Foto: Torreliana 2010 - Campanello - D'Amico, Donzelli, Antoniozzi. Ph. Amati Bacciardi.
FANO-TEATRO DELLA FORTUNA
Bravi artisti per IL CAMPANELLO di Dozzinetti (non è un refuso)
Recita con ballo del 6 febbraio 2010.
Bravi artisti per IL CAMPANELLO di Dozzinetti (non è un refuso)
Recita con ballo del 6 febbraio 2010.
Di Giosetta Guerra
Gaetano Donizetti fu a suo tempo soprannominato Dozzinetti, perché si pensava (arbitrariamente) che la gran quantità di opere composte andasse a discapito della qualità. Tale soprannome, assolutamente sbagliato per l’arte compositiva del bergamasco in riferimento alle sue bellissime opere più conosciute, cade a fagiolo per Il Campanello, che, non è una vera opera, ma una farsa napoletana per lo più parlata con qualche pagina di musica frizzante, o presa in prestito da altre opere (il Brindisi di Enrico “Il segreto per essere felici” della prima edizione è tratto da Lucrezia Borgia – rimusicato da Donizetti per la seconda edizione, “Assisa ai pie’ d’un gelso” è la parodia della “Canzone del salice” dell’Otello rossiniano, la cavatina di Serafina “Quel guardo il cavaliere” è quella di Norina con lo stesso titolo da Don Pasquale, forse inserita nell’edizione fanese dal regista perché non è presente nel libretto delle due versioni), o costruita in stile rossiniano. E pensare che Donizetti nel 1836, anno del debutto de Il Campanello al Teatro Nuovo di Napoli, non era neanche un compositore di primo pelo, perché erano già uscite opere come Anna Bolena, L’elisir d’amore, Lucrezia Borgia, Maria Stuarda, Marin Faliero, Lucia di Lammermoor.
Dall'anno successivo, infatti, Donizetti rimaneggiò il tutto e sostituì i dialoghi parlati con recitativi in italiano, trasformandola nella versione conosciuta ai nostri tempi.
La vicenda si svolge a Napoli. L’anziano farmacista Don Annibale Pistacchio sposa la giovane Serafina, innamorata – corrisposta – del giovane cugino Enrico un po’ farfallone. Il neo sposo all’indomani delle nozze deve recarsi a Roma, dove resterà un mese per impegni di lavoro. Enrico, deciso a impedire la consumazione del matrimonio, durante la notte suona di continuo il campanello del farmacista, che a quei tempi doveva restare sempre a disposizione dei pazienti, e si presenta in una girandola di travestimenti per chiedere medicine. La notte scorre in fretta e all’alba Don Annibale parte, sollecitato dal premuroso Enrico, senza neppure essere entrato in camera da letto.
Il baritono Alfonso Antoniozzi, vero animale da palcoscenico, deve sprecare la sua bella voce nel ruolo in prevalenza parlato di Don Annibale e il baritono Roberto De Candia ha gestito con grande padronanza una voce ampia, ricca e robusta anche nel vorticoso sillabato dell’aria di bravura di Enrico, Stefania Donzelli (Serafina) ha esibito una voce scintillante di soprano leggero, il mezzosoprano Elena Bresciani (Madama Rosa) canta poco e Martino D’amico nelle vesti di Spiridone è attore non cantante.
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