lunedì 30 aprile 2012

Fano - Teatro della Fortuna

(4 aprile 2012)

LE QUATTRO STAGIONI  con la Spellbound Dance Company


70 minuti di ginnastica serrata in un ambiente tetro ed incolore

Di Giosetta Guerra

L’aver scritto sul programma “Musiche di Antonio Vivaldi” ha tratto in inganno lo spettatore che si aspettava di ascoltare della buona musica, anche se registrata, arricchita sul versante visivo da coreografie classiche.
Invece di Vivaldi si è sentito a sprazzi solo l’inizio della Primavera, il resto erano cinguettii di uccelli, rumori e suoni mixati da Luca Salvadori e le coreografie di Mauro Astolfi erano una convulsione di movimenti, ottimi per la tonicità muscolare. Il corpo di ballo della Spellbound Dance Company, formato di sei donne e tre uomini, era certamente ben allenato e resistente. I movimenti, a volte compulsivi e a volte morbidi, le contorsioni dei corpi, le fibrillazioni a terra, gli slanci verso l’alto, le figure intrecciate e le movenze plastiche lasciavano intravedere corpi agili, sinuosi, snodati e con grande senso del tempo e dell’equilibrio, ma la coreografia è risultata ripetitiva e noiosa, più intensa e captante sul finale. La danza, ovviamente, non era sulle punte, anche se la conformazione del collo del piede delle danzatrici e le spaccate  lasciavano percepire una preparazione classica. Forse nell’idea del regista Enzo Aronica c’era anche una trama, ma molti di noi non l’hanno capita. O forse il filo conduttore era proprio il succedersi delle quattro stagioni, ma non sono state le coreografie a farcelo capire, bensì, dopo un po’,  le proiezioni in bianco e nero di fiori, foglie, pioggia, neve e altre figure indefinibili sulle pareti di una casetta cubica, continuamente mossa e girata anche sotto sopra dai danzatori e portata in primo piano dal bel disegno luci di Marco Policastro, che ne ha colorato l’interno lasciando i ballerini in una penombra attraversata da fiochi fasci di luce bianca proveniente dall’alto. Originale l’immagine della figura femminile proiettata all’interno della casa, che incuriosisce ed attrae come un sogno irrangiungibile maschi e femmine della compagnia. I costumi erano casual (magliette e pantaloni o gonne corte) e i piedi senza scarpe.
La casetta multiuso mi ha riportato alla mente un allestimento di Wozzeck di Alban Berg al Teatro Comunale di Bologna con le scene di Wolfgang Gussman.

mercoledì 25 aprile 2012

Carmina Burana

Fano Teatro della Fortuna

CARMINA BURANA
Cantata scenica di Carl Orff

(20 aprile 2012)


Di Giosetta Guerra
Viene annunciata la  sostituzione di Bruno Praticò indisposto con Roberto De Candia e noi, memori della sua ottima prestazione nella recente Traviata fanese, non ci sentiamo defraudati. Il baritono infatti ha elargito con declamazione stentorea, fraseggio legato, suoni sostenuti, dovizia di sfumature la sua grande voce che spinge agevolmente verso il registro acuto fino al comico falsetto, affonda con pienezza del suono nelle note gravi, piega con naturalezza nel canto morbido e a mezza voce.
Brava per tecnica vocale e per grazia interpretativa anche il soprano Anna Skibinsky, che ha suoni tondi e morbidi nei centri, cristallini e lucenti nella tessitura acuta e sovracuta, un’incredibile tenuta del fiato ed un bel modo di porgere anche con l’uso della messa di voce.
Purtroppo, trovandomi appollaiata in un palco lateralissimo sopra l’orchestra, ho ascoltato le voci da dietro e non ho potuto verificarne la proiezione.
Invece ho sentito benissimo quella del tenore che, essendo dalla parte opposta, ha cantato girato verso il direttore e la voce mi è arrivata forte e chiara; sono rimasta impressionata dalla sicurezza e dalla pulizia del suono in quelle frasi mostruosamente acute, dalla facilità di cantare in voce e non in falsetto quelle note alte fino all’inverosimile, dalla bellezza del timbro vocale del tenore Gian Luca Pasolini, nell’intensa seppur breve parte del pollo, introdotta dal suono sornione del fagotto.
Nei Carmina Burana, comunque, sono le masse orchestrali e corali che hanno il predominio e vedere centosessantotto artisti sul palco del Teatro della Fortuna non è cosa di tutti i giorni (63 orchestrali, 79 coristi, 22 voci bianche, 3 cantanti, 1 direttore).
La mia posizione strategica mi ha permesso di osservare attentamente i musicisti, di cogliere i colori degli strumenti negli interventi solistici, dallo squillo argentino dell’ottavino alla voce flautata (appunto) del flauto, dal suono trionfale delle trombe alla violenza delle percussioni, dall’accompagnamento ritmico del fagotto al nervosismo e alla dolcezza (secondo i momenti) degli archi, la sincronia dei movimenti e la compattezza del suono dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini, che risponde al gesto sicuro e consapevole dal M° Roberto Parmeggiani sia nelle pagine di largo respiro sia in quelle caratterizzate da un’insistenza ritmica quasi ossessiva.
Certo il mio orecchio sinistro è uscito alquanto bistrattato, mentre il destro si è riposato.
La varietà delle soluzioni timbriche, gli accenti ora lirici ora grotteschi ora popolareschi ora raffinati e colti  richiederebbero un coro più coeso e più preciso negli attacchi, tuttavia il Coro M. Agostini (con l'aggiunta di elementi del Coro Bellini e diretto dal M° Lorenzo Bizzarri) ha restituito l’immediatezza comunicativa del linguaggio plurilinguistico dei Carmina.
Pur non avendo un’impostazione in maschera, il Coro di voci bianche e giovanili “Associazione in canto”, preparato dal M° Francesco Santini, ha cantato in modo corretto.

lunedì 2 aprile 2012



Fano Teatro della Fortuna

Una Traviata corretta e composta
(martedì 20 marzo 2012, prima)

di Giosetta Guerra

La Traviata è un’opera che riempie i teatri e così è stato anche a Fano.
I tre ruoli protagonisti sono stati ricoperti con correttezza formale dal soprano Eva Mei, dal tenore Antonino Siragusa e dal baritono Roberto de Candia.
Eva Mei, soprano leggero di coloratura, canta con molta grazia unendo doti tecniche e presenza scenica. Nel primo atto trasmette la leggerezza e i turbamenti di Violetta con agilità vocale, progressioni e acuti luminosi, accento incisivo, attacchi morbidi, messa di voce, bei filati rinforzati, finali tenuti, esprime meno le frivolezze della demi-mondaine. È struggente nel secondo atto, dove delinea una figura ricca di pathos e con delicatissime mezze voci realizza la vraie poésie, suggerita a Verdi da Manzoni. Nel terzo sostiene le frasi liriche col canto sfumato, pianissimi, acuti filati.
Antonino Siragusa debutta il ruolo di Alfredo con voce sicura, sostegno del fiato, acuti tenuti e dizione chiara, il timbro piuttosto aspro si addolcisce nelle scene di maggior intimità, diventa tagliente e pieno di fuoco nella scena del pagamento, ma è un Alfredo un po’ freddo e io lo vedo meglio come belcantista rossiniano.
Roberto de Candia entra con proprietà vocale e scenica dei panni di Giorgio Germont, latore della morale borghese che si contrappone con maggior forza a Violetta. La voce, importante per ampiezza, estensione, potenza, di bel colore pastoso, sonora anche nel fil di voce, è sempre gestita sul fiato, il modo di porgere è morbido e nobile, l’ accento è deciso, gli acuti possenti.
Evgeniya Rakova (Flora) ha un buon timbro ed è una bella ragazza.
Tra le figure di contorno, per lo più modeste, (Gilberto Mulargia Gastone, Giacomo Medici Barone Douphol, Roberto Gentili Marchese d’Obigny, Massimo Salucci Giuseppe, Timothy Jon Sarris Domestico di Flora, Ignazio Pucci Commissionario), emerge la voce timbrata di Daniele Girometti nella parte del dottore, che ha solo un paio di battute. Discreta Julija Samsonova (Annina).
La funzione simbolico-espressiva dell’orchestra è in parte realizzata dalla lettura del M° Roberto Parmeggiani alla guida dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini, ispirata nei temi d’amore dell’Ouverture, prorompente nel ritmo delle feste, pompata nel primo atto, più attenta alle voci negli altri due, sommessa e dolente alla rinuncia di Violetta, incalzante col crescere dell’emozione di “Amami Alfredo”, (scena di grande presa emotiva, in cui tutto sembra fermarsi in un’atmosfera sospesa, cullata dall’orchestra e dall’accompagnamento cadenzato del trombone), il pianto dei violini in apertura dell’ultimo atto e gli accordi funebri per il duetto finale restituiscono il clima della tragedia.
Il Coro Teatro della Fortuna "M. Agostini" preparato da Lorenzo Bizzarri esibisce pienezza vocale.
Le scene tradizionali con cambi di fondale, due palchetti laterali con spettatori e un grosso tavolo nero al centro sono di Nicola Visibelli, le luci morbide di Angelo Ticchiati sono gestite da Mirca Rosciani.
Belli i costumi di Micol Joanka Medda e Caterina Bottai, che riservano abiti sgargianti e un po’ pacchiani alle zingarelle e chissà perché vestono Violetta quasi sempre di chiaro (solo nel finale le mettono una vestaglia rossa come il cuscino a terra sul quale è distesa).
La regia di Beppe De Tomasi, ripresa da Renato Bonajuto, è piuttosto piatta e tutto lo spettacolo, seppur corretto, manca di scavo psicologico e di spessore drammatico e tra i due amanti non scatta la passione.

Postilla storica:
Due tenori marchigiani hanno egregiamente interpretato il ruolo di Alfredo: Mario Tiberini nell’800 e Beniamino Gigli nel 900.

cast de La Traviata
foto Amati Bacciardi