L’ulivo ultramillenario di Casavecchia.
Di Giosetta Guerra




L’allestimento scenico di Bologna con regia
e scene di Nigel Lowery e luci
di George Tellos
riprende quello di Atene dell’anno scorso, più che minimalista è
stilizzatissimo, piatto e scialbo, non definisce tempi, luoghi e ambienti, un
po’ di rilievo vien dato all’incendio del ponte Sublicio e alla fuga a nuoto di
Clelia in compagnia di un cavallino usando una botola. L’azione si svolge sia
davanti ad un arco da teatrino parrocchiale coperto da un telo bianco sul quale
vengono proiettati la sinopsi, un lungo discorso politico contro gli oppressori,
un missile che esplode e si disintegra in tante bamboline (perché?), una scena
di guerra con aerei e carrarmati, sia dietro, quando il telo si alza, dove
compare una parete in legno chiaro che ogni tanto si apre lateralmente e lascia
intravedere una fabbrica con ciminiera in miniatura. La scena più originale e
azzeccata è la costruzione a vista del ponte con archi sottostanti per lasciar
scorrere l’acqua del fiume, fatta con scatoloni sovrapposti; sul ponte nero e
fondale rosso si proietta una battaglia in miniatura poi scoppia l’incendio, il
ponte crolla e travolge Orazio che si getta nel fiume.
Non ho capito il significato
della bambolina in mano a Larissa, del personaggio ignoto che ogni tanto sbuca
da una botola, perché Clelia in redingote rossa, calze nere e scarpe col tacco,
arriva con la valigia in apertura d’opera, perché Porsenna aziona
il ventilatore e Orazio avanza trascinando un palo come fa Cristo con la croce,
perché si gioca con un mappamondo e si bruciano carte, perché sono i cantanti
ad aprire e chiudere (troppe volte) il sipario del teatrino e altre cose discutibili
proposte da questa regia incomprensibile.
Sul
versante vocale alcuni ruoli sono en travesti.
Maria Grazia Schiavo (Clelia) con voce sopranile di bel
timbro, agile e ben proiettata, si trova a suo agio nel canto di coloratura (Tempeste il mar minaccia), è una
brava virtuosa con acuti lanciati e gravi deboli, sa dare
incisività all’accento nonostante l’incomprensibilità delle parole, si
destreggia bene in tutti i registri nell’aria di furia con grandi sbalzi e slanci
acuti “Mille dubbi mi destano in petto”
eseguita di forza.
Il sopranista
giapponese Daichi Fujiki (Mannio)
usa bene il fil di voce che ha, producendo bei filati e leggerezza del suono (Vorrei che almen per giuoco). 
CARLO LEPORE
Velluti ha sottolineato il ruolo dell'accompagnamento pianistico,
ruolo non secondario rispetto alla voce, avendo il difficile compito di
ricreare i colori orchestrali. Ha eseguito poi uno splendido notturno postumo
di Chopin , spiegando al pubblico il rapporto con l'opera lirica presente nel
romanticismo pianistico, del quale Chopin è altissima espressione.
Vincitori dell’edizione 2013 sono risultati
il tenore Gregory Kunde
(assente), il soprano Daniela Dessì, il mezzosoprano Elisabetta Fiorillo
(assente), il basso Roberto Scandiuzzi (assente), il baritono Bruno Praticò, l’orchestra
del Teatro Comunale di Bologna (ha
ritirato il premio il suo direttore Michele Mariotti, che lo ha consegnato al primo violino Emanuele
Benfenati), la costumista Brigitte Reiffenstuel, il corpo di
ballo del Teatro dell'Opera di Roma con il coreografo Misha Van Hoecke. 
I cantanti sono stati premiati con una statuetta che rappresenta la Nike di Samotracia e gli altri con un premio in
scatola che da lontano abbiamo solo intravisto.
Sono stati conferiti anche un Premio Speciale alla memoria di Luciano
Pavarotti consegnato a Nicoletta
Mantovani da Giovanni Allevi (ospite d’onore della serata), un Premio
Speciale Opera al cinema a Franco Zeffirelli (Ilenia Sirtori in
rappresentanza dello sponsor principale Korff ha consegnato il premio ad una
luccicante Priscilla Fiazza nipote di Zeffirelli), un Premio
Speciale alla carriera al soprano Raina Kabaivanska (accolta in palcoscenico da
una standing ovation) per i suoi cinquantacinque anni di attività con
quattrocento produzioni di Tosca e
quattrocento di Madama
Butterfly, un Premio Speciale per la New Generation al
tenore Stefano Tanzillo della Fondazione Luciano Pavarotti premiato da
Nicoletta Mantovani e al mezzosoprano Chiara Amarù. 

Annunciato come Guest Star della serata, il
pianista-compositore-direttore Giovanni Allevi è entrato correndo in
palcoscenico col suo look abituale (maglietta nera a maniche corte, jeans neri,
capelli neri ricci arruffati) e la sua nota aria “allunata”, ha scambiato due
parole affannose col presentatore (lo sappiamo come fa), poi ha ben diretto
l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna che ha eseguito la sua composizione
“A perfect day ”, un brano sinfonico
con un tema di base reiterato all’infinito dalle varie sezioni orchestrali con
tempi uguali ma con registri e sonorità diversi. Poi se n’è andato. Niente
esibizione al pianoforte quindi. 

