martedì 28 agosto 2012

Rossini Opera Festival 2012 -  XXXIII edizione

CIRO IN BABILONIA

(venerdì 10 agosto – prima)

Una geniale commistione di stili e personaggi tra passato e presente.

Servizio di Giosetta Guerra

 Per l'inaugurazione della XXXIII edizione del Rossini Opera Festival, è giunta per la prima  volta a Pesaro, nell'edizione critica di Daniele Carnini e Ilaria Narici, un’opera inusuale, Ciro in Babilonia, ossia La caduta di Baldassarre, dramma/oratorio con cori di Francesco Aventi, musica di Gioachino Rossini, la sua prima opera seria d’intento spirituale ed edificante rappresentata nella stagione di quaresima (quando i teatri erano chiusi e semmai si aprivano solo per composizioni sacre) del 1812 del Teatro Comunale di Ferrara, ma non la prima composta, prima del Ciro Rossini aveva composto Demetrio e Polibio che venne rappresentata nel maggio dello stesso anno.
I tipici autoimprestiti  rossiniani, tratti da L'Inganno felice,  Demetrio e Polibio e L'Equivoco stravagante, e altri motivi reimpiegati  ne Il Signor Bruschino, Elisabetta regina d’Inghilterra, Tancredi, Mosè in Egitto, fanno apparire l’opera meno sconosciuta.
 

 
 
Il regista Davide Livermore ha presentato l’opera come un film muto dei primi del 900, con la proiezione dei titoli, di luoghi storici, di didascalie riassuntive dentro riquadri, di personaggi in pose divistiche, tutto rigorosamente in bianco e nero come gli elaborati e ricchi costumi d’antica foggia a disegni geometrici (costumista Gianluca Falaschi) dei protagonisti (con strani copricapo, tipo waste-basket e torre di Pisa per Baldassarre, gabbietta per uccelli per Ciro ambasciatore sotto mentite spoglie, piume da diva del muto per Amira), presenti col corpo e con la voce in palcoscenico e spostati con pedane mobili.
Assistevano alla “proiezione – azione” di questo film muto, la cui pellicola era danneggiata dal tempo, spettatori in abiti più comuni (tipo cabaret, donne con cappellini, piume e paillettes, uomini con la barbetta, deambulazione barcollante e gesticolazione un po’ marionettistica), seduti in una sorta di platea a lato del palcoscenico, (i film muti venivano proiettati a teatro), che ogni tanto si mescolavano e interagivano con i protagonisti dell’opera. C’era anche l’operatore del cinema con una pellicola aggrovigliata in mano.
Il regista ha optato giustamente per la staticità nei concertati (il movimento deve essere solo nella musica) e in alcune scene d’insieme, usando il fermo immagine, dando immobilità ai personaggi di contorno per far risaltare la teatralità caricata e la gestualità a volte marionettistica dei protagonisti, ha costruito il teatro nel teatro e il cinema nel teatro. Tutto condotto con eleganza e buon gusto e col filtro dell’ironia. Interessante.




Una curiosità: l'assistente alla regia era il tenore Gianluca Floris

Una cosa da evitare, invece, è l’animazione dell’ouverture. Lo so che è usanza odierna, ma non ci piace, vogliamo ascoltare la Sinfonia senza distrazioni.
Particolarissima la costruzione della prigione avvenuta in diretta con la sovrapposizione veloce di una pietra sull’altra fino alla chiusura totale dell’angusto ambiente. 

Sia benedetto il computer!
Scene e progetto luci di Nicolas Bovey, videodesign di D-Wok.  

Tutto molto gradevole alla vista.
I vari inserti corali sono stati appannaggio del bravo Coro del Comunale di Bologna, preparato egregiamente da Lorenzo Fratini.
 
Il cast di ottimo livello ha riportato finalmente a Pesaro il grande contralto polacco Ewa Podles, interprete di quelle memorabili  Nozze di Teti e Peleo allestite a Villa Caprile nel 2001. Nel ruolo protagonista di Ciro, re di Persia in abito d'ambasciatore, eroe amoroso e grande ruolo per contralto,  la Podles (en travesti, con barbetta e capelli corti riccioluti alla Nerone) ha esternato la sua autorevole potenza vocale, un colore denso e brunito, un’estensione di rilievo, una tecnica ineccepibile per eseguire arie di bravura con agilità di forza come il rondò con le catene nella scena della prigione e per aderire alla prassi esecutiva rossiniana (che prevede canto sbalzato, scale cromatiche, affondi consistenti, acuti lanciati), pur tradendo un po’ di fatica nell’emissione e una certa disomogeneità nelle linea di canto.

 

Il soprano Carmen Romeu ha prestato una voce robusta, sonora e ben impostata ad Argene confidente d'Amira, che ha un’aria scritta su una sola nota, qui cantata con fioriture e variazioni.
Versatile e con buone qualità vocali e tecniche anche il tenore Robert Macpherson nel ruolo di Arbace, capitano degli eserciti di Baldassare.
Al bravo basso Raffaele Costantini è toccata la modesta parte del profeta Daniello.
Poi c’era un figurante bambino, impersonato da Matteo Bernabè, molto a suo agio nella sua parte.

Spettacolo di grande successo con ovazioni anche a scena aperta.


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