Pesaro,
Teatro Rossini
(18
ottobre 2015)
a
cura di Stefano Gottin
Domenica
18 ottobre 2015 l’Associazione
Musicale Mario Tiberini,
con
la collaborazione dell’Orchestra
Sinfonica “G. Rossini”,
ha
portato al
Teatro Rossini di Pesaro
un gala
della lirica
intitolato al grande tenore laurentino dell’Ottocento, replicando
la sessione estiva svoltasi nella storica cornice del Teatro Tiberini
di San Lorenzo in Campo, dove col “Tiberini d’oro” furono
premiati il tenore Gregory Kunde e il soprano Fiorenza Cedolins e col
“Tiberini d’argento” il mezzosoprano Chiara Amarù.
Non
paga del brillantissimo esito della manifestazione estiva, la prof.
Giosetta Guerra - che del premio, giunto alla sua XXIV edizione, è
da sempre l’indiscussa “vestale” - ha giocato come si suol dire
al rialzo, individuando altri due prestigiosi nomi cui conferire il Premio Tiberini d'oro in
un’inconsueta sessione autunnale, ossia il soprano coreano Sumi
Jo e
nientemeno che il tenore Vittorio
Grigolo.
Sumi Jo è un soprano lirico-leggero che, quantunque per gli standard medi del pubblico italiano non possa dirsi famoso benché viva a Roma, si è esibita in teatri al top, quali il Teatro alla Scala, la Wiener Staatsoper e il Metropolitan di New York, e ha collaborato con direttori d’orchestra e con cantanti di enorme prestigio (Herbert von Karajan, Georg Solti, Plácido Domingo, Alfredo Kraus, Leo Nucci ecc. ecc.). Inoltre, nel 2015 Sumi Jo ha interpretato il ruolo di se stessa nel film Youth - La giovinezza, diretto dal premio Oscar Paolo Sorrentino.
Diverso
è il discorso per il 38enne Vittorio
Grigolo,
assurto a fama planetaria con un progressivo ma vertiginoso
crescendo, come attesta il suo curriculum
che annovera taluni elementi fatalistici, tipici dei “predestinati”.
All'età
di nove anni, accompagnando la madre dall'oculista, Grigolo sente
cantare in una stanza adiacente l'Ave Maria ed inizia a cantarla a
sua volta, col risultato che il padre dell'oculista ne rimane molto
colpito e lo spinge per un'audizione presso il coro
della Cappella Sistina, che
prima lo sceglie e poi lo promuove a voce solista. A tredici anni
Grigolo canta nella parte del pastorello nella Tosca al Teatro
dell'Opera di Roma condividendo
il palco con Luciano
Pavarotti,
per poi inaugurare nel 2000, all'età di ventitré anni, l'anno
verdiano al Teatro
alla Scala.
Di qui una serie di fortunatissimi debutti nel repertorio più tipico
del tenore lirico (Il
barbiere di Siviglia, Così
fan tutte, L'elisir
d'amore, La
traviata, Rigoletto,
Lucia
di Lammermoor,
Manon,
Roméo
et Juliette di
Gounod), talché Grigolo è ormai di casa al Covent Garden di Londra,
alla Scala di Milano e al Metropolitan, mentre non mancano sapienti
operazioni di marketing,
come le sue performance
nella recente diretta televisiva dell’Elisir
d’amore
dall’aeroporto della Malpensa e in precedenza nel film
televisivo, prodotto dalla Rai,
Rigoletto, in
diretta live
da
Mantova e con Plácido
Domingo negli
improbabili panni del gobbo e con appunto il tenore aretino quale
Duca di Mantova.
La
serata del 18 ottobre, che costituiva l’anteprima della stagione
concertistica pesarese “Sinfonica 3.0”, giunta alla quarta
edizione, prevedeva nella
prima parte l’esibizione di Amakheru
Duo,
costituito dal tenore Francesco
Santoli e
dal pianista Simone
Di Crescenzo
con un programma interamente dedicato al repertorio cameristico
italiano, dal Barocco, a Spontini, Rossini, Donizetti, fino a Verdi.
Il tenore Santoli dimostrava sicura musicalità e buona dizione, ma
anche una voce poco strutturata e dalle inflessioni falsettistiche,
mentre il pianista De Crescenzo emergeva invece negli
accompagnamenti, improntati a una varietà di stili sempre
pertinente, per poi esibirsi quale solista in una deliziosa sonata di
Domenico Cimarosa.
Il
piatto forte veniva (o così avrebbe dovuto essere) servito nel
secondo tempo, quando l’avvenente ed elegantissima Sumi
Jo si presentava con l’aria di
Gilda “Caro nome”
dal Rigoletto
di Verdi, senz’altro ben cantata ma un po’ “di circostanza”;
quindi il duetto da La Sonnambula
di Bellini, “Son geloso del zefiro
errante”, col tenore Santoli che
trovava qualche spunto apprezzabile.
Arrivava quindi il tenore Vittorio Grigolo, disinvolto, carino, scattante, simpatico e accattivante, che annunciava subito con un fil di voce (e senza microfono) le sue precarie condizioni di salute (non barava, era raffreddato davvero),
duettava quindi (verbalmente e simpaticamente) con Giosetta Guerra e intratteneva il pubblico con aneddoti simpatici ma anche toccanti, come quello relativo al suo ultimo incontro con il grandissimo Luciano Pavarotti che, ormai prossimo a lasciarci, gli passava, per così dire, “le consegne”.
A questo punto Grigolo decideva di cantare, si buttava e, accompagnato al pianoforte da Simone Di Crescenzo, lanciava la colonna della sua voce brunita, solida e larga verso l’alto, con un “Questa o quella” dal Rigoletto da manuale anche per il dominio che Grigolo mostra di avere della scena e del rapporto estroverso e spontaneo col pubblico. L’unico elemento di riflessione che mi permetto è che Grigolo – come già avevo rilevato alla Scala in giugno nella Lucia di Lammermoor, con Diana Damrau straordinaria protagonista - tende a scurire troppo i centri (insomma “fa” il Domingo), sicché gli acuti sono meno luminosi di quello che potrebbero, e gli acuti nel repertorio di Grigolo (che è all’incirca lo stesso del giovane Pavarotti) sono senz’altro più importanti dei centri bruniti e del registro grave, tanto più che nessun tenore è stato mai pagato per fare le note basse.
Comunque,
Grigolo ha detto di voler di tornare al “Tiberini”, e noi ce lo
auguriamo perché è un gran bel tenore, un tenore vero, che vorremmo
ascoltare nei brani che avrebbe cantato se le sue condizioni di
salute fossero state diverse.
La
serata, sostenuta in parte dall'Alexander Palace Museum Hotel e dalla
Banca
Marche e col patrocinio del Comune di S. Lorenzo in Campo,
si è chiusa con le premiazioni, officiate da Giosetta Guerra e dal
presidente dell'Orchestra Sinfonica Rossini Saul Salucci. Sembrava, a
quel punto, che Sumi Jo e Vittorio Grigolo dovessero esibirsi in un
duetto, ma era un…..falso allarme, purtroppo, sicché le note
finali sono uscite dalla gola del tenore Francesco Santoli che, fuori
programma, ha eseguito, di Donizetti, “Me
vojo fa’ ‘na casa”.
Alla
fine consegna a tutti gli artisti di una rosa e del libro di Giosetta
Guerra “Mario Tiberini tenore” sotto una pioggia di fiori.
Quindi
tutti a casa, con una certa delusione, perché si è ben capito che
un Vittorio Grigolo in altre condizioni avrebbe sbancato, ma ciò è
stato rinviato alla prossima volta, o almeno vogliamo sperarlo….
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