martedì 9 agosto 2011

Un Ballo in Maschera di Verdi - Sferisterio Opera Festival 2011, Macerata





Sferisterio Opera Festival 2011/ Foto di Alfredo Taboccini

SFERISTERIO OPERA FESTIVAL 2011

Servizio di Giosetta Guerra

Un Ballo in Maschera - Pier Luigi Pizzi: MAGIA

Rigoletto - Massimo Gasparon: ARMONIA e COLORE

Così fan tutte - Pier Luigi Pizzi: LUCE


Arena Sferisterio di Macerata

Un Ballo in Maschera di Verdi

(22 luglio 2011, prima)

La MAGIA di Pier Luigi Pizzi

Bella prova di Stefano Secco, un eroico ed appassionato Riccardo

Una pedana centrale e due tribunette laterali per accogliere persone di ogni tipo (militari in grigio, civili in bianco che leggono il giornale) e arredi cambiati a vista, in primo piano due operatori video che proiettano sul muro la bandiera a stelle e strisce in triplice copia per l’ambientazione americana e le immagini ingrandite dei protagonisti (utilissime per cogliere l’espressione dei volti, anche se un po’ distraenti). Il conte Riccardo in divisa militare giunge su una decapotabile americana rossa, tipo Cadillac, e fa la sua bella figura grazie alla voce del tenore Stefano Secco. Di rosso sono vestiti Oscar al femminile e le due vallette che distribuiscono inviti al ballo. L’aspetto esoterico è rappresentato da una prosperosa maga negra in fuxia coi riccioli neri davanti ad una sfera di cristallo e ad una audience seduta, attenta e colorata, avvolta da una luce rossa.

Sul palcoscenico nudo dello Sferisterio nel secondo atto esplode la magia: fumi dai colori sinistri si espandono e invadono anche la platea, nebbie tagliate dalle torce dei poliziotti e dai fari delle motociclette avvolgono l’orrido campo dei drogati, dove Amelia velata si inoltra alla ricerca dell’erba magica e s’imbatte in scene raccapriccianti. Geniale l’idea di completare il quadretto familiare del terzo atto mettendo dentro la culla un bambino piccolissimo, vero, che, fino a tarda sera, in piedi, seduto, disteso, appoggiato alle sponde, si è mosso continuamente e batteva perfino il tempo; per finire con la scena del ballo intinta dai colori dei ballerini e delle majorettes, dai bagliori argentei dei mantelli degli invitati, dallo splendido abito bianco con strass e strascico di Amelia, ma l’occhio cade su un’agghiacciante figura, avvolta da un mantello argenteo con la faccia della morte sotto il cappuccio, accovacciata e immobile accanto a Riccardo morente (si muove solo quando lui spira).

Pier Luigi Pizzi (Tiberini d’oro 1999), nella triplice veste di scenografo, regista e costumista, assecondato dal fantastico disegno luci di Sergio Rossi, fa convivere l’elemento macabro accanto all’elemento frivolo e brillante con una cura certosina dei dettagli. Convivenza presente anche nella musica di Un Ballo in Maschera di Verdi, connotato come l’opera degli “opposti”. Il Maestro concertatore e direttore Daniele Callegari, molto coinvolto sul podio dell’Orchestra Regionale delle Marche, ha condotto i tempi musicali in sintonia col dramma, ha fatto emergere dal tessuto quasi sinfonico della raffinata orchestrazione verdiana le dinamiche che guidano le attese, le passioni, le emozioni, l’alternarsi di luci e ombre, la commistione di elementi tragici, romantici e di gaia leggerezza. Bravi. Bravo anche il Coro Lirico Marchigiano “Bellini” (Tiberini d’oro 2001), (particolarmente pastosa e sonora la sezione maschile), preparato e diretto da David Crescenzi.

Stefano Secco, in splendida forma, esibisce un mezzo vocale limpido e di bel timbro, sicuro nell’enfasi e nello slancio, nello squillo e nella tenuta del suono. Il tenore canta bene, affianca alla morbidezza della linea di canto, la scorrevolezza dell’emissione e la giusta scansione della parola, anche nel canto sillabato (“E’ scherzo od è follia”). Bravo cantante e bravo interprete con accento intenso e scandito, padronanza del canto sfumato e della parola scenica, è il baritono Marco Di Felice (Renato in divisa militare), corretto esecutore del dettato verdiano, anche se il peso vocale si alleggerisce nei gravi. Prova a fasi alterne quella del soprano ucraino Viktoria Chenska nel ruolo di Amelia nella serata d’apertura, a causa di un modesto spessore vocale e di una dizione poco chiara. Il colore è bello, buono è il modo di porgere compresa la messa di voce, luminosi e penetranti gli acuti, intensa l’interpretazione, lei è anche bella, ma non soddisfa appieno in questo ruolo. Agile e scintillante l’Oscar di Gladys Rossi, melodiosa nella zona acuta. Impressiona l’intensa interpretazione del mezzosoprano drammatico Elisabetta Fiorillo, sostenuta da una voce screziata e di notevole peso, anche se poco ferma e poco omogenea nei vari registri. La voce è importante, con acuti luminosi e taglienti, sensibili filati, gravi possenti ma un po’ aperti. Raoul D’Eramo (giudice) è un tenore leggerino. Buona la voce del baritono Alessandro Battiato nel ruolo del marinaio Silvano. Completano il cast Dario Russo (Tom), Antonio Barbagallo (Samuel), Enrico Cossutta (un servo d'Amelia).

Giosetta Guerra

Storia e curiosità

La prima di Un Ballo in Maschera ebbe luogo il 17 febbraio 1859 al Teatro Apollo di Roma, teatro costruito nel 1795 sulla Torre di Nona, antica prigione, distrutto nel 1925 in seguito alla costruzione dei muraglioni del Tevere e rimpiazzato con una fontana a ricordo del teatro.

Il tenore Mario Tiberini interpretò il ruolo di Riccardo dal 1862 l 1871 a Napoli, Roma, Firenze, Milano, Madrid.

Il 4 gennaio 1864 i coniugi Tiberini furono protagonisti di Un Ballo in Maschera al Teatro Apollo di Roma. Ecco cose scrive Il Pirata due giorni dopo: “I conjugi Tiberini eseguirono le parti a loro affidateda provetti artisti, che nulla lasciano a desiderare sia dal lato musicale sia da quello drammatico. Mario Tiberini si mostrò un Riccardo giustamente applaudito alla sua Cavatina, alla Barcarola, al Duetto dell’atto II, specialmente ebbe applausi per la Romanza del III, per la toccante dolcezza con cui eseguì il Largo e la forza con cui espresse l’ultima frase “La rivedrò nell’estasi”. Mario Tiberini è uno dei pochi che possono coscienziosamente chiamarsi campione dell’arte, Angiolina fu un’Amelia fantastica, simpatica, insinuante per la voce dolce che esce dal cuore e l’espressione angelica…”.

Il 26 dicembre 1867 al Teatro alla Scala di Milano Tiberini, padrone dell’arte del canto e dello scavo psicologico del personaggio, riuscì a smuovere quella pance piene di risotto, perché ebbe momenti sublimi e soggiogò il pubblico.

Così scrive La Gazzetta Musicale di Milano il 31 dicembre 1867: Il Tiberini primeggiò fra tutti: egli creò un personaggio affatto nuovo della parte di Riccardo: fece comprendere e scoprire al pubblico bellezze fino ad ora sconosciute: questo artista nulla trascura: il minimo dettaglio, una parola, un gesto, sono per lui oggetto di uno speciale studio: dal principio alla fine dell’opera Tiberini venne fatto oggetto di continue e clamorose ovazioni. Fra i pezzi nei quali egli ci parve più notevole citeremo: la barcarola del primo atto e il seguente quintetto <È scherzo od è follia>, il duetto d’amore del secondo atto; nell’ultimo atto la romanza di Riccardo, che non si era quasi mai udita e che ci apparve una deliziosa melodia, di forme accuratissime ed eleganti, ed in fine la scena della morte nella quale il Tiberini fu grande, ispirato, straziante. Questo stupendo finale dell’opera ha suscitato il più vivo entusiasmo, sì che il pubblico chiamò ben quattro volte all’onore del proscenio tutti gli artisti.”

(Da: Giosetta Guerra - Mario Tiberini, tenore).

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