martedì 25 agosto 2015

ROF 2015 Recital di Chiara Amarù

ROF 2015

Pesaro Auditorium Pedrotti

CONCERTO DI CHIARA AMARU’, 

UN GIOVANE MEZZOSOPRANO 

DI INOSSIDABILE CLASSE E DI RARA SIMPATIA


16 agosto 2015

 a cura di Stefano Gottin 

Il primo dei tre “Concerti di belcanto” del ROF 2015 ha visto esibirsi il mezzosoprano Chiara Amarù, palermitana, classe 1984, appena premiata col “Tiberini d’argento” e non nuova al pubblico del Festival avendo partecipato nel 2011 e nel 2012, in ruoli minori, al Mosè in Egitto (Amenofi), a Il signor Bruschino (Marianna) e a Tancredi (Isaura), per poi accedere, nel 2013 e nel 2014, a due titoli rossiniani fondamentali, appartenenti rispettivamente al genere serio (La donna del lago, come Malcom, in forma di concerto) e al genere comico (Il barbiere di Siviglia, come Rosina, in forma semiscenica). Nei due ultimi casi, la prestazione della giovane artista era stata di notevole interesse e valore: di qui l’attesa per il concerto del 16 agosto in chi, come chi scrive, aveva avuto modo di ascoltarla in precedenza con grande ammirazione.
Accompagnata al pianoforte dall’eccellentissima e assai riservata Carmen Santoro (il cui curriculum è da far tremare le vene ai polsi…), la Amarù ha suddiviso il programma in due sezioni: la prima dedicata ai francesi con tre liriche di Jules Massenet (Nuit d’Espagne, Chanson andalouse e Sevillana), l’aria “Connais-tu le pays” dalla Mignon di Thomas e quella di Urbain da Les Huguenots di Meyerbeer, “Non, non, non, vous n’avais jamais”.















La seconda parte (affrontata senza soluzione di continuità rispetto alla prima) prevedeva “Cruda sorte” da L’Italiana in Algeri, L’Invito dalle Soirées Musicales, il recitativo e cavatina di Malcom, “Mura felici…Elena, o tu che chiamo” da La donna del lago, per poi chiudere il programma ufficiale con la Canzonetta Spagnuola sempre dalle Soirées Musicales.
Diciamo subito che un successo quasi trionfale, e meritatissimo, ha salutato la nostra cantante, che ha ripagato il pubblico con i bis da Cenerentola (“Nacqui all’affanno”) e di Xavier Montsalvatge una delle cinco canciones negras.
Ora, proprio perché la Amarù mostra d’essere un elemento eccezionale, è opportuno esprimere le valutazioni che seguono collocandola nel parterre degli artisti di prima fascia e, quindi, in una prospettiva che, se non storica, deve essere almeno di medio periodo, ciò che porta a dire che oggi, tra i mezzosoprani della sua generazione, la Amarù non conosce rivali finendo per dare dei punti a numerose colleghe di più lungo corso; inoltre, anche raffrontandola a illustri colleghe del passato, ella non sfigura affatto, al punto che, nell’ascoltarla, non è dato evocare le grandi del passato per bocciare il presente: in effetti, questa capacità di Chiara Amarù di “farsi ascoltare” senza che venga la tentazione di pensare ai “mostri sacri” del passato, costituisce una dote precipua dell’artista palermitana.
La sua voce, innanzi tutto, è di grana preziosa e diversificata nella timbrica, che trasmoda dal bel colore caldo, ombreggiato e naturale del registro grave e delle prime note centrali a una tinta più chiara e luminosa a mano che si sale nel pentagramma. I passaggi di registro sono gestiti con abilità, la tecnica è solida sicché la voce è omogenea e gli acuti, anche estremi, sono sempre ben timbrati, luminosi e mai “stretti”. La coloratura è sempre nitida, facile e ben sgranata (vedi il rondò della Cenerentola), ma forse appare troppo “accennata” e leggera nella cabaletta di Malcom, che abbisogna a mio avviso della cosiddetta agilità “di forza”. Il porgere e il fraseggio sono fantasiosi e spontanei, eccellente il legato (vedi l’aria di Mignon), solida è la musicalità, simpaticissima la mimica, appropriata la gestualità che valorizza una presenza scenica più adatta ai ruoli comico-brillanti piuttosto che a quelli aulici e coturnati.
Insomma, la giovane artista ha spontaneità, classe e talento e, in tale logica, mostra una singolare intelligenza di impostazione vocale nell’esecuzione dell’aria da L’Italiana in Algeri, composta per la Marcolini, la quale, diversamente dalla Amarù, era un vero contralto [a mio avviso, una cantante che si trovi ad affrontare un rompicapo vocale del genere, potrà sbrogliare la matassa ascoltando come Teresa Berganza, che era un mezzosoprano leggero, abbia affrontato l’Isabella de L’Italiana in Algeri in una edizione Rai del 1957 (stavo per dire “antica”, ma eviterò, visto che sono nato proprio in quell’anno…)].
Chiara Amarù (ella stessa me l’ha riferito) ama moltissimo La donna del lago e quindi - devo ritenere - il personaggio en travesti di Malcom (vedi sopra) nonché, per coerenza estetica, anche gli altri ruoli rossiniani della specie. Ed è anche normale che la giovane artista ambisca a dimostrare – riuscendoci - di essere in grado di affrontare sia i ruoli comici sia quelli seri.
Tuttavia, ad avviso di chi scrive, a un certo punto (forse molto presto) la Amarù dovrà operare una “scelta di campo”, decidendo se lasciare (quantomeno per ora) i ruoli contraltili rossiniani che tanto le piacciono, oppure se trasformarsi “affondando” la voce verso le tonalità più gravi e “cercando” un suono e un colore che non sono esattamente i suoi naturali (in questo caso una buona soluzione potrebbe essere cercata studiando la vocalità di quella grande artista che è stata Martine Dupuy). Tuttavia, vedendo gli impegni che ha in agenda, non mi sembra che la Amarù intenda procedere in tal senso, il che mi pare cosa saggia.
Infatti, la fisionomia vocale, fisica e, riterrei, anche psicologica della nostra ottima artista rendono quest’ultima ideale per il Rossini comico, per i ruoli en travesti mozartiani, indubbiamente meno eroici e più lirici (infatti ha già interpretato Idamante nell’Idomeneo), e, più in generale, per il repertorio barocco. Chiara Amarù ha, inoltre, le carte in regola per affrontare da par suo il repertorio francese e soprattutto la Leonore de La Favorite di Donizetti, la Giovanna Seymour dell’Anna Bolena (speravo, in cuor mio, che tra i bis proponesse il Brindisi di Maffio Orsini dalla donizettiana Lucrezia Borgia…) e fors’anche la Fidès de Le prophète di Meyerbeer. Sarei anche curioso di sentire come la Amarù potrebbe risolvere vocalmente la Cendrillon dell’omonima opera di Massenet o, dello stesso autore, la Dulcinée del Don Quichotte.
Al di là di queste considerazioni, mi sembra probabile che Chiara Amarù possa aprire una nuova stagione nel repertorio rossiniano e nel belcanto mezzosopranile in generale, ponendosi– mutatis mutandis – sul solco delle star che l’hanno preceduta. Complimenti davvero!
                                                                                                                                                   


Nessun commento:

Posta un commento