domenica 16 settembre 2012






Jesi, Teatro Pergolesi

Festival Pergolesi Spontini 2012

La Fuga in Maschera 

di Gaspare Spontini

(31 agosto 2012 – prima)
 
Una farsa con momenti elegiaci

A cura di Giosetta Guerra





Ribadisco la validità della riscoperta di opere desuete e il merito della Fondazione Pergolesi- Spontini di aver riportato alla luce i lavori dimenticati di questi due illustri compositori marchigiani del passato. Il ritrovamento a Exeter in Inghilterra dell'autografo della commedia per musica in due atti La Fuga in Maschera di Gaspare Spontini, che debuttò nel 1800 al Teatro Nuovo di Napoli,  è opera di Marco Palombella conservatore del museo Spontini di Majolati, e il Festival Pergolesi-Spontini ha co-prodotto l’opera nella revisione critica di Federico Agostinelli con il San Carlo di Napoli che la metterà in scena prossimamente.
Anche se l’intrigo della trama (libretto di Giuseppe Palomba), la lunghezza eccessiva, la ripetitività degli schemi, l’esiguo numero di pezzi chiusi non rendono La Fuga in Maschera un’opera molto accattivante, la piacevolezza e la vivacità della musica, la freschezza e il brio dell’orchestrazione fanno apprezzare l’estro spontiniano e gratificano l’ascolto.
Tre ore di bella musica, a cominciare dall’Ouverture frizzante, molto veloce, che espande la leggerezza degli archi e il ritmo cadenzato dei fiati, vivacizzata dalla lettura di Corrado Rovaris alla guida dell’organico orchestrale de I Virtuosi Italiani (19 archi<11 2="2" 3="3" contrabbassi="contrabbassi" viole="viole" violini="violini" violoncelli="violoncelli">,  2 oboi, 2 corni, 1 clarinetto, 1 fagotto, 1 arpa e basso continuo suonato dallo stesso direttore), orchestra fantastica per la fluidità e la qualità del suono, anche quando gli strumenti sono più scoperti, corno, arpa, clarinetto, oboe sono una voce accanto alla voce cantata e il basso continuo sostiene i recitativi, alcuni dei quali sono in dialetto napoletano. Il risultato è un buon amalgama di voci e suoni.
Purtroppo quel che pesa in quest’opera è il susseguirsi di lunghi recitativi  (ben 19) e di interminabili canti d’insieme (8 tra duetti, terzetti, quartetti, quintetti, sestetti, settetti), (La Fuga in Maschera non è Così fa tutte), contro solo 9 arie solistiche per sette personaggi e tutto è tirato per le lunghe in una lunghezza estenuante.
Nell’edizione jesina va apprezzata l’originalità del nuovo coloratissimo allestimento di Leo Muscato (regia spumeggiante e dal ritmo serrato, che modernizza gli elementi tipici della commedia dell’arte), Benito Leonori (scene naïves e controscene surreali), Giusi Giustino (costumi shock per tinte e fogge caricaturali e parrucche esagerate), Alessandro Verazzi (luci e controluci per giochi di trasparenze), con proiezioni, tende, velatini, azioni e apparizioni in contemporanea anche su più piani, perfino un gruppo rock, gags della commedia dell'arte, personaggi che scorrono dietro su pedane mobili, perfino una vespa, cuori sul sipario e sul fondale, gestualità e deambulazione caricate, pose tragicomiche, movimenti a scatti o marionettistici: una sorta di contaminazione tra moderno e antico.
La scena si apre nell’atelier di un pittore, dove si aggirano uomini con abiti a righe bianche e grige e strani capelli, ridicoli anche gli abiti delle donne.

Gli interpreti da bravi attori hanno preso parte al gioco scenico divertendosi e facendo divertire.
Il soprano Ruth Rosique, nel ridicolissimo abito giallo di Elena, figlia di Marzucco, destinata sposa al Dottor Filebo, è una caratterista dalla voce acuta, squillante e duttile,  dal bel colore luminoso e dal suono rotondo e sonoro, è brava nei sillabati e capace di melodiose modulazioni.
Nelle rosse vesti di Olimpia cugina di Elena, che abita nella stessa casa, canta bene Caterina Di Tonno, un soprano dotato di bella voce, di  suoni rotondi e pastosi.
Nel ruolo della biondissima Corallina in versione dark, una vagabonda che gira con la lanterna magica, tradita da suo marito Doralbo, il soprano acuto Alessandra Marianelli esterna un bel corpo vocale, agile e brillante nelle colorature, versatile nel passare dagli  acuti svettanti fino ai sovracuti della tessitura sopranile alle note gravi della scrittura quasi mezzosopranile.

Il duetto Elena-Corallina è uno sfavillio di cadenze, acuti e sovracuti, una litigata a colpi di lance vocali, lunga fino all’esasperazione. Bravissime.

Clemente Daliotti, un basso dalla voce sonora e scura, è Nardullo, villano astuto, fratello di Corallina, che esegue i recitativi in dialetto napoletano antico come Isidoro nella Matilde di Shabran di Rossini.
Non esibisce una gran voce il basso Filippo Morace nel ruolo del vecchio Marzucco, un pittore fanatico, ridicolo come Don Bartolo de Il Barbiere di Rossini.
Alessandro Spina (Nastagio, servitore di Marzucco) è un basso dalla voce ampia e timbrata.
Dionigi D’Ostuni, tenore dalla voce chiara, acuta e sicura, dal timbro  interessante, ma di scarsa agilità e flessibilità, è Doralbo, un ciarlatano che si fa chiamare Dottor Filebo.

Vocalmente bravissime le donne già apprezzate anche in altre occasioni, un po’ acerbi gli uomini, che non conosco e con un’aria a testa è difficile giudicare, forse dipende dalla loro giovane età? Boh! Visti i mascheramenti che nascondevano le loro identità e vista l’impossibilità di un incontro ravvicinato con le loro facce al naturale (quest’anno il dopo teatro conviviale con gli artisti è stato riservato ai giornalisti ospiti totali del teatro anche per più giorni), non lo so.


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