lunedì 29 agosto 2011



dr.gam "Summer Tour 2011" Romagna/Marche


Si chiude tra la Romagna e le Marche il " dr.gam Summer Tour 2011".

Altre profonde impronte lasciate dall'artista sul suo ormai decennale cammino tra America ed Europa e che in questo tour totalmente italiano ha richiamato più di diecimila persone nelle piazze e nei locali del Trentino, del Veneto, delle Marche, dell’Umbria e della Puglia.

Per il mese di settembre sono previste altre quattro date: due in Romagna, la prima giovedì 1 settembre alle ore 21.00 in viale Ceccarini a Riccione (RN) alla "Bodeguita del Medio" e la seconda in collaborazione con "Cattolica per la Tanzania" a Cattolica (RN) il 3 settembre in Piazza 1° maggio alle ore 22.00.

La chiusura del tour sarà nelle Marche con altre due date, il 17 settembre a Cerreto D'Esi (AN) e gran finale in piazza del Comune a Fabriano (AN) come artista di punta della "Notte Blu", nota manifestazione organizzata da Radio Blu.

Per chi ancora non lo sapesse dr.gam è l'acronimo di Andrea Gamurrini, cantante, chitarrista e autore tosco-marchigiano, personaggio noto agli addetti ai lavori ma schivo ai media, intimo e travolgente nelle sue performances, di forte impatto per presenza scenica e profondità della sua voce calda e scura, che arriva dritta prima allo stomaco per poi essere inevitabilmente custodita nelle parti più nascoste del cuore.

dr.gam è una realtà fondamentale del panorama musicale nazionale. Numerosissimi sono i concerti, altrettanto numerose le collaborazioni con musicisti di primissimo livello sia nazionale che internazionale, con alle spalle un album dal titolo "The New Medicine Show", il video del brano "Our Roots" girato l'anno scorso in Giamaica e di prossima uscita ed un nuovo album in lavorazione da Ottobre che vedrà la luce nell'estate 2012.


sabato 27 agosto 2011

XI FESTIVAL PERGOLESI SPONTINI
(2 - 17 settembre 2011)
Jesi, Ancona, Maiolati Spontini, Montecarotto, Monte San Vito

PROGRAMMA

2 – 4 settembre 2011, ore 20
Jesi, Teatro G.B. Pergolesi
LA SALUSTIA
Dramma per musica in tre atti
da un adattamento anonimo di Alessandro Severo di Apostolo Zeno
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Dale Monson
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1732

Personaggi e interpreti
Marziano Vittorio Prato
Salustia Serena Malfi
Giulia Laura Polverelli
Alessandro
Florin Cezar Ouatu
Albina Giacinta Nicotra
Claudio Maria Hinojosa Montenegro

direttore Corrado Rovaris
regia Juliette Deschamps
scene Benito Leonori
costumi Vanessa Sannino
luci Alessandro Carletti
assistente alla regia Alma Terrasse
Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani
Nuovo allestimento


1 settembre 2011, ore 20 - anteprima giovani
3 settembre 2011, ore 21
Jesi, Teatro G.B. Pergolesi
LA SERVA PADRONA
intermezzi di Gennarantonio Federico
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Francesco Degrada
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Bartolomeo, 1733

Personaggi e interpreti
Serpina Alessandra Marianelli
Uberto Carlo Lepore
Vespone Jean Méningue

ATTO SENZA PAROLE I
di Samuel Beckett
Un uomo Jean Méningue


direttore Corrado Rovaris
regia Henning Brockhaus
scene Benito Leonori
costumi Giancarlo Colis
luci Alessandro Carletti
assistente alla regia Valentina Escobar
Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani
Nuovo allestimento

6 settembre 2011, ore 20 - anteprima giovani
8 – 10 settembre 2011, ore 20
Jesi, Teatro V. Moriconi
L’OLIMPIADE
Melodramma in tre atti di Pietro Metastasio
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Francesco Degrada e Claudio Toscani
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini
Prima rappresentazione Roma Teatro Tordinona, 1735

Personaggi e interpreti
Clistene Raul Gimenez
Aristea Lyubov Petrova
Argene Yetzabel Arias Fernandez
Licida Jennifer Rivera
Megacle Sofia Soloviy
Aminta Antonio Lozano
Alcandro Milena Storti

direttore Alessandro De Marchi
regia Italo Nunziata
scene Luigi Scoglio
costumi Ruggero Vitrani
luci Patrick Latronica
assistente alla regia Patrick Mailler
Academia Montis Regalis
Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini

9 settembre 2011, ore 21
Ancona, Cattedrale di San Ciriaco
CONCERTO SPIRITUALE
in occasione del XXV CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
musiche di A. Vivaldi, J.S. Bach e G.B. Pergolesi
soprano Debora York
mezzosoprano Michaela Selinger
direttore Rubén Dubrovski
Bach Consort Wien

Antonio Vivaldi
Concerto in si min per archi e basso continuo RV 580, n° 10 da L’Estro armonico op. 3

Anonimo (da Giovanni Battista Pergolesi)
La Maddalena al Sepolcro
Travestimento spirituale della CantataNel chiuso centro” per soprano, archi e basso continuo
Revisione critica di Claudio Bacciagaluppi
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini
Prima esecuzione moderna

Giovanni Battista Pergolesi
Salve Regina
Antifona in fa min. per contralto, archi e basso continuo
Revisione critica a cura di Federico Agostinelli
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini

Johann Sebastian Bach
Tilge, Höchster, meine Sunden BWV 1083
Salmo LI - Parafrasi sullo Stabat Mater di G.B. Pergolesi
Edizioni Bärenreiter


11 settembre 2011 ore 21
Monte San Vito, Teatro La Fortuna
ACCADEMIA METASTASIANA
musiche di J.C. Bach, D. Cimarosa, G. Paisiello
soprano Veronika Kralova
mezzosoprano Aurora Faggioli
fortepiano Andrea Coen

16 settembre 2011 ore 21
Montecarotto, Teatro Comunale
MUSICHE NUOVE

musiche di C. Cimpanelli, M. Taralli, L. Gregoretti
soprano Maria Abbate
mezzosoprano Mariangela Marini
tenore Roberto Jachini Virgili
baritono Giampiero Cicino
pianoforte Sara Zampetti, Marta Tacconi
harmonium Saverio Santoni
Coro Regina della Pace -
maestro del coro Diego Pucci

Claudio Cimpanelli
Ave Maria II*
Salve Regina
*

Marco Taralli
Piccolo Stabat mater*

Lucio Gregoretti
Missa Sancti Johannis Baptistae, in memoriam Johannis Baptistae Pergolesi*

*Prima esecuzione assoluta


17 settembre 2011 ore 21
Maiolati Spontini, Teatro G. Spontini
MARIA PIA DE VITO: IN COMPAGNIA D’AMORE
musiche di G.B. Pergolesi rielaborate da F. Couturier
voce Maria Pia De Vito
pianoforte e arrangiamenti François Couturier
violoncello
Anja Lechner
percussioni e electronics
Michele Rabbia


Inaugurazione della 44^ Stagione Lirica di Tradizione
28 settembre 2011, ore 16 – anteprima giovani
30 settembre 2011, ore 21
2 ottobre 2011, ore 16

LO FRATE ‘NNAMORATO
Commedia per musica in tre atti di Gennarantonio Federico
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Francesco Degrada
Edizioni Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro dei Fiorentini, 27 settembre 1732

Personaggi e interpreti
Marcaniello Nicola Alaimo
Ascanio Lucia Cirillo
Nena
Patrizia Biccirè
Nina Jurgita Adamonyte
Lugrezia Barbara Di Castri
Carlo David Alegret
Vannella Laura Cherici
Cardella Rosa Bove
Don Pietro Filippo Morace


direttore Fabio Biondi
regia e scene Willy Landin
costumi Elena Cicorella
assistente alle scene Pilar Camps
Europa Galante

Nuovo allestimento
Le manifestazioni saranno trasmesse da Rai Radio 3

INFORMAZIONI
Fondazione Pergolesi Spontini
Via Mazzini, 14 – 60035 Jesi (AN) - Italia
Tel. +39 0731 202944
Fax +39 0731 226460
info@fpsjesi.com

giosetta guerra

sabato 20 agosto 2011


Sferisterio di Macerata

11 agosto 2011

GALA DANZA ALL’OPERA

SVETLANA ZAKHAROVA, étoile del Teatro Bol’šoj di Mosca,

e i SOLISTI DEL TEATRO BOL’ŠOJ DI MOSCA E DEL TEATRO DELL’OPERA DI KIEV

(prima esclusiva regionale ed evento speciale di Sferisterio Opera Festival in collaborazione con Civitanova Danza)

di Giosetta Guerra

Il grande palcoscenico dello Sferisterio di Macerata si presta alla danza di ogni tipo e non crea ostacoli alla visibilità, specialmente se si lascia nudo e crudo.

La sera dell’11 agosto 2011 l’Arena era gremita da cielo a terra e credo che tutti abbiano goduto del magnifico spettacolo offerto dall’étoile del Teatro Bol’šoj di Mosca SVETLANA ZAKHAROVA e dai Solisti del Teatro Bol’šoj di Mosca e del Teatro dell’opera di Kiev, che si sono esibiti in un puzzle di coreografie, le più intense e più spettacolari del balletto internazionale su musica registrata.

“La danza non consiste soltanto nel fare acrobazie sulle punte. Bisogna saper raccontare una storia, trasmettere emozioni, e solo le grandi ballerine sanno trasformare un arabesque in poesia", affermava Carla Fracci. E SVETLANA ZAKHAROVA ha proprio questo obiettivo.

Ha aperto il Gala proprio la ZAKHAROVA con Carmen Suite, la storia di Carmen coreografata da Alberto Alonso sui più noti brani dell’opera di Georges Bizet e di Rodion Ščedrin. Lei è una gitana determinata e travolgente, che intreccia con Josè ed Escamillo e con la morte stessa (un’impressionante magrissima figurina nera) un dialogo forte, si muove con leggerezza sulle punte ed esegue frequenti spaccate in piedi sulle punte con estrema naturalezza (adage seule en scène e à deux che richiedono grande capacità di equilibrio e di tenuta delle gambe), l’unicità del collo del suo piede accentua l’elasticità dei suoi passi, il suo corpo esile e snodato si piega a figure plastiche, a contorsioni avviluppanti sul corpo del partner, fino ad accartocciarsi su se stesso, tipo pupa di pezza, tra le braccia di Josè nella scena della morte. La coreografia si basa sull’intensità dell’interpretazione che a volte si esprime con movenze lente e gesti larghi e a volte segue ritmi ben scanditi e movimenti stilizzati, ottimizzata da un disegno luci adeguato alle situazioni con prevalenza del colore rosso (amore, passione, sangue) e del viola. Rosso e nero per i costumi di Carmen, colori pastello per gli altri.

Di altissimo livello anche i suoi partners: Andrej Uvarov (étoile del Balletto del teatro Bolshoi di Mosca, morbido e sinuoso nel ruolo di Don Josè), Georgij Smilevski (solista del Balletto del teatro Stanislavskij di Mosca, passionale, snodato, agile nelle pirouettes nel ruolo del torero Escamillo), Jan Vanja (solista del Balletto dell’Opera di Kiev, elegante in quello del Governatore). Brave anche le due ballerine che si esibiscono sulle punte anche al ritmo del battito delle mani. L’allestimento scenico della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è costituito di un lungo muro di cinta, costellato di seggiole stilizzate con alti schienali, un drappo rosso con testa di toro sul fondale. Le scene riprese da Roberta Lazzeri erano di Boris Messerer.

Ancora la ZAKHAROVA in rosso per il pas de deux Macbeth insieme ad Andrej Uvarov avvolto da uno svolazzante mantello arancione con coreografia di Vladimir Vasiliev su musica di Kirill Molčalov. Per esprimere la follia e l’inquietudine i due ballerini si lanciano in uno sfrenato pas de deux, creando suggestive figure coi corpi e con un intreccio di gambe che sembrano tentacoli, prodigandosi in pas couru, grands batements e personalissimi port des bras lei e in grands jetés lui.

In Revelation (coreografia di danza contemporanea creata appositamente per lei dalla giapponese Motoko Hiroyama su musica straniante di John William) la Zakharova indossa un leggerissimo abito bianco lungo che aderisce alle contorsioni di un corpo flessuosissimo, al fluido continuo dei movimenti che esprimono dolore, agli scatti improvvisi delle mani e delle braccia che si muovono come ali, delle gambe che si aprono a spaccate superiori a 180° in piedi sulle punte e a grands écarts en arrière e en l’air.

Per il gran finale classico la Zakharova esegue La morte del cigno (coreografia Mikhail Fokin, musica Camille Saint-Saëns) al buio con l’occhio di bue puntato su di lei; in tutù bianco corto, entra di spalle ed esegue una lunga ininterrotta danza senza mai scendere dalle punte per tutto il palcoscenico, piega il busto oltre il possibile e le braccia sembrano nastri fluttuanti nell’aria. Splendida ballerina classica, la Zakharova, oltre ad avere una padronanza tecnica di superba levatura, è una sublime interprete, raffinata e sensibile, che si distingue per le emozioni che sa trasmettere.

Ad intervallare, altre coreografie sia del repertorio classico che di quello moderno hanno messo in luce la padronanza tecnica di straordinari ballerini.

Per Le Corsaire, pas de deux con arabesques, pirouettes, prese varie, intervallato da assoli, (coreografia di Marius Petipa e musica di Adolphe Adam e Cesare Pugni basato sul poema The Corsair di Lord Byron -1814) si sono esibiti due giovani solisti del Balletto del teatro Bolshoi di Mosca, Anastasija Staškevič in un brillante tutù celeste corto e Vjačeslav Lopatin a dorso nudo. Negli assoli il ballerino si è sbizzarrito in una sequenza di passi di straordinario effetto: grand jeté in diagonale, pas de chat en air, passé, menage con piquets en dedans e con grand jeté en l’air e la ballerina ha esibito pirouettes en déhors e fouettés en tournant.

La parentesi contemporanea è stata riempita dall’assolo Feeling Good, danzato e coreografato da Denis Untila (solista dell’Alto Ballet Theater di Essen) su musica di Nina Simone. Il ballerino, che danza a dorso nudo, ha una muscolatura solida e flessibilissima, è un virtuoso, agilissimo nelle sue esibizioni sia a terra che in volo.

Bravissimi i due solisti del balletto dell’Opera di Kiev, Olga Kifjak e il giovanissimo Jan Vanja nel passo a due del repertorio classico, Esmeralda su coreografia di Jules Perrot e musica romantica di Cesare Pugni. Lui in nero (fusó e corpetto di velluto con strass) abilissimo in batements, pirouettes, manèges con grand jeté, lei in tutù nero con sottogonna rosso si prodiga in passi e figure molto belle, come arabesque, sauté, pas de chat, pas de bourrée, entré lancé, echappé.

Infine Les Bourgeois coreografia di Ben Van Cauwenbergh su musica di Jacques Brel, assolo danzato da bravissimo Denis Untila (in pantaloni e camicia) con un mixage di passi classici e virtuosismi e il pas de deux Les Flammes de Paris coreografia di Vasilij Vajnonen su musica allegra di Boris Asafiev interpretata da Anastasija Staškevič, in tutù bianco e corpetto grigio, che sciorina pas ballonés in punta, fouettés, pirouettes con grazia e precisione e Vjačeslav Lopatin che, grazie alla tecnica e ad una muscolatura che gli permette di disegnare figure eccezionali, dimostra di essere un bravo virtuoso dotato di grande equilibrio.

Peccato che alla fine dello spettacolo la grande ballerina si sia negata ai suoi fans, che l’hanno attesa per più di mezz’ora (almeno fino a quando io e alcune persone di una scuola di ballo siamo rimaste lì) e nel frattempo gli altri ballerini se ne sono andati senza che qualcuno di noi li abbia riconosciuti.

giovedì 18 agosto 2011



Premio Tiberini 2011 super

Grandi ospiti e alta qualità al Premio Tiberini istituito fin dal 1989 e diretto artisticamente da Giosetta Guerra.

di Anna Indipendente

1. Il Coro del Teatro Regio di Parma al Premio lirico Internazionale Mario Tiberini

Cattolica (RN).
Quest'anno il Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini si è articolato in quattro appuntamenti di prestigio: 26-27-30 giugno e 16 luglio 2011. Per il primo appuntamento, una delle voci verdiane più rilevanti di quest'ultimo periodo è stata incoronata "Regina del melodramma italiano":

Dimitra Theodossiou che si è esibita nel concerto dal titolo Le eroine del melodramma, accompagnata al pianoforte dal M° Simone Savina; in concomitanza il Premio Tiberini d'argento è stato assegnato al Coro lirico della Regina di Cattolica, diretto dal M° Gilberto del Chierico;

per l'appuntamento del 27 giugno 2011, l'elevata qualità musicale del Coro del Teatro Regio di Parma, diretto al pianoforte dall'ottimo M° Martino Faggiani in un concerto in omaggio al 150° dell'Unità d'Italia: i Cori del Risorgimento Italiano; per il 30 giugno una serata a metà tra il Barocco e il belcanto, in cui nella prima parte la presenza del M° Claudio Scimone, in veste di maestro al cembalo e alla guida dei suoi Solisti Veneti, ha dato lustro al Premio Tiberini d'oro, mentre nella seconda parte il belcanto ha avuto come protagonista l'ineffabile voce del mazzosoprano Sonia Ganassi, che si è alternata al tenore in carriera Enrico Giovagnoli, rispettivamente Premio Tiberini d'oro alla prima e d'argento al secondo; la chiusura della manifestazione, il 16 luglio, non avverrà sul palco del Teatro della Regina di Cattolica (RN), come nel caso dei primi tre appuntamenti, ma al Teatro Mario Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU):

protagonisti della serata in un concerto tra il serio e il faceto i cantanti Simone e Nicola Alaimo che riceveranno il Premio Tiberini d'oro, mentre al soprano Silvia Tortolani andrà il Tiberini d'argento, tutti accompagnati al pianoforte dal M° Mirca Rosciani, premiata con l'argento. Tutta la manifestazione è presentata da colei che, guidata sempre da un instancabile amore per il teatro d'opera, ne è stata la creatrice, ben venti anni fa nel lontano 1989, e ne è tuttora il Presidente e Direttore Artistico, la prof.ssa Giosetta Guerra, affiancata dalla giovane Chiara Gamurrini. È importante inoltre precisare che l'intero festival è in realtà anche un GALA DI BENEFICIENZA con lo scopo edificante di trovare i fondi per portare a termine la costruzione di una scuola secondaria in Tanzania a Karansi, ai piedi del Kilimanjaro e in questo l'associazione musicale Mario Tiberini è stata coadiuvata dall'associazione Cattolica per la Tanzania (onlus), coordinata dal dottor Maurizio Lugli, già da qualche anno impegnato a portare sollievo alle popolazioni di questi luoghi, grazie all'opera galvanizzante del sacerdote tanzaniano Padre Calistus Tarino.
Veniamo alla serata del 27:

Un suggestivo progetto di spettacolo ideato dal M° Marti no Faggiani che inquadra storicamente i brani corali, dirige il coro e lo accompagna al pianoforte (così recita il pro gramma di sala). Ma il pubblico, formato essenzialmente da melomani dalla chioma un po' argentata, come ha reagito dinanzi a questa nuova formula, quasi una lezione-concerto? Ebbene, si è letteralmente lasciato sedurre e coinvolgere dalla personalità istrionica e appassionata del Faggiani che con abile intelligenza musicale lo ha saputo condurre, quasi prendendolo per mano, all'interno delle partiture verdiane (quelle più famose, scritte dal 1842 al 1853), facendogliele gustare una ad una, attraverso il suo personale stile, caratterizzato da una profonda e
magistrale perizia tecnico-musicale. In questo modo il pubblico è entrato direttamente a contatto con l'essenza della
personalità drammaturgico-musicale verdiana. Non è stato un caso se il Maestro Faggiani ha espresso in maniera chiara e inequivocabile il suo pensiero su certe attualizzazioni registiche delle opere del compositore bussetano, oggi tanto in voga, ma che spesso finiscono per essere dei meri tradimenti della sua drammaturgia. Cosa voleva esprimere Verdi nelle sue opere? Semplicemente l'uomo, nella sua verace realtà: nel bene e nel male, scandagliato senza pregiudizi di sorta (vedi Violetta o Rigoletto) in tutte le sfumature: è caro al cigno di Busseto il confronto dell’individuo con la propria coscienza e identità, la presenza del male nella natura umana e la lotta con esso, il rapporto con il potere. Tutte tematiche presenti nel suo poeta prediletto, Shakespeare, verso il cui teatro Verdi nutrì un rapporto particolare, quasi una sorta di venerazione che durò per tutta la sua vita: Macbeth, Otello, Falstaff lo testimoniano, ma anche Amleto, Re Lear, sogni accarezzati e mai realizzati (Baldini). Uno dei mezzi privilegiati scelti dal c ompositore bussetano per mettere in pratica i propri convincimenti drammatici fu la cosiddetta "parola scenica", una prosa concisa, forte, significante, in grado di tradurre precisamente la situazione drammatica , sul cui altare sacrificò il rapporto con fior fiore di librettisti. Ai cantanti Verdi non si stancava mai di raccomandare di studiare bene la posizione e le parole, la musica sarebbe venuta in maniera conseguenziale. Quella stessa parola che il Coro del Teatro Regio di Parma, pur nella sua formazione non completa, ha saputo ben mettere in evidenza, permettendo a noi del pubblico di immaginare la scena
anche senza rappresentazione.
Gli elevati standard qualitativi del Coro sono subito apparsi evidenti nell'accuratezza e precisione degli attacchi, nell'articolazione chiara, compatta e uniforme de lle parole: sembrava di ascoltare una sola voce, piuttosto che soprani, tenori, contralti e bassi. La scaletta del programma di sala è stata stravolta dal direttore che ha ritenuto opportuno aggiungere qualche brano, come ad esempio l'allegro, fortemente ritmato dall'atto I del Rigoletto (1851) Zitti, zitti moviamo a vendetta, in cui il Coro, rappresentato dai nobili cortigiani, rapisce Gilda, facendo credere a Rigoletto che si tratta del ratto della contessa di Ceprano e non della figlia; in questo brano il Coro ha mostrato un controllo e un addestramento certosino nell'esecuzione del sillabato a mezza voce, deliziando il pubblico; l'altro brano è stato il famosissimo Noi siamo zingarelle e Di Madrid noi siam mattadori, dall'atto II della Traviata (marzo 1853), anch'esso dal ritmo rapido e st accato, in cui il M° Faggiani aggiungendo una nota di colore presenta gli zingari come degli hippies ante litteram o anarchici contestatori. Interessante è stato poi il confronto impari, per diversità di stile, tra le due opere patriottico-corali di Verdi, una il Nabucco (1842), unitaria e compatta, e l'altra La Battaglia di Legnano (1843), discontinua e frammentaria. Dal I Atto del Nabucco il Coro ha eseguito Gli arredi festivi, canto di disperazione degli ebrei oppressi dal re d'Assiria, Nabucco, che ha invaso la loro terra e allora i Leviti incitano le vergini ebree a pregare per la salvezza d'Israele; si tratta di un brano in cui il Coro del Teatro Regio di Parma ha rivelato nitidezza e duttilità vocale tra le altre sue qualità. Il brano O Signore dal tetto natio dal IV Atto, de La battaglia di Legnano, forse la pagina più celebre di tutta l'opera, è un'accorata preghiera al Signore, che ha chiamato i crociati dalla terra natia per liberare Gerusalemme dal dominio dei musulmani, dal caratteristico ritmo giambico che fa da tessuto musicale: fra le sabbie infuocate ricordano l’aria fresca, i ruscelli, i laghi della terra lombarda, ma qui nella rimembranza il ritmo si stempera in un andamento più disteso ed elegiaco. A questo punto il riferimento alla celeberrima pagina di Va pensi ero sulle ali dorate dal III Atto del Nabucco è d'obbligo, in quanto ha in comune lo stesso sentimento di nostalgia dolorosa per la propria patria, ma, mentre La battaglia di Legnano fu stroncata dai critici come opera tagliata con l' accetta (Baldini) e addirittura dal France musicale come opera che non valeva un soldo, il Nabucco invece ebbe un grande successo con settanta repliche solo alla Scala . Vale la pena di ricordare qualche differenza tra le due versioni del brano Patria oppressa del IV Atto di Macbeth, quella del 1847 e del 1865, anche qui si tratta di una preghiera dolorosa e rassegnata dei deportati scozzesi che piangono la loro patria, insanguinata dal tiranno. Nella versione francese del 1865 questo Coro fu riscritto (compreso il testo) daccapo. Un ultimo cenno va a Vedi le fosche notturne spoglie dal II Atto del Trovatore (gennaio 1853): ai piedi di un monte in un accampamento di zingari, Azucena ricorda la morte della madre sul rogo, accusata di stregoneria dal Conte di Luna; il brano è stato commentato dal M° Faggiani che ha evidenziato gli elementi descrittivi della scrittura operistica del cigno di Busseto. Alla fine il pubblico ha cantato con partecipazione entusiastica l'I nno di Mameli (1847).

2. Serata elettrizzante per il 3° appuntamento del Premio Lirico Internazionale Mario Tiberini


Cattolica (RN). Tenutosi a Cattolica al Teatro della Regina, giovedì 30 giugno, il concerto fa parte di un GALA DI BENEFICIENZA che ha lo scopo edificante di trovare i fondi per portare a termine la costruzione di una scuola secondaria in Tanzania a Karansi, ai piedi del Kilimanjaro e in questo l'associazione musicale Mario Tiberini, organizzatrice del festival è stata coadiuvata dall'associazione Cattolica per la Tanzania (onlus), coordinata dal dottor Maurizio Lugli, già da qualche anno impegnato a portare sollievo alle popolazioni di questi luoghi, grazie all'opera galvanizzant e del sacerdote tanzaniano Padre Calistus Tarino.
Si è trattata di una serata più vari
a e meno omogenea rispetto alle due precedenti, ma pur sempre accattivante ed emozionante per la presenza sul palcoscenico di musicisti dal calibro internazionale quali Claudio Scimone, il quintetto de I Solisti Veneti e il mezzosoprano Sonia Ganassi che hanno portato letteralmente il pubblico in visibilio con le loro performances di alto profilo musicale, all'insegna del virtuosismo più sfrenato. La serata, presentata dal suo Direttore Artistico Giosetta Guerra, affiancata dalla giovane Chiara Gamurrini

è stata divisa in due parti: la prima, tutta destinata alla musica strumentale baroc ca quasi prevalentemente veneziana nella cu i diffusione da oltre cinquant'anni è impegnato l'ensemble de I solisti Veneti, fondati dal suo leader Claudio Scimone nel lontano 1959; la seconda parte invece ha visto come protagonista la vocalità belcantistica ottocentesca dell'impareggiabile mezzosoprano Sonia Ganassi e del giovane emergente Enrico Giovagnoli, accompagnati al pianoforte dalla pianista Donatella Dorsi. Al tenore pesarese è stato conf erito il Premio Tiberini d'argento, mentre il Premio Tiberini d'oro è stato assegnato sia al M° Scimone che alla mezzosoprano Sonia Ganassi. A dire la verità avremmo preferito essere deliziati dal M° Scimone e dal suo gruppo barocco per la durata dell'intera serata, piuttosto che per mezzo concerto, idem per la Sonia Ganassi, ma il pubblico ha comunque mostrato di aderire entusiasticamente a questa diversa articolazione del concerto.
Il M° Scimone ha diretto e accompagnato il quintetto a l cembalo con la consueta perizia musicale che lo contraddistingue, nonostante fosse su una sedia a rotelle per un incidente in via di risoluzione. Nel concerto di questa serata i solisti veneti contavano al loro interno la presenza di alcuni fondatori, veri pilastri del gruppo, come il violino solista Lucio Degani, il secondo violino Chiara Parrini, il violoncellista Giuseppe Barutti, ma si sono distinti per l'alto magistero tecnico anche il violista Giancarlo di Vacri e la consorte del M° Scimone, Clementine, all'ottavino. Il gruppo ha saputo ben manipolare l'attenzione del pubblico dirigendolo verso un crescendo di emozioni, via via che i brani divenivano di sempre più impegnativa esecuzione. Di repertorio la sonata a tre (due violini e B.C. Con cello) di Vivaldi (1678- 1741) op.1 n°12, sul tema celeberrimo de la Follia, danza contadina di origine portoghese, su cui si sono cimentati la maggior parte dei compositori del sei-settecento, da Frescobaldi (partite) a Lully (che la usò come Passacaglia) a Corelli; dopo l'oasi lirica dell'iper famoso Adagio in sol min. di Tommaso Albinoni (1671-1751) per archi e cembalo, comincia a crescere poco a poco la tensione
virtuosistica,
dapprima con le

Variazioni su un tema della Cenerentola di Rossini, in particolare il tema è quello dell'aria Non più mesta accanto al fuoco, composto da Chopin (1810-1849) per ottavino e archi, poi arriva all'acme con il famoso Trillo del diavolo, Sonata in sol min. G5 di Giuseppe Tartini (1692-1770) per violino solista e cembalo, fino alla Czarda di Vittorio Monti (1868-1922), composta nel 1904, su una famosa danza tzigana, di carattere rapsodico che ha strappato al pubblico un applauso entusiastico ed interminabile, anche perchè il violoncellista ad un certo punto della performance, mentre suonava recitava anche dei versi arrivando ad un grido impetuoso finale che sorprendendo il pubblico lo ha mandato in delirio. C'è stato anche un fuori programma con le Variazioni sul Carnevale di Nicolò Paganini (1782-1840), anch'esso molto applaudito. Nella seconda parte il mezzosoprano Sonia Ganassi si è esibita in un repertorio raffinato, tutto francese che ha ben messo in risalto le sue qualità vocali, da O mon Fernand da La Favorite di Gaetano Donizetti (1797-1849) a Ma lyre immortelle da Sapho di Charles Gounod (1818-1893), a Mon coeur s'ouvre a ta voix da Samson et Dalila di Camille Saint Saens (1835-1921), fino alla graditissima Habanera finale dalla Carmen di Georges Bizet (1838-1875). La cantante, che ha rivelato qualche leggerissima difficoltà nelle zone alte, si è alternata sul palcolscenico al tenore Enrico Giovagnoli, che si è esibito in un repertorio quasi nazional-popolare, molto apprezzato dal pubblico con una tessitura da tenore lirico-leggero che ha spaziato da Pourquoi me reveiller dal Werther di Jules Massenet (1842-1912) a La donna è mobile dal Rigoletto di Giuseppe Verdi (1813-1901) alla canzone napoletana Marechiare di F. Paolo Tosti, alla fine ha poi messo in risalto una discreta capacità di padroneggiare la zona acuta con un brano poco eseguito, perchè pochissimo conosciuto: il Salve Regina di Mario Tiberini (1826-1880) che oltre ad essere un tenore era anche un buon compositore.

(Anna Indipendente)

martedì 9 agosto 2011

Un Ballo in Maschera di Verdi - Sferisterio Opera Festival 2011, Macerata





Sferisterio Opera Festival 2011/ Foto di Alfredo Taboccini

SFERISTERIO OPERA FESTIVAL 2011

Servizio di Giosetta Guerra

Un Ballo in Maschera - Pier Luigi Pizzi: MAGIA

Rigoletto - Massimo Gasparon: ARMONIA e COLORE

Così fan tutte - Pier Luigi Pizzi: LUCE


Arena Sferisterio di Macerata

Un Ballo in Maschera di Verdi

(22 luglio 2011, prima)

La MAGIA di Pier Luigi Pizzi

Bella prova di Stefano Secco, un eroico ed appassionato Riccardo

Una pedana centrale e due tribunette laterali per accogliere persone di ogni tipo (militari in grigio, civili in bianco che leggono il giornale) e arredi cambiati a vista, in primo piano due operatori video che proiettano sul muro la bandiera a stelle e strisce in triplice copia per l’ambientazione americana e le immagini ingrandite dei protagonisti (utilissime per cogliere l’espressione dei volti, anche se un po’ distraenti). Il conte Riccardo in divisa militare giunge su una decapotabile americana rossa, tipo Cadillac, e fa la sua bella figura grazie alla voce del tenore Stefano Secco. Di rosso sono vestiti Oscar al femminile e le due vallette che distribuiscono inviti al ballo. L’aspetto esoterico è rappresentato da una prosperosa maga negra in fuxia coi riccioli neri davanti ad una sfera di cristallo e ad una audience seduta, attenta e colorata, avvolta da una luce rossa.

Sul palcoscenico nudo dello Sferisterio nel secondo atto esplode la magia: fumi dai colori sinistri si espandono e invadono anche la platea, nebbie tagliate dalle torce dei poliziotti e dai fari delle motociclette avvolgono l’orrido campo dei drogati, dove Amelia velata si inoltra alla ricerca dell’erba magica e s’imbatte in scene raccapriccianti. Geniale l’idea di completare il quadretto familiare del terzo atto mettendo dentro la culla un bambino piccolissimo, vero, che, fino a tarda sera, in piedi, seduto, disteso, appoggiato alle sponde, si è mosso continuamente e batteva perfino il tempo; per finire con la scena del ballo intinta dai colori dei ballerini e delle majorettes, dai bagliori argentei dei mantelli degli invitati, dallo splendido abito bianco con strass e strascico di Amelia, ma l’occhio cade su un’agghiacciante figura, avvolta da un mantello argenteo con la faccia della morte sotto il cappuccio, accovacciata e immobile accanto a Riccardo morente (si muove solo quando lui spira).

Pier Luigi Pizzi (Tiberini d’oro 1999), nella triplice veste di scenografo, regista e costumista, assecondato dal fantastico disegno luci di Sergio Rossi, fa convivere l’elemento macabro accanto all’elemento frivolo e brillante con una cura certosina dei dettagli. Convivenza presente anche nella musica di Un Ballo in Maschera di Verdi, connotato come l’opera degli “opposti”. Il Maestro concertatore e direttore Daniele Callegari, molto coinvolto sul podio dell’Orchestra Regionale delle Marche, ha condotto i tempi musicali in sintonia col dramma, ha fatto emergere dal tessuto quasi sinfonico della raffinata orchestrazione verdiana le dinamiche che guidano le attese, le passioni, le emozioni, l’alternarsi di luci e ombre, la commistione di elementi tragici, romantici e di gaia leggerezza. Bravi. Bravo anche il Coro Lirico Marchigiano “Bellini” (Tiberini d’oro 2001), (particolarmente pastosa e sonora la sezione maschile), preparato e diretto da David Crescenzi.

Stefano Secco, in splendida forma, esibisce un mezzo vocale limpido e di bel timbro, sicuro nell’enfasi e nello slancio, nello squillo e nella tenuta del suono. Il tenore canta bene, affianca alla morbidezza della linea di canto, la scorrevolezza dell’emissione e la giusta scansione della parola, anche nel canto sillabato (“E’ scherzo od è follia”). Bravo cantante e bravo interprete con accento intenso e scandito, padronanza del canto sfumato e della parola scenica, è il baritono Marco Di Felice (Renato in divisa militare), corretto esecutore del dettato verdiano, anche se il peso vocale si alleggerisce nei gravi. Prova a fasi alterne quella del soprano ucraino Viktoria Chenska nel ruolo di Amelia nella serata d’apertura, a causa di un modesto spessore vocale e di una dizione poco chiara. Il colore è bello, buono è il modo di porgere compresa la messa di voce, luminosi e penetranti gli acuti, intensa l’interpretazione, lei è anche bella, ma non soddisfa appieno in questo ruolo. Agile e scintillante l’Oscar di Gladys Rossi, melodiosa nella zona acuta. Impressiona l’intensa interpretazione del mezzosoprano drammatico Elisabetta Fiorillo, sostenuta da una voce screziata e di notevole peso, anche se poco ferma e poco omogenea nei vari registri. La voce è importante, con acuti luminosi e taglienti, sensibili filati, gravi possenti ma un po’ aperti. Raoul D’Eramo (giudice) è un tenore leggerino. Buona la voce del baritono Alessandro Battiato nel ruolo del marinaio Silvano. Completano il cast Dario Russo (Tom), Antonio Barbagallo (Samuel), Enrico Cossutta (un servo d'Amelia).

Giosetta Guerra

Storia e curiosità

La prima di Un Ballo in Maschera ebbe luogo il 17 febbraio 1859 al Teatro Apollo di Roma, teatro costruito nel 1795 sulla Torre di Nona, antica prigione, distrutto nel 1925 in seguito alla costruzione dei muraglioni del Tevere e rimpiazzato con una fontana a ricordo del teatro.

Il tenore Mario Tiberini interpretò il ruolo di Riccardo dal 1862 l 1871 a Napoli, Roma, Firenze, Milano, Madrid.

Il 4 gennaio 1864 i coniugi Tiberini furono protagonisti di Un Ballo in Maschera al Teatro Apollo di Roma. Ecco cose scrive Il Pirata due giorni dopo: “I conjugi Tiberini eseguirono le parti a loro affidateda provetti artisti, che nulla lasciano a desiderare sia dal lato musicale sia da quello drammatico. Mario Tiberini si mostrò un Riccardo giustamente applaudito alla sua Cavatina, alla Barcarola, al Duetto dell’atto II, specialmente ebbe applausi per la Romanza del III, per la toccante dolcezza con cui eseguì il Largo e la forza con cui espresse l’ultima frase “La rivedrò nell’estasi”. Mario Tiberini è uno dei pochi che possono coscienziosamente chiamarsi campione dell’arte, Angiolina fu un’Amelia fantastica, simpatica, insinuante per la voce dolce che esce dal cuore e l’espressione angelica…”.

Il 26 dicembre 1867 al Teatro alla Scala di Milano Tiberini, padrone dell’arte del canto e dello scavo psicologico del personaggio, riuscì a smuovere quella pance piene di risotto, perché ebbe momenti sublimi e soggiogò il pubblico.

Così scrive La Gazzetta Musicale di Milano il 31 dicembre 1867: Il Tiberini primeggiò fra tutti: egli creò un personaggio affatto nuovo della parte di Riccardo: fece comprendere e scoprire al pubblico bellezze fino ad ora sconosciute: questo artista nulla trascura: il minimo dettaglio, una parola, un gesto, sono per lui oggetto di uno speciale studio: dal principio alla fine dell’opera Tiberini venne fatto oggetto di continue e clamorose ovazioni. Fra i pezzi nei quali egli ci parve più notevole citeremo: la barcarola del primo atto e il seguente quintetto <È scherzo od è follia>, il duetto d’amore del secondo atto; nell’ultimo atto la romanza di Riccardo, che non si era quasi mai udita e che ci apparve una deliziosa melodia, di forme accuratissime ed eleganti, ed in fine la scena della morte nella quale il Tiberini fu grande, ispirato, straziante. Questo stupendo finale dell’opera ha suscitato il più vivo entusiasmo, sì che il pubblico chiamò ben quattro volte all’onore del proscenio tutti gli artisti.”

(Da: Giosetta Guerra - Mario Tiberini, tenore).

Rigoletto di Verdi - Sferisterio Opera Festival 2011


Foto: Alfredo Tabocchini - Sferisterio Opera Festival 2011, Macerata

Arena Sferisterio di Macerata

Rigoletto di Verdi

(23 luglio 2011, prima)

ARMONIA e COLORE nell’allestimento di Massimo Gasparon

Le roi s’amuse…et le public aussi…

nonostante l’interruzione per pioggia all’ingresso di Sparafucile.

(La recita è stata ripresa alle ore 23 con la frase di Rigoletto “Quel vecchio maledivami”.)


La semplicità può essere originale? Per me sì, perché l’idea conta più della quantità del materiale usato. Massimo Gasparon, responsabile di scene, costumi e regia per l’opera Rigoletto, ha ideato un modulo architettonico a forma di prisma a base triangolare, che, girando su se stesso, mostrava sulle sue facce laterali i tre ambienti: il Palazzo Ducale affrescato con dipinti del Tiepolo, la facciata della casa di Rigoletto con un grande portale in pietra bianca e l’interno ligneo della casa dove si trovava Gilda.


Ambientata durante il c
arnevale di Venezia, nell’opera domina il colore che tinge le forme morbide ed elaborate dei bellissimi costumi in un intreccio cromatico non discordante ma armoniosamente avvolgente. La visione d’insieme è completata dall’attenta direzione registica di Gasparon, che ha escogitato soluzioni suggestive nel disporre le masse corali, e dallo splendido disegno luci di Sergio Rossi.

La rivelazione della serata è stata il giovane direttore d’orchestra Andrea Battistoni, che a soli 24 anni ha già un nutrito curriculum e soprattutto una spiccata abilità di entrare nel cuore della partitura e di restituire, alla guida dell’Orchestra Regionale delle Marche, la leggerezza delle goliardate del Duca, l’intensità nell’enunciazione delle frasi melodiche, il tormentoso flusso sonoro della vendetta e il ricamo di note delle scene d’amore. Ma ci ha piacevolmente convinto anche il tenore Ismael Jordi, un bel giovanotto sensuale e appassionato nel ruolo del Duca di Mantova, ma anche un artista che sa cantare. Il tenore porge bene una voce chiara, inizialmente un po’ freddina (“Questa o quella”), ma poi elargita con generosità, grazie alla facilità d’emissione, alla padronanza del registro acuto e sovracuto, alla morbidezza della linea di canto, alla buona la gestione del fiato e delle mezze voci, all’estensione e al bel timbro alla Florez (aria del II atto “Ella mi fu rapita” e cabaletta “Possente amor mi chiama”).

Il baritono Giovanni Meoni (Rigoletto) ha subito esibito una vocalità solida, di bel colore e di bella pasta (“Sì, vendetta”), è stato in grado di tenere lunghi fiati ("Voi maledetti") e di piegare la voce alla morbidezza del canto ("Deh, non parlare al misero"), la linea di canto è risultata ampia e l’interpretazione intensa, tuttavia alla fine non è uscito il dramma, il baritono canta bene, ma il canto è un po’ monocorde, perché manca lo scavo psicologico. Alla pastosità del canto di Rigoletto (“Veglia, o donna, questo fiore”) risponde la freschezza di Gilda (“Quanto affetto, quali cure”), un dialogo di rara suggestione, cantato perfettamente da Meoni e dalla Rancatore.

Una scintillante e melodiosa Désirée Rancatore ha interpretato Gilda, applaudita per il brillio dei trilli e dei gorgheggi, per i suoni rotondi, la messa di voce e i fiati lunghissimi del “Caro nome”, per la capacità di filare mantenendo il suono sonoro, come nell’aria più drammatica del II atto “Tutte le feste al tempio”, per la duttilità e l’estensione acuta della voce. Il basso Alberto Rota, nel duplice ruolo di Monterone e di Sparafucile, ha esibito voce ampia e di bel colore, gravi consistenti e tenuti a lungo. Annunziata Vestri (Giovanna) ha usato bene una buona voce di mezzosoprano. Gli altri: Tiziana Carraro (Maddalena), Lucio Mauti (Marullo), Enrico Cossuta (Matteo Borsa), William Corró (Il Conte di Ceprano), Antonio Barbagallo (un usciere di corte), Silvia Giannetti (un paggio della Duchessa). Presente e attivo in tutti gli atti il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, ottimo per la scioltezza scenica e la duttilità vocale, preparato e diretto da David Crescenzi.

Giosetta Guerra

Storia e curiosità

Rigoletto debuttò al Teatro La Fenice di Venezia l’11 marzo 1851 con Teresa Brambilla (Gilda), Felice Varesi (Rigoletto) e Raffaele Mirate (Duca di Mantova).
Il Duca di Mantova fu un ruolo caro anche al tenore marchigiano Mario Tiberini che lo interpretò tra il 1855 e il 1857 nelle Antille e negli Stati Uniti e lo cantò poi a Barcellona (1859) con Angiolina Ortolani che sposò nello stesso anno, a Napoli (1861-62), a Firenze (1862), a Madrid (1868-69) “Il tenore, accattivante nei pezzi di grazia e di sentimento, nei pezzi di forza ha trovato il modo di farsi applaudire senza far spreco inutile di voce”.
(Da: Giosetta Guerra - Mario Tiberini, tenore).