sabato 28 giugno 2014

Firenze – Un addio alla grande al Teatro Comunale, sede storica di prestigiosi spettacoli.

 

L'amour des trois oranges 

di Sergej Prokof'ev,

tratta dalla fiaba di Carlo Gozzi, 

nuovo allestimento in lingua francese.

(1 giugno 2014)


 

Recensione di Giosetta Guerra

Molto movimento e tantissimi personaggi divisi in buoni e cattivi, come in ogni fiaba, giocati sull’ironia e su una comicità che non scade mai di tono. Da bravissimi attori sono tutti entrati nel gioco scenico e si sono mossi ed espressi con naturalezza e con spontaneità, arricchendo di persona il personaggio delineato dal regista, un vero lavoro d’équipe.Eccezionali i costumi per fantasmagoria dei colori, originalità delle linee, caratterizzazione delle fogge, accuratezza dei dettagli.Il cast, affiatatissimo, anche vocalmente si destreggia bene tra le maglie elaborate della partitura.

La voce più bella e più interessante è quella del basso francese Jean Teitgen (Le Roi de Trèfles); oltre ad autorevolezza vocale, ampiezza e rotondità ragguardevoli, il basso sa ammorbidire i suoni ed ha un bel modo di fraseggiare e di porgere.

Le Prince, gravemente malato d’ipocondria, è portato in scena in pigiama bianco e corona in testa su un letto bianco d’ospedale con delle aggiunte atipiche, ed è interpretato  dal tenore Jonathan Boyd; la scrittura musicale di questo ruolo non è facile, perché segue l’umore del personaggio, che non ha una linea di canto melodica  e ha qualche atonalità, pertanto il tenore si esprime inizialmente con un canto lamentoso e strascicato, a volte anche in falsetto, poi fa uscire una bella vocalità robusta ed estesa con un ottimo sostegno del fiato anche nelle frequenti progressioni acute.
Scenicamente sicura negli abiti da cavallerizza della cattiva Princesse Clarice (nipote del re con aspirazioni regali), Julia Gertseva è un mezzosoprano sonoro, incisivo ed esteso. 

Il primo ministro Léandre, suo complice nella congiura contro il re, ha la voce poco corposa ma ben gestita del basso Davide Damiani.









Pantalon, fedele confidente del re, è portato in scena con mimica e gestualità ridicolizzate da un mefistofelico Leonardo Galeazzi con barba e capelli bianchi e di rosso vestito; il baritono esibisce una bella voce ampia ed estesa e canta bene.

Il comico Trouffaldino, una sorta di Arlecchino in bianco e nero e faccia bianca, chiamato, purtroppo inutilmente, dal re per far ridere il Principe, non poteva avere miglior interprete di Loïx Félix, tenore leggero acuto contraltino, magnifico saltimbanco e cantante versatile.

Chi invece fa ridere inavvertitamente il principe è proprio colei che si presenta indesiderata e con intenti malefici alla festa organizzata da Trouffaldino, la perfida Fata Morgana, sostenitrice di Léandre; Trouffaldino la spinge per cacciarla e lei rotola a terra provocando una sonora risata del principe. In questo ruolo apprezziamo una magnifica Anna Shafajinskaia, bella donna fisicamente sexy e provocante in body nero e strascico per mostrare le sue grazie, che si muove tra le luci rosse del mistero e presta una voce lanciata di soprano drammatico ad un ruolo 

ridicolizzato.

 

Suo compagno è il mago buono Tchélio, ben presentato con voce robusta dal baritono Roberto Abbondanza con cappello e mantello nero e fuxia.Dentro la prima melarancia c’è la principessa Linette, cantata da Martina Belli mezzosoprano esteso dal suono un po’ chiuso, nella seconda c’è Nicolette, impersonata dal  soprano Antoinette Dennefeld, le due muoiono per mancanza di acqua; nella terza c’è Ninette interpretata da Diletta Rizzo Marin, soprano melodioso dai lunghi fiati.


Per la Cuisinière si è scelta la versione più fiabesca dell’orco cattivo, perché la interpreta un uomo, in più gigantesco, in più con voce di basso dai gravi un po’ sfocati, in più vestito da gallina con un grande mestolo in mano;  Kristinn Sigmundsson è favoloso in questo ruolo.

Larissa Schmidt, mezzosoprano esteso dal bel suono, è una frizzante Sméraldine nera col gonnellino di paglia; il diavolo Farfarello bardato da aviatore è il baritono Ramaz ChikviladzeLe Maître de Cérémonies è Andrea Giovannini e Le Héraut è Karl Huml.

Artem Terasenko, Yerzhan Tazhimbetov, Edoardo Ballerini, Sung-Cehn Kang, Silvano Bociai, Lukas Zeman e Dielli Hoxha, sette allievi del Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze,  e i professionisti Alessandro Calamai, Saverio Bambi e Dario Shikhmiri sono les Ridicules.
Gestualità comica anche per le masse, impersonate dal Coro del Maggio Musicale Fiorentino, di grande peso vocale e teatrale, ben preparato dal M° Lorenzo Fratini.

Ma la vera star della serata è il giovane regista sudafricano con radici anconetane Alessandro Talevi, che sfoggia idee fantasmagoriche, creatività esilarante, consapevolezza e meticolosità nel delineare un mondo fiabesco tra il grottesco e l’assurdo, pur non completamente avulso dalla realtà, di non facile rappresentazione, senza mai scadere nella volgarità e nel caricaturale. Bravissimo nel gestire e nel caratterizzare una gran massa di gente, ha idee geniali e fresche, che ci riportano al sarcasmo di Dario Fo e al movimento di Michieletto, idee che non sono mai estemporanee ma determinate da una profonda conoscenza della materia. Una regia divertente e raffinata che non si è fatta mancare niente. La lettura e l’interpretazione del regista hanno sempre una giustificazione concreta, perché scaturiscono dalla conoscenza e dalla riflessione.
Supportato dalla dotta e fiabesca scenografia di Justin Arienti, dalle appropriate fantastiche luci di Giuseppe Calabrò, che fa uso anche dell’occhio di bue e di faretti puntati dall’alto, dai meravigliosi caratteristici costumi di Manuel Pedretti, ha allestito uno spettacolo fantastico, degno di essere riproposto in altri teatri. Un vero trionfo.

L’impianto scenico è particolare: ai lati modernissime impalcature di metallo come habitat delle masse, al centro il boccascena di un teatrino baroccheggiante che s’illumina a tratti nei contorni e che apre e chiude il sipario, come si faceva nella commedia dell’arte, per il cambio dell’azione, del fondale e della scena, 

carte geografiche prima dell’Europa poi del continente americano proiettate sul fondo; colpi di scena per l’ingresso dei due maghi (nel buio a destra e a sinistra del teatrino 
all’improvviso s’illuminano tra fumi sinistri due porte da cui escono due scale per la discesa in campo della magia, accompagnata da musica pesante e guizzi e strappi in orchestra; riferimento ai cartoni animati per i mascheroni vestiti da oggetti da cucina e 
la terribile cuoca trasformata in gallina, 

ma la scena più esilarante è quella del viaggio dall’Europa all’America mimato dal Principe, Truffaldino e Farfarello alla ricerca delle tre melarance, di cui il principe si è innamorato su maledizione di Fata Morgana, mentre un aereo biplano evidenziato dall’occhio di bue percorre la sua rotta sul fondale (una scena da “Piccolo Principe”, veramente geniale) tra le nuvole portate di corsa da figuranti attraverso il palcoscenico come nelle comiche. Le tre melarance poi sono bellissime, filigranate, trasparenti, illuminate, più uova di Pasqua che arance, ed è giusto perché all’interno c’è la sorpresa. 

La scena più shoccante che ci ha fatto esclamare “OOOOOOHHH” è il ritorno all’aspetto umano di Ninette, che la maga aveva trasformato in topo per sostituirla con Smeraldine che sarebbe andata in sposa al Principe riluttane: al momento delle nozze un’enorme inquietante coda di topo esce dal sipario del teatrino, il mago l’afferra, la tira e cade il sipario lasciando apparire la vera principessa in un biancore scintillante (un vrai coup de théâtre).
Assistente regista Silvia Paoli.
La musica fortemente descrittiva delle situazioni, e quindi brillante, tronfia, guizzante, dissonante, ironica, greve, sospesa, irruente, cadenzata, delicata, ritmata, di difficile esecuzione per i tempi che il “pianista” Prokof'ev ha conferito alla partitura orchestrale, è eseguita con precisione e vigore dall’Orchestra del Teatro Comunale di Firenze, diretta dallo slovacco Juraj Valčuha, esaltando e completando la godibilità dell’aspetto visivo dell’opera. Ne esce uno spettacolo veramente bellissimo, che vorrei rivedere.
Un grande successo.















sabato 7 giugno 2014

Modena, Teatro Comunale “LES PÊCHEURS DE PERLES”



Modena, Teatro Comunale Luciano Pavarotti

 “LES PÊCHEURS DE PERLES”

Opéra-lyrique in tre atti. Libretto di Eugène Cormon e Michel Carré.

Musica di Georges Bizet

 



13 aprile 2014

Servizio di Giosetta Guerra


Opéra ballet visivamente suggestiva

 
Léïla è interpretata da Nino Machaidze, soprano di coloratura dal corpo vocale di bel colore e spessore consistente usato con leggerezza, suoni belli ma poco articolati nella parola, per cui la dizione è incomprensibile, incisive le puntature acute nel canto di furia;  nell’aria “Comme autrefois” con arcate dei violoncelli, nonostante la messa di voce, i filati e il buon uso del fiato, non restituisce la soavità dell’aria, brava nei gorgheggi.
 
Nadir è Jesús León, tenore chiaro con voce aspra, estesa verso l’alto e povera nei gravi, vocalità un po’ stirata, che si ammorbidisce nella famosa aria “Je crois entendre encore”, aria dolcissima, soavissima, cantata benissimo sul fiato con finale lunghissimo sfumato.
Nel duetto col soprano “Ton coeur n’a pas compris le mien” introdotta da un assolo di clarino, lui ha buon accento, lei è più manierata e con una linea di canto un po’ strana, fatta di canto sottovoce e non a mezza voce, seguito da slanci staccati, più che l’intensità del canto nel loro duetto c’è il ricamo del clarinetto, l’orchestra è attraversata dall’ondata del peccato dopo il disvelamento di lei.
Il baritono Vincenzo Taormina (Zurga)  ha voce ampia, buone sonorità centrali e corrette progressioni acute perché canta sul fiato,  sostiene bene i suoni, ma pronuncia "i" le "e" e accentua i finali.
 
Nourabad  è Luca Dall’Amico, basso di bel timbro, bei suoni gravi, rotondità e consistenza del suono.
Il Coro del Teatro Regio di Parma, diretto dal bravissimo Maestro Martino Faggiani, è quasi sempre presente in scena e fuori scena, intensamente coinvolto canta molto bene, esprime una coralità vasta e coinvolgente, che si addolcisce nel canto sospeso a mezza voce.
L’ Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna è diretta da Patrick Fournillier: morbidezza degli archi nell’Ouverture, musica sospesa e dilatata con qualche esplosione, strumenti solisti spesso scoperti, orchestrazione a tratti pesante ed elaborata.
La lentezza dei movimenti asseconda la dilatazione della musica.

 
Il sipario si apre su un magnifico paesaggio con dune azzurre e corpi seminudi distesi, luccichii di cristalli di sabbia sul pavimento, suggestivi quadri d’insieme con luci pastello che cambiano colore, scena piuttosto generica con poche variazioni: una grande testa che rappresenta il tempio in rovina dove lei è prigioniera, un cielo nero punteggiato di stelle, un albero al posto della statua di Brahma. 

 
Nude look per il corpo di danza, piuttosto agitato, costumi chiari per il coro, esotici nella foggia, nelle stoffe e nel colore per tutti.   Molto colore ed effetto cromatico fantastico. Veli, colori, movenze e disposizione delle masse ci ricordano Pier Luigi Pizzi.




Regia di Fabio Sparvoli, scene di Giorgio Ricchelli, luci di Jacopo Pantani, costumi di Alessandra Torella, coreografie di Annarita Pasculli.

 
Foto Rolando Paolo Guerzoni – Teatro Comunale di Modena

venerdì 6 giugno 2014

San Lorenzo in C. Teatro Tiberini Concerto lirico corale



Teatro Tiberini San Lorenzo in Campo (PU)

CONCERTO LIRICO CORALE


25 maggio 2014

Servizio di Giosetta Guerra


Ovazioni ed entusiasmo hanno accompagnato il Concerto lirico corale che si è tenuto nel pomeriggio del 25 maggio 2014 al Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU) per il 180° anniversario della nascita del soprano Angiolina Ortolani, moglie del tenore Mario Tiberini, nata a Bergamo il 10 maggio 1834. Di lei la presidente dell’Associazione Musicale ha fatto una breve presentazione umana ed artistica col supporto di proiezioni. Il concerto, organizzato in collaborazione con gli Amici della Lirica “Franco Corelli” di Ancona, rientra nel progetto “Turismo musicale”, iniziato qualche anno fa dall’Associazione Musicale Mario Tiberini, progetto che associa musica, arte, storia, enogastronomia, per portare anche nei piccoli centri dotati di teatro i “girandoloni della musica” (quelli che viaggiano di più e a tutte le età) e dar loro una visione completa ed una fruizione piacevole dell’entroterra marchigiano.
Un nutrito numero di amici anconetani ha passato un’intera giornata a San Lorenzo in Campo: prima del concerto ha visitato la magnifica Basilica benedettina, lo storico Teatro Tiberini, il museo archeologico, il museo delle terre marchigiane e ha degustato i prodotti locali al Ristorante Giardino. Anche gli artisti venivano dall’Anconetano ed hanno presentato un programma ricco e gioioso.
Protagonisti la Corale Federico Marini di Ancona diretta dal M° Luigi Marinelli e una coppia di artisti uniti nella vita e nell’arte come lo furono Angiolina Ortolani e Mario Tiberini, che, dopo il matrimonio avvenuto in Spagna a Barcellona nel 1859, calcarono insieme i più importanti teatri del mondo.  Si tratta del soprano Francesca Carli e del tenore Enrico Giovagnoli, che varie volte abbiamo visto in TV ed hanno rappresentato le Marche nel mondo. Una curiosità che lascia interdetti: Enrico Giovagnoli è il sosia perfetto di Mario Tiberini, pur non avendo con lui alcun vincolo di parentela e anche il suo repertorio ha delle affinità con quello del Tiberini.
La coppia di artisti e la Corale, accompagnati pianoforte dalla giovanissima e brava Silvia Ercolani, hanno cantato note pagine di Rossini, Donizetti, Verdi, Puccini e due arie di rara esecuzione per riportare in palcoscenico i coniugi Tiberini, la scintillante aria per soprano il “Bacio” di Luigi Arditi, cavallo di battaglia di Angiolina nelle sue Beneficiate e un’intensa “Salve Regina” per tenore composta da Mario Tiberini, preghiera che Enrico Giovagnoli aveva già cantato in prima assoluta mondiale nel 2011 al Teatro della Regina di Cattolica quando l’Associazione Musicale Tiberini gli ha conferito il Premio Tiberini d’argento per la categoria “giovani artisti in carriera”. Alla coppia, unita nella vita e nell’arte come la famosa coppia del passato, è stata donata una targa ricordo. 
 
L’affiatamento dei due artisti è emerso in modo particolare nei duetti de L’Elisir d’amore,  con una vocalità appropriata per i ruoli, leggera e scintillante per Adina, appassionata e baldanzosa per Nemorino, la Carli e Giovagnoli hanno interpretato anche scenicamente le scaramucce dei due giovani innamorati, col supporto vocale del coro (Bel conforto al mietitore” per tenore e coro, “Quant’è bella quanto è cara  per tenore e coro,Della crudele Isotta” per soprano e coro, “Lallaralla la la la – Esulti pur la barbara” - duetto soprano e tenore).  
Il bel timbro tenorile e il suggestivo modo di porgere del Giovagnoli hanno  restituito la tinta pucciniana con l’aria di Rodolfo  Che gelida manina da La Bohème, potenza vocale e intensità d’accento hanno caratterizzato l’interpretazione della  Salve Regina di Mario Tiberini.




  
Con voce pulita e luminosa in tessitura acuta, la Carli ha percorso la scoppiettante scrittura de Il bacio di Arditi, l’intensa linea melodica de “La Vergine degli angeli”  da La forza del destino  di Verdi,  l’eterea aria di NannettaSul fil d'un soffio etesio da Falstaff  di Verdi.
La Corale Marini sì è espressa con proprietà ne “Gli arredi festivi” e Va pensiero” da Nabucco  di Verdi e nella “Barcarola”  da I racconti di Hoffmann  di Offenbach.
Poi tanti bis e il noto “Brindisi” della Traviata sotto una pioggia colorata di petali di rosa. 



 


Introduzione di Andrea Gioacchini e di Giosetta Guerra, che ha fatto anche una breve presentazione con proiezioni della vita e della carriera di Angiolina Ortolani.