Ancona
Teatro delle Muse
organizzato da
"Ancona Jazz" in collaborazione con il Comune di Ancona e il Teatro
delle Muse per la tradizionale gospel night alle Muse
Washington Gospel Singers
23 dicembre 2013
Giosetta Guerra
Pensavo
di ascoltare un coro gospel e di ritrovarmi immersa nelle esotiche sonorità
delle voci afro-americane, mi son trovata invece di fronte ad un esiguo
quartetto femminile (senza il tenore annunciato), accompagnato da un pianista e
guidato da un direttore/presentatore che cantava ogni tanto ed incitava il
pubblico a cantare, a muoversi e a battere le mani.
Erano gli Washington Gospel Singers, con i
soprani Rachel Nicole Massay e Rebekah Lynn Brown e gli alti Margaret
Carol Jackson e Salimu Amini
Terrell, dirette da Nate Brown e
accompagnate da Christopher Leach al piano.
Bello
l’impasto timbrico di queste voci
femminili, corpose, estese, solide, ben impostate e timbrate, interessante il
colore di ognuna di loro negli assolo, intensa l’interpretazione, scarso lo
spessore vocale di Nate Brown, che
si è comunque distinto come musicista suonando il sassofono e come
intrattenitore per la padronanza assoluta del palcoscenico e la versatilità
nella gestione del pubblico. Tutto era amplificato.
Il
repertorio eseguito non mi era molto familiare, tranne “ “What a wonderfull world”,
cavallo di battaglia di Louis Armstrong, Nate Brown e "When the Saints go marching
in", un inno gospel americano, di cui hanno ripetuto più volte
solo la prima strofa.
Era
comunque un programma variegato:
brani dal sound brillante, altri con notevole senso del ritmo, con ripetitività
incalzante, molto partecipati dagli artisti, ma anche dal pubblico esaltato
dagli incitamenti del presentatore che interloquiva in inglese con la gente incitandola
a sottolineare il ritmo col battito delle mani. Non è che il risultato sia
stato esteticamente piacevole, a causa di un battito a volte scomposto e fuori
tempo, che oltre tutto copriva le voci (la frenesia di oltre mille persone, a
volte anche in piedi, contro la voce di quattro cantanti) e costringeva
spettatori come me, naturalmente ferma e seduta, a perdere la malia del canto e
a subire la visione di fondi schiena di ogni misura nell’atto di dimenarsi con
ritmo personalizzato.
I concerti del Washington
Choir sono infatti un prodotto di intrattenimento e rappresentano una festa in cui il pubblico viene
coinvolto fin dalle prime note, quindi io, che vado ai concerti per ascoltare
voci e musica, sono capitata nell’ambiente sbagliato.
Nessun commento:
Posta un commento