nell’ultima parte dell’esecuzione dello Stabat mater un guasto elettrico ha spento improvvisamente le luci della basilica. Gli spettatori hanno immaginato motivazioni diverse, qualcuno ha pensato ad un effetto di “regia”, indubbiamente di grandissima suggestione! L’orchestra ha continuato a suonare e le cantanti hanno portato egregiamente a conclusione la straordinaria composizione nel buio illuminato da luci improvvisate: torce, telefonini, altro…. Anche un banale incidente può contribuire ad illuminare lo spirito!

Giuseppina Giacomazzi

foto Binci










martedì 23 agosto 2016

Spoleto, chiostro di San Nicolò


Un surreale Orfeo di Savinio apre la stagione del lirico-sperimentale di Spoleto.

  Recensione di Giuseppina Giacomazzi  


La stagione lirico-sperimentale di Spoleto 2016 si è aperta  nei giorni 12-13 agosto nel chiostro di San Nicolò con la messa in scena dell’atto unico  per quattro voci di Savinio Orfeo vedovo”, composta  ed eseguita a Roma nel 1950 (prima di 4 opere in musica: Agenzia Fix, Vita dell’uomo, Cristoforo Colombo), presentata nell’allestimento per canto e pianoforte di Daniele Lombardi, ricercatore, musicologo, pianista, il quale ha assecondato la chiave interpretativa surreale propria dell’autore. Le voci sono state quelle di giovani cantanti del lirico-sperimentale che hanno alternato efficacemente  canto e recitazione: Salvatore Grigoli (Orfeo), Federica Livi (Euridice), Amedeo Di Furia (Maurizio)  e Alessandro Abis (agente), accompagnati al pianoforte dal bravo  Luca Spinosa. Il figlio di Savinio, Ruggero,  ha introdotto la seconda serata, offrendo una chiave interpretativa del testo nel suo rapporto con l’opera del padre, genio poliedrico, pittore, scrittore, musicista, purtroppo ancora meno conosciuto del fratello Giorgio De Chirico.
La trama è quella della storia classica di Orfeo ed Euridice: Orfeo piange la donna amata morta, ma  il testo di Savinio è altro: Orfeo è sul punto di suicidarsi per questa perdita, ma viene interrotto dall’entrata di un agente dell’IRD (Istituto Ricostruzione  Defunti), il quale lo convince, attraverso le tecniche persuasive  del mercato, a comprare una macchina, la cinecronoplastica, che gli consentirà di rivedere Euridice. La donna riappare, anche se in una dimensione temporale diversa, ma non si cura di Orfeo. Si dimostra annoiata e felice di incontrare l’amante Maurizio Mezzetti, segretario del marito.  Euridice asserisce di amare tutti e due e Orfeo sembrerebbe   disposto  ad accettare il triangolo, dopo aver più volte gridato “In questi casi cosa si deve fare?”,  poi tenta di sparare agli amanti,  ma  si accorge che i due si trovano in un‘altra dimensione temporale e allora non gli resta che il suicidio.
Savinio, in una conversazione radiofonica, affermò l’importanza della figura di Orfeo nella sua opera: “Orfeo è l’uomo. L’uomo superiore. L’uomo completo….. Orphée c’est moi.” E Orfeo non può fingere, non può velarsi. Parola prolungata nella musica, il monologo di Orfeo è la voce dell’anima di Savinio e l’ironia importante arma di difesa. Orfeo è il poeta, ma è anche l’uomo, l’intellettuale e l’artista che sa mettere a nudo le contraddizioni del mondo borghese: il matrimonio, la fedeltà, la capacità di persuasione consumistica esercitata dall’agente dell’IRD. La sceneggiatura sottolinea l’atmosfera di morte, sullo sfondo scorrono in bianco e nero i quadri di Savinio ed Euridice è avvolta in un velo bianco  che  le copre anche il volto e che racchiude il mistero di una donna scissa fra due sentimenti, forse mistero a se stessa.
Le serate sono state introdotte da due concerti di musica del ‘900 in due sale  in contemporanea, con musiche di Pizzetti, Casella, Malipiero, Respighi e Savinio,  interpretate dai cantanti del lirico sperimentale (Maria Bagalà, Nadina Calistru, Chiara Mugini, soprani, Beatrice Mezzanotte mezzosoprano nella sala inferiore, accompagnate da Luca Spinosa al pianoforte e per la sonatina di Malipiero dal violoncello di Matteo Maria Zurletti, nella sala superiore Sara Intagliata, Sabrina CorteseGiulia Mazzola soprani, Annapaola Pinna mezzosoprano, Enrico Cicconofri al pianoforte).  Daniele Lombardi ha eseguito il brano “Risonanze” di Malipiero e gli “Chants de la mi-mort” di Savinio, rivelandosi pianista d’eccezione nell’affrontare le grandi difficoltà tecniche e interpretative dello spartito. Al maestro Lombardi si deve riconoscere il grande merito di avere offerto l’occasione per  avvicinare il pubblico alla musica del ‘900 e alla conoscenza di un autore significativo quale Savinio, con il recupero di un testo di grande interesse musicale e culturale.