Rossini Opera Festival 2019 (40.a edizione)
Pesaro, Teatro Rossini
Demetrio e Polibio
(15 agosto
2019)
Intrighi amorosi con travestimenti e
agnizioni
in un mondo evanescente e
surreale
by Giosetta Guerra
Molinari e Pratt
La scena mostra un palcoscenico montato al contrario con il sipario sul fondale, che si apre su un’immaginaria platea verso la quale i cantanti si inchinano battendo le mani. Noi vediamo il backstage e tutto ciò che succede dietro le quinte: maestranze, tecnici e pompieri che riordinano macchine sceniche, attrezzature, scale e bauli, artisti che si complimentano, coprendo coi loro movimenti il suono orchestrale e disturbando l’ascolto dell’Ouverture, che ci regala un lungo monologo del corno, lo strumento amato da Rossini e…da me (J). I movimenti inutili di questi figuranti e i passi rumorosi sono elementi di disturbo nel corso dell’opera.

Il regista Davide Livermore opta per una lettura moderna, dove non compaiono né regge né accampamenti e per le scene attuali e i costumi d’epoca si è avvalso della collaborazione degli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino coordinati da Francesco Calcagnini e del progetto luci di Nicolas Bovey, come già fatto nel 2010.
La regia è
stata ripresa da Alessandra Premoli.
I quattro
personaggi non hanno un particolare spessore psicologico e teatrale e il
regista li presenta come evanescenti fantasmini, che di notte vagano su un
vecchio palcoscenico deserto, sbucano da bauli chiusi, da specchi trasparenti,
si moltiplicano all’improvviso (ogni cantante ha il suo doppio) e tengono in
mano fatue fiammelle che si accendono magicamente. (Si dice che Livermoore
abbia preso suggerimenti dal grande illusionista e trasformista Arturo
Brachetti). Candele sospese e candelabri accesi fluttuano per l’aria e vagano
in tutte le direzioni.

Pratt e Molinari
Interi guardaroba di costumi teatrali scendono e salgono celando e scoprendo il coro, tra gli abiti sbucano ed escono gli artisti, scendono specchi, contrappesi e anche un pianoforte con la protagonista distesa sopra.

Gatel, Pratt e coro
Le idee sono
accattivanti, ma le scene sono troppo scure e qualcosa si perde.
Musicalmente l’opera è gradevole e desta meraviglia la fantasmagoria di note scritte da un diciottenne.
La Sinfonia d’inizio, comunque, non è attribuita a Rossini, ma al tenore Domenico Mombelli, cantante e compositore a cui il giovanissimo Rossini consegnava brani sparsi per la stesura dell’opera in questione e primo interprete di Demetrio. Di Mombelli sarebbero anche altre parti dell’opera, ossia l’aria di Siveno del II atto “Perdon ti chiedo, o padre” e la successiva aria di Eumene “Lungi dal figlio amato”, mentre alcune delle parti scritte da Rossini vengono da lui reimpiegate in opere successive, quali Il Signor Bruschino.
I quattro
cantanti di questa edizione pesarese 2019 sono molto bravi e con belle doti
vocali. Quindi, se la regina è Jessica Pratt, gli altri sono emeriti principi.
Cecilia
Molinari (en
travesti nel ruolo di Demetrio-Siveno
in abito bianco) è un mezzosoprano chiaro ma corposo, con voce calda e duttile,
suoni rotondi e ben calibrati in ogni registro, emissione naturale e fluida,
brava nel canto di coloratura con esecuzione perfetta di sbalzi, ornamenti,
slanci acuti tenuti.

Gatel e Molinari

Gatel e Molinari
Juan Francisco Gatel (Demetrio-Eumene
in giacca nera e parrucca bianca) è un tenore contraltino dal colore chiaro, esteso,
svettante, dotato di un certo peso e sicuro anche nel canto di sbalzo e nei
sovracuti (aria del I atto “All’alta
impresa tutti”).

Fassi, Molinari e coro

Fassi, Molinari e coro
Una
rivelazione è il giovane basso/baritono milanese Riccardo Fassi (Polibio
vestito di rosso), dotato di un bellissimo mezzo vocale, timbrato, sonoro,
rotondo, robusto e ricco di armonici anche nella voce parlata. Poderoso e
portentoso per ampiezza e peso vocale nel duetto Polibio/Eumene “Non
cimentar lo sdegno”, con gravi ben appoggiati, nell’aria del II atto “Come
sperar riposo” mette in luce la bellezza del timbro, affondi sicuri,
morbidezza del canto, che si fa ancor più accattivante nei passaggi dalla zona
media alla tessitura acuta ed evidenzia dimestichezza col canto di sbalzo nel
seguente “Nel rammentar quel perfido”. Mi ha riportato in mente Samuel Ramey. Consiglierei a Fassi un corso di perfezionamento con Ramey nella
sua Wichita State University nel Kansas…e chissà che non si ripetano i fasti
del grande artista americano.
Poi c’è lei, la regina del belcanto, la divina Jessica Pratt nel ruolo di Lisinga, la parte vocalmente più difficile
dell’opera.
Leggerezza
d’emissione, attacchi delicati a mezza voce, filati con uso della messa di
voce, suono pulito e cristallino, picchettati in sovracuti, delizia dei
sovracutissimi anche fioriti, strabilianti fiorettature, la Pratt è melodiosa nelle
delicatezze del duetto Lisinga/Siveno “Questo cor” sul ritmo pizzicato
degli archi del I atto e fa fuoco e fiamme nell’aria di furore “Vendetta vi chiedo” tra acrobazie
virtuosistiche acutissime del II.
Ovazioni del
pubblico impazzito.
Il Coro Mezio Agostini di Fano, qui nella
sezione maschile, preparato e diretto con precisione dall’esperta maestra Mirca
Rosciani, restituisce affascinanti sonorità e mostra abilità sia nel canto
morbido a mezza voce che nel canto a voce piena.
Paolo Arrivabeni dirige la Filarmonica Gioachino Rossini con gesto
consapevole e nel rispetto delle voci, entra con maestria nel frizzo del gioco
rossiniano e nei toni struggenti del duetto padre-figlia nel II atto.
Revisione a cura di Daniele Carnini.
Un bellissimo spettacolo.
Fassi e Pratt
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