lunedì 5 novembre 2012

 

Teatro delle Muse 

di Ancona  

Decennale e Premio Corelli

(28 ottobre 2012)
 

Di Giosetta Guerra
 
Il Premio Corelli quest’anno è stato inserito nei festeggiamenti del decennale del Teatro delle Muse,  celebrato con un'intera giornata di visite guidate, convegni, annullo filatelico speciale, pubblicazione di un volume fotografico sugli allestimenti di opere liriche e concerto serale, per il quale si sono ingaggiati tre soprani, nientepopodimenoché Dimitra Theodossiou, Jessica Pratt e Carmela Remigio, per far da corona al tenore premiato, Paolo Fanale. Che onore per lui!


Purtroppo hanno cantato poco, sei arie in quattro: due a testa la Theodossiou e la Pratt (vestite di nero), una sola la Remigio e una Fanale, accompagnati dalla FORM Orchestra Filarmonica Marchigiana, diretta da una temperamentosa Carla Delfrate; l’orchestra, sommessa e delicata nella Canzone del salice, era più a suo agio nelle alte sonorità e nelle esplosioni che nel cesello delle note pagine di sola musica di Verdi (Sinfonia del Nabucco, Preludio I atto del Macbeth con i ghigni delle streghe dal flauto di Francesco Chirivì, Ouverture de La Forza come bis) e di Bellini (Sinfonia dalla Norma). 

Il cesello si è sentito di più nella voce degli strumenti solisti, che di volta in volta emergevano dal discorso orchestrale, arpa, fagotto e il flauto di Chirivì sempre in primo piano, ma la voce che ha catturato la platea è stata quella del violino solista nella pagina per violino e orchestra, Meditation da Thaïs di J. Massenet, eseguita magicamente da Alessandro Cervo, inizialmente accompagnato dalla sola arpa di Margherita Scafidi e poi da un’orchestra densa, che ci ha portato dentro un romanticismo diffuso e non mieloso, pervaso di una musica dolcissima e sognante.
Sul piano vocale la netta superiorità dei tre soprani ha messo in secondo piano il premiato.
Dimitra Theodossiou, eccellente soprano drammatico d’agilità, ha presentato due cavalli di battaglia del suo repertorio verdiano: Pace, pace mio Dio da La forza del destino e La luce langue da Macbeth. Il soprano greco ha il dramma nella voce, la densità dei suoni centrali, la luminosità degli slanci acuti, i lunghi e sensibili filati rinforzati con la messa di voce, lo scavo della parola, il cesello della frase, le permettono un’interpretazione intensa, teatrale anche in concerto; i gravi graffianti, gli slanci infuocati, lo sguardo fisso nel vuoto la immergono completamente nella follia della Lady più terribile dell’opera. Dimitra è vera attrice e la sua Lady Macbeth genera turbamento.
Jessica Pratt, eccelso soprano di coloratura, ama molto la Linda di Chamounix di G. Donizetti, che le consente di esternare tutte le sue doti belcantiste, nell’aria  Ah tardai troppo…O luce di quest’anima, la sua musicalissima agilissima pulitissima voce s’ingigantisce nelle progressioni acute, attraverso rocambolesche scale cromatiche, i suoi sovracuti lanciati e sicuri vibrano nelle orecchie dell’ascoltatore come lame di cristallo. La sua potenza risiede proprio nella tessitura alta estrema, ma non scherza neanche nelle scintillanti pagine di bravura e nelle lunghe cadenze dell’aria di Norina Quel guardo il cavaliere, So anch’io la virtù magica da Don Pasquale di Donizetti.  
Carmela Remigio (con un fantastico abito bianco decolleté, per presentar Desdemona) ha eseguito solo un’aria in chiusura del programma, Canzone del salice… Ave Maria, da Otello di G. Verdi, un’interpretazione pregnante d’emozione e tecnicamente perfetta: canto sul fiato, uso della messa di voce, sonorità delle mezze voci, pulizia e sostegno dei suoni tutti ben a fuoco, pieni e arrotondati nel registro grave, lucenti e bellissimi in quello acuto, il volume non è enorme ma è ben dosato.
In mezzo a queste forze della natura Paolo Fanale ci è sembrato un tenero virgulto in balia del vento: al termine della prima parte, il tenore, introdotto da arpa e fagotto, ha cantato le prime frasi di Una furtiva lacrima con voce tremolante fin dall’attacco come se fosse una canzonetta, poi il suono si è stabilizzato ed illuminato in tessitura acuta dove è uscito il bel colore accanto alla tenuta dei fiati e all’uso della messa di voce. Non ha cantato altro, un po’ poco rispetto al ricco programma che avrebbe eseguito se la data fosse rimasta a febbraio. Troppo poco per onorare un premio intitolato ad un grande.

Comunque gli è stato conferito il Premio Internazionale “Franco Corelli” per aver interpretato l’anno scorso alle Muse il ruolo di Ferrando in Così fan tutte, (dove aveva evidenziato i soliti pregi e difetti vocali: bella cavata, buona tecnica, risonanze nasali).
Dopo un’introduzione del Sindaco/presentatore Gramillano, il Direttore artistico Alessio Vlad ha consegnato al tenore una scultura originale realizzata dall’artista marchigiano Paolo Annibali di San Benedetto del Tronto, una consegna molto informale, senza un’immagine di Corelli sul fondale, senza la voce di Corelli nell’aria, senza una parola su Corelli, senza una presenza femminile in palcoscenico come presentatrice per spezzare il grigiore di quei tre o quattro abiti scuri maschili.
Il quattro cantanti si sono trovati a cantare insieme la Tarantella di Rossini come bis, brano poco adatto a tutte e quattro le voci, che si sono sentite poco.
All’uscita dal teatro un calice di vino e due dolcetti per tutti gli spettatori.

Alla luce di quanto sopra qualche domanda sorge spontanea.
1) Vista la notorietà e la valenza di Franco Corelli, non sarebbe giusto scegliere il premiato nel più vasto panorama lirico internazionale per avere proprio il migliore?
2) Se per statuto si deve attingere solo agli artisti che si sono esibiti alle Muse, il Premio è internazionale o è locale?
3) Se si premia un cantante che si è esibito al Teatro delle Muse, perché fare la premiazione l’anno dopo?
4) Se un anno la stagione lirica dovesse saltare, l’anno successivo salterebbe anche il Premio Corelli? 
5) Gli organizzatori non sono curiosi di vedere come si organizzano altrove i Premi lirici?

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