FANO - Teatro
della Fortuna
DUE DI NOI
Commedia di Michael Frayn con due big
dello spettacolo Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi e
la regia di Leo Muscato.
lunedì 18 febbraio 2013
Di Giosetta Guerra
I personaggi resi noti dal piccolo
schermo hanno un punto di attrazione in più quando si presentano a teatro. Il
teatro della Fortuna di Fano era tutto esaurito per la commedia
Due di noi di Michael Frayn, con Lunetta
Savino ed Emilio Solfrizzi resi noti dalle fictions televisive Nonno
libero e Tutti pazzi per amore.
La versatilità
di questi due attori è stata alla base di una serie di equivoci e travestimenti
previsti dal copione, che richiedevano vivacità d’azione, velocità nei cambi,
apertura e chiusura frenetica di porte e finestre, entrate ed uscite lampo, dialoghi
fittizzi con personaggi immaginati fuori scena. E sì, perché loro due dovevano
raccontare le paradossali situazioni di cinque persone.
La commedia è
l’insieme di tre atti unici, ambientati in un interno a due piani, di cui solo
il primo è visibile e il secondo è intuibile al termine di una scala laterale.
Nel primo atto,
intitolato Black and Silver (nero e
argento), il sipario si apre su una camera da letto con pareti verdi e coperta
di ciniglia rosa, la stessa camera dove la coppia aveva trascorso la luna di
miele, ma, invece di riprendersi dallo stress, non riesce neanche a dormire a
causa di un pargoletto insonne relegato nel bagno dentro la sua carrozzina. Su
e giù dal letto per tutta la notte, lui in pigiama, stralunato e insofferente, con
mimica facciale e gestuale caricata, fa cadere gli oggetti e agita con violenza
la carrozzina, lei in camicia da notte e capelli neri, delusa e apatica, sa
solo rispondere “Sì” o “Non lo so”; invece di amoreggiare litigano,
mentre dall’altra camera d’albergo si sentono i gemiti di due che fanno sesso.
La scena è piuttosto monotona e ripetitiva, l’attorialità dei due è nel gesto,
nella deambulazione, nell’espressività.
La seconda parte,
intitolata Mr Foot (Signor Piede),
mostra marito e moglie un po’ invecchiati, lui coi capelli grigi e il giornale,
lei coi capelli biondastri, vestito a righe, occhiali rossi, una bottiglia e un
bicchiere in mano, seduti in salotto, comunicano un senso di stanchezza e d’incapacità
di comunicare, la loquacità di lei, sempre un po’ brilla, si scontra con il
silenzio di lui, o meglio con le mosse della faccia di lui e col movimento
espressivo del suo piede. Testo
piuttosto noioso. I ruoli sono fortemente caratterizzati dai due bravi attori.

La
terza parte, intitolata Chinamen, è
un vero e proprio atto di virtuosismo scenico. Si svolge nella sala da pranzo
con tavola apparecchiata e i due protagonisti devono trovare mille escamotages
per gestire una cena alla quale hanno per errore invitato una coppia di amici
da poco separati e il nuovo boyfriend dell’amica separata. E quindi scatta il
meccanismo della comicità tra situazioni assurde e incresciose, gags comiche e
a volte volgarotte, risatazze forzate di lui, travestimenti, personaggi che
entrano ed escono, che si chiudono in bagno o che vengono chiusi in garage,
tentativi di evitare incontri imbarazzanti, un vorticoso andirivieni dei cinque
personaggi con apertura e chiusura di porte, interpretati, ovviamente, solo da Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi. Due
attori per cinque personaggi. La Savino vestita di verde e coi
capelli rossi come padrona di casa, si presenta vestita da hippy coi capelli
lunghi lisci e occhiali quando impersona Alex, l’amico dell’amica, indossa poi
un mini abito in lamè, una parrucca riccia bionda e stivali quando deve entrare
come l’amica di Alex, ovvero la moglie separata del loro amico; Solfrizzi è un
composto padrone di casa coi capelli castani lisci e appiccicati alla testa, ha
una giacca gialla e un mazzolino di fiori in mano per fare l’amico separato,
riccioluto e un po’ brillo, ma gli ingressi di questi personaggi sono continui
e a intermittenza e si può immaginare la frenesia dei cambiamenti dei due
attori dietro le quinte per non interrompere il ritmo della commedia. La
loro versatilità e la loro bravura si esprime soprattutto nel vorticoso trasformismo,
nell’isterismo di discorsi senza senso e nel crescendo di equivoci di questo dinamico
terzo atto, che ci ha divertiti molto, nonostante la difficoltà ad udire tutte
le parole del testo, sia perché molte battute venivano pronunciate fuori campo
o con la faccia rivolta dietro le quinte, sia perché gli attori non erano
microfonati, sia per la mia posizione piuttosto scomoda anche per la visione.
Scene di Antonio Panzuto, costumi
di Barbara Bessi, disegno luci di Alessandro Verazzi. Produzione di Roberto
Toni per ErreTiTeatro30 Teatro Stabile di Firenze in collaborazione cin LeArt
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