giovedì 13 gennaio 2011


Teatro La Fenice di Senigallia – Stagione di prosa

A R T

ovvero tre uomini sull’orlo di una crisi di nervi

per un quadro di arte moderna.

(recita del 7 gennaio 2011)

Di Giosetta Guerra

Ti è mai capitato di parlare con persone che, invece di rispondere ad una tua domanda, te ne fanno un’altra, che non condividono mai le tue scelte e contraddicono ogni tua affermazione, che si agganciano all’ultima tua parola per aprire un altro discorso, che estrapolano una tua frase per trattare un altro argomento, che tirano fuori i loro problemi nel bel mezzo di una conversazione o ripensano ad una tua affermazione per contestarti o per far dell’ironia e addirittura andare in collera o in depressione fino ad arrivare a mettere in dubbio la veridicità della vostra amicizia?

A me sì. Si innesca una spirale all’infinito che non dà alcun risultato, ma ci porta semmai sull’orlo di una crisi di nervi. I risultati sono disastrosi e debilitanti nella realtà, ma a teatro tutto ciò diventa esilarante, specialmente se il testo ha la fine scrittura di una drammaturga come Yasmina Reza, attrice, e scrittrice francese, nata a Parigi l’1 maggio 1959 e gli interpreti sono attori del calibro di Alessandro Haber, Gigio Alberti e Alessio Boni, estimatore delle opere della Reza, di cui ha precedentemente portato in scena Il dio della carneficina.

Il titolo della commedia che abbiamo visto al Teatro La Fenice di Senigallia il 7 gennaio 2011 nella traduzione in italiano di Alessandra Serra e con la regia di Giampiero Solari (una produzione Nuovo Teatro srl), è ART, opera del 1994, tradotta e rappresentata in oltre trenta lingue, per la quale a Yasmina Reza fu conferito il Premio Molière come miglior autore, un'opera sottile, dal ritmo incalzante e spesso esilarante, che evidenzia come un fatto del tutto banale possa scatenare contrasti e conflitti inconfessati e avvelenare anche i rapporti più consolidati.

Il plot prende spunto dall’acquisto di un quadro di arte moderna, che genera una diatriba sul significato dell’arte astratta tra tre amici di vecchia data, Serge, Marc e Yvan, perché il quadro, fra l’altro molto costoso, è una tela bianca: per Serge (Alessio Boni), un dermatologo idealista appassionato di arte contemporanea, che l’ha comprato, è un capolavoro e manda vibrazioni con quelle righe bianche impercettibili che solo un occhio esperto può cogliere, per Marc (Gigio Alberti), un ingegnere aeronautico razionale e tradizionalista, è una gran fregatura, tra questi due fuochi scoppiettanti Yvan (Alessandro Haber), un rappresentante di articoli di cartoleria che tiene molto ai suoi due amici e non vuole perderli, non sa come orientarsi, vuol fare da paciere, dando ragione ad entrambi separatamente, ma in realtà la questione sommata ai suoi problemi personali non fa che acuire la sua agitazione, che, portata in scena animosamente con esagitazione gestuale e verbale, finisce per essere l’elemento primo di comicità.

L’azione si svolge in un salotto moderno, sobriamente arredato: in fondo e lateralmente pareti fisse sfalzate, ora bianche, ora fuxia, ora rosso corallo, ora celeste cenere, per il gioco delle luci (disegnate da Marcello Iazzetti), che differenziano le atmosfere e il carattere dei tre personaggi, anteriormente pannelli mobili per dare l’illusione dei cambi di scena e per isolare in proscenio i personaggi che pensano a voce alta.

La scenografia di Gianni Carluccio risulta leggera e luminosa, anche perché i moduli sono fatti di una sorta di garza bianca. Anche gli abiti scelti da Nicoletta Ciccolini, sono classici ma di foggia moderna.

La precisa dizione e la naturalezza della recitazione, la padronanza scenica dei tre noti artisti, ben calati nei loro ruoli, le pause e i silenzi riempiti da sapienti espressioni del viso e da eloquenti atteggiamenti degli attori, mettono lo spettatore in condizione di non perdere neanche una battuta e di entrare nel gioco scenico dei nonsense, che, proprio perché affrontati con serietà e solennità quasi filosofica, generano ironia e ilarità.

Il pubblico si è divertito ed ha applaudito anche a scena aperta. Uno spettacolo da vedere.

All’uscita l’immancabile codazzo di ragazze (ma anche di “non più ragazze”) per cogliere ancora una volta lo sguardo ammaliatore di Alessio Boni.

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