martedì 21 dicembre 2010

Fidelio di Beethoven - Palacio de Bellas Artes, Messico

Francisco Araiza (Florestan) - Elena Nebera (Leonore)
Foto: INBA

Ramón Jacques


Città del Messico. Fidelio di Beethoven. Il Palacio de Bellas Artes, la scena lirica più importante del Messico, ha riaperto le sue porte dopo due anni di chiusura per restauri con il Fidelio di Beethoven, che mancava da questo teatro dal 1983. Con questa riapertura si spera in una più ampia attività che inizierà con Rusalka nei primi mesi del 2011 Per la parte visiva il regista Mauricio García Lozano ha sviluppato i diversi temi della vicenda come la differenza di opinioni e di pensiero, la repressione, l'abuso di potere, il dolore, la libertà con un numeroso gruppo di attori in perpetuo movimento sulla scena, dove si sono trasformati, successivamente, in prigionieri. Tutto ciò, in certo qual modo polemico, con uso di ironie, sarcasmi e con momenti di spietatezza Anche se talvolta, in particolare in relazione alle violenze e alle repressioni dei militari, erano caricate in modo esagerato. La scenografia, ideata da Jorge Ballina, era ambientata in un'imprecisata modernità, trasportando lo spettatore fino nelle profondità di un'oscura e angosciante prigione sotterranea, per mezzo di una scena che in modo meccanico una sorta di bunker, dal disegno geometrico ed equilibrato. I costumi militari e civili di Jerildy Bosch contribuivano a dare un aspetto umano agli attori e ai cantanti, e la illuminazione di Jesús Hernández, particolarmente nell'ouverture e nel finale riusciva a creare stimolanti immagini per il pubblico.

Per quanto riguarda il cast vocale, il soprano russo Elena Nebera, Leonora, ha adattato il suo sonoro e bel timbro scuro alle esigenze del personaggio, con una chiarezza, sicurezza e una bella linea di canto. Il ruolo è stato anche affidato alla voce di Monica Guillen Chavez, soprano messicana che ha mostrato una voce sfumata, espressiva e calda nell’accento e nella proiezione. Entrambi i cantanti hanno eseguito correttamente la loro parte, senza esagerare il carattere Come Florestan, il leggendario tenore messicano Francisco Araiza, eminente cantante nato in questo teatro, ha dispiegato la sua grande esperienza per estrarre l'anima del personaggio e cantare la sua difficile aria, con passione. Nel suo canto si poteva percepire l’inconfondibile timbro mozartiano che ha ancora lucentezza e freschezza.

Maria Alejandres (Marzelline)- Carsten Wittmoser (Rocco)


Da parte sua, il basso spagnolo Rubén Amoretti ha dato vita a un Pizarro despota e autoritario, con un'autorevolezza artistica e una vocalità dal timbro vigoroso e robusto. Corretto è stato il tenore Emilio Pons, un Jaquino musicale e Maria Alejandres come Marzelline, un soprano dal timbro brillante e suave, chiarezza nell'emissione e buon disimpegno artistico. A sua volta il basso Guillermo Ruiz (Don Fernando) ha sostenuto una prova non più che discreta per la difficoltà ad udire la sua voce. Il basso-baritono tedesco Carsten Wittmoser è stato un convincente interprete che ha dato nobiltà e umanità al personaggio di Rocco, con un canto e un'interpretazione efficaci. In seguito ad un duro lavoro effettuato sulla partitura si può affermare che l’Orchestra del Teatro Bellas Artes ha suonato meglò che in altre occasioni L'esuberante orchestrazione è stata messa in risalto con equilibrio da Niksa Bareza: come pure la scelta dei tempi, lenta all'inizio, e con qualche sfasatura, ha suonato molto musicale e gradevole durante il resto della recita. Il coro ha dato un buon apporto alla rappresentazione e il suo livello generale è aumentato dall’arrivo del nuovo direttore catalano Xavier Ribes.





venerdì 10 dicembre 2010

Lo Schiaccianoci



SENIGALLIA – Teatro La Fenice - LO SCHIACCIANOCI

(Presentato da Luigi Pignotti)

Di Giosetta Guerra

Per l’annuale appuntamento col balletto, il Teatro La Fenice di Senigallia ha ospitato sabato e domenica 4 e 5 dicembre 2010 il Croatian National Ballet Theatre-Split, che con la direzione di Almira Osmanovich ha messo in scena una delle più belle fiabe di Natale, Lo Schiaccianoci con la musica registrata di Piotr Ilich Chaikovskij.

La storia è nota: il mago Drosselmeyer durante una festa pre-natalizia a casa del borgomastro di Norimberga, il benestante Sthalbaum, dona a Clara, figlia del borgomastro, uno schiaccianoci di legno a forma di soldatino. Clara si addormenta stringendolo tra le braccia e nel sogno il soldatino si trasforma in un coraggioso principe, che sconfigge le paure di Clara, materializzate nell’oscura orda dei topi, e accompagna la bambina in un mondo di fate, di giochi e di dolciumi. Il romantico viaggio di Clara si conclude al suo risveglio e lo Schiaccianoci torna ad essere un giocattolo.

Numerosi i bambini, anche piccolissimi, in palcoscenico: alcuni come ospiti del ballo iniziale, altri nei simpatici costumi dei topi. Tutti si muovono in modo appropriato, anche se non eseguono passi di danza. Gli ospiti della festa fanno movenze di danza, ma non ballano sulle punte, non hanno nemmeno le scarpette, e neanche il mago, pur avendo la sinuosità e la postura del ballerino; ballano invece sulle punte Clara e le ballerine che si muovono nel sogno.

Per essere la figlia di un benestante Clara indossa un abito bianco semi lungo alquanto modesto, le signore che partecipano alla festa hanno costumi più colorati ma piuttosto semplici.

Il secondo atto è più scintillante del primo, sia per i bellissimi i costumi delle danzatrici, sia per l’atmosfera onirica prodotta anche dalle luci di Zoran Mihanovic, sia per la musica delle note danze, presentate come una successione di numeri chiusi.

Incisiva la realizzazione del sogno popolato di topi e di soldati. Per la danza dei fiocchi di neve ballerine in tutù bianco semi lungo disegnano suggestive coreografie di fila e figure d’insieme in un quadro d’intenso biancore, volteggiando con leggerezza sulle punte con sinuosi ports de bras e grand jetés en l’air; nella danza della Fata Confetto assistiamo al pas des deux della fata con un magnifico tutù rosato corto e rigido e del principe, lei con sicurezza e flessibilità si prodiga in una serie di piroettes, arabesques, assemblés, developpés, lui si lancia in brisés volés e fouettés; la danza dei fiori, sottolineata del suono morbido e caldo del clarino, è caratterizzata dal delicato cromatismo dei costumi, dei magnifici tutù corti e fluttuanti composti di leggere foglie pastello e dalla grazia delle ballerine costantemente sulle punte; vivaci nei colori i costumi della danza dei cosacchi e della danza araba, eseguite con estrema abilità.

Le coreografie di Bozicz Lisak sono riprese dalla versione originale di Marius Ivanovič Petipa.

Le scenografie, ideate da Dinka Jeričević, sono in entrambi gli atti abbastanza semplici.

I costumi sono opera di Barbara Bourek.

Molti bambini tra gli spettatori, provenienti anche da Fano, dove sono attive due scuole di danza.

venerdì 12 novembre 2010

Maria Stuarda - Teatro Comunale di Modena



Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena

Tragedia lirica in tre atti su libretto di Giuseppe Bardari, dalla tragedia omonima di Friedrich Schiller. Musica di Gaetano Donizetti

Maria Stuarda con una Mariella Devia sopraffina

al massimo dello splendore vocale

(6 novembre 2010, prima)

Di Giosetta Guerra

Al suo apparire applausi scroscianti, come succede per i grandi attori del teatro classico, dal pubblico che gremiva il teatro fino al loggione. Non ho memoria di aver mai assistito ad una simile accoglienza nel teatro d’opera, ma Mariella Devia è un’icona del belcanto, una cantante di riferimento per la gestione del mezzo vocale, per gli esercizi di alto virtuosismo, per il controllo eccezionale del fiato, per la melodiosità infinita del canto, per la pulizia incontaminata del suono, per la sublimità dei sovracuti, per l’aderenza al personaggio sul versante interpretativo. Mariella Devia è una star di prima grandezza che, pur nel massimo del suo splendore vocale, non si atteggia a diva.La sua Maria Stuarda è stata superba: imponente e furente nel pezzo di bravura che è l’invettiva contro Elisabetta “Figlia impura di Bolena”, ha piazzato un sovracuto da brivido sulla parola “oscena”; delicata e dolcissima nel ricordar Arrigo, morto per lei, (“Quando di luce rosea”), ha tenuto un melodioso canto sospeso sulle parole “ombra adorata” con fiati lunghissimi su fili di seta lucidissimi ed è stata artefice di un ossimoro forse mai realizzato, la morbidezza degli acuti taglienti; ieratica e sublime nell’augurar felicità ad Elisabetta, sua sorella e sua aguzzina, (“D’un cor che muore reca il perdono…Dille che lieta resti sul trono”), ha fatto svettare la voce sopra la massa corale e allo scatto acuto su “implorerò” ha fatto seguire un florilegio di filati terminanti in una strepitosa scala discendente. Una tenuta vocale ed una gestione del fiato fuori dal comune ed un’intensità drammatica da manuale. Bravissima. Il pubblico ha risposto con un boato interminabile ed un entusiasmo incontenibile.

Un’Elisabetta credibile, sprezzante e talvolta dubbiosa, è stata delineata da Nidia Palacios, che al suo ingresso “Sì, vuol di Francia il Rege” ha evidenziato una voce abbastanza melodiosa, poco fluida nelle agilità, ma in grado di cantare in maschera e di eseguire acuti e trilli. Il ruolo è difficile perché esteso, svetta nell’acuto e scende nel grave, ma il mezzosoprano argentino lo ha interpretato con dignità e competenza sia vocale che scenica. Il giovane tenore turco Bülent Bezdüz, che ha sostituito l’indisposto Adriano Graziani nel ruolo di Roberto conte di Leicester, ha avuto un ingresso vocalmente incerto, ma poi ha acquistato sicurezza ed ha cantato sul fiato usando con generosità una voce di timbro chiaro e pulito, un po’ rigida ma estesa, è stato un conte focoso e si è prodigato in puntature acute e suoni tenuti fino agli acuti lancinanti dell’invettiva finale contro Cecil e contro tutti in difesa di Maria. Buone le voci del basso Ugo Guagliardo nel ruolo di Talbot e del baritono Gezim Myshketa nella parte di Cecil: peso e ampiezza erano gestiti con morbidezza; Caterina Di Tonno, come Anna Kennedy, ha messo in luce una delicata vocina di soprano.


Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, preparato da Corrado Casati, è stato capace di sonorità strepitose e di un amalgama maestoso. L’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna è stata diretta in modo garbato da Antonino Fogliari. L’allestimento dell’Opéra Royal de Wallonie di Liegi in Coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena, aveva le scene di Italo Grassi (grate ferrigne a lato e sospese in tralice, pavimento in pendenza, un muro sulla destra, fondale apribile su panorami diversi, anche su una suggestiva nevicata) e le luci di Fabio Rossi che hanno sottolineato i sentimenti coi colori e con un gioco di ombre riflesse. Bellissimi i costumi d’epoca in velluto ideati da Francesco Esposito, che ha curato anche la regia (quadri statici nei concertati, movimenti lenti delle masse, incedere regale delle due regine, tappeto oro per Elisabetta, tappeto rosso per Maria, che va incontro al martirio dirigendosi verso il fondo con le braccia aperte, quasi ad abbracciare il mondo). Una regia garbata, ma il finale ci ha lasciato senza emozioni. Ricordo invece ancora la scena finale carica di pathos di una Maria Stuarda curata da Gabriele Lavia a Bergamo nel 1988.
Lo spettacolo è stato comunque positivo e la presenza della Devia lo ha reso prezioso. Io sono uscita soddisfatta, anche se col collo torto per la posizione poco comoda del posto assegnatomi.


mercoledì 3 novembre 2010

I Vespri Siciliani - Teatro Regio di Parma

Festival Verdi 2010

Teatro Regio di Parma. I Vespri Siciliani.

domenica 24 ottobre 2010 – ultima recita

di Giosetta Guerra

Il super cast scritturato dal Teatro Regio di Parma per I Vespri Siciliani di Giuseppe Verdi ha attirato gente da tutto il mondo. Il teatro, completamente esaurito, domenica pomeriggio era affollato di Orientali, Tedeschi, Inglesi, oltre che di Italiani.

Purtroppo le nostre aspettative sono state inizialmente deluse dalla sostituzione del tenore, Fabio Armiliato stava male e lo ha sostituito Kim Myung Ho nel ruolo protagonista di Arrigo, ma la presenza di altri tre maghi dell’opera, come Daniela Dessì, Giacomo Prestia e Leo Nucci ha calmato la nostra agitazione e inoltre il tenore orientale se l’è cavata dignitosamente. Certo ci è mancata la bella figura di Fabio, le sue espansioni brucianti e la sua passionalità nelle scene d’amore che con Daniela sono così veritiere, tuttavia sentir Giacomo Prestia cantare l’aria di Procida del secondo atto “O tu Palermo” a 20 centimetri dalla mia faccia e guardarlo direttamente negli occhi è stato molto coinvolgente.

Sì, perché Pier Luigi Pizzi ha dilatato l’azione tra gli spettatori: tutti i personaggi si muovevano e cantavano non solo in palcoscenico ma anche tra il pubblico, entravano ed uscivano anche dalle porte di sicurezza e i coristi cantavano spesso schierati in fondo o ai lati della platea, o da un palco o fuori campo, creando una speciale osmosi tra audience ed artisti.

Per l’aspetto visivo Pizzi si è adeguato alle ristrettezze economiche del momento, optando per una scenografia minimalista fatta di simboli che, anche se non descrivevano le specifiche e ricche ambientazioni, davano lo spunto per immaginare ambienti approssimativi.

Atto primo: accoglienza a sipario aperto, palcoscenico in pendenza, non c’è la piazza di Palermo con i suoi edifici e la caserma, ma ci sono solo tre barche (Palermo è città di mare) contro un fondale bianco (perché non azzurro?); atto terzo: un divano celeste visto di spalle, un grande specchio piegato in avanti a rifletter la scena stile Svoboda (mitica Traviata a Macerata) per la scena del ballo; atto quarto: un’alta inferriata per il carcere con i frati incappucciati bianchi e neri ritti tra le sbarre; atto quinto: altare classico bianco per il matrimonio e pioggia finale di volantini tricolori sulla platea del Regio (Viva l’Italia!).

I militari francesi indossavano divise blu e sventolavano la loro bandiera, i siciliani avevano divise nere, la duchessa Elena era rigorosamente in nero e velata tranne alla cerimonia nuziale per la quale indossava un abito bianco, tutti della stessa foggia. Di bianco vestite le danzatrici della Tarantella, di nero i danzatori, tra cui spiccava il rosso di Ninetta (in bianco per le altre scene). Scena di stupro generale per il rapimento delle ballerine siciliane da parte dei soldati francesi (atto II).

Il ballo mascherato di dame e gentiluomini di entrambe le nazionalità (atto terzo, ballo delle quattro stagioni, che in realtà non sono state definite) si rifletteva nel grande specchio, si aggiravano anche degli incappucciati con mantelli cangianti di vari colori di tonalità scure. Le luci disegnate da Vincenzo Raponi davano le giuste atmosfere alle scene e agli ambienti. Le coreografie portavano le firma di Roberto Maria Pizzuto.

Tornando al versante vocale ribadisco la straordinaria da performance del basso Giacomo Prestia, che ha una cassa armonica unica, nel ruolo del patriota Procida (abito nero, capelli e barba bianchi): la voce è splendida e la figura non è da meno; al timbro conturbante si uniscono ampiezza, estensione, peso, ricchezza di armonici, naturalezza d’emissione dai gravi poderosi agli acuti pieni attraverso ampie arcate, un modo di porgere una voce cavernosa con grande morbidezza ed espressività. Magnifico.

Grande prova anche quella del baritono Leo Nucci (Guido di Manforte, padre segreto di Arrigo) per l’autorevolezza della figura e per un mezzo vocale ancor nel pieno dell’efficienza e dell’efficacia, sostenuto da una consolidata tecnica vocale e da una indiscussa maestria nel porgere: la voce è estesa, ferma e intatta in ogni registro (anzi direi che non l’ho mai sentita così perfetta nei passaggi di registro e nell’intonazione), i suoni sono pieni e rotondi, i fiati lunghi e sostenuti, il peso e il volume consistenti, l’interpretazione intensa. Insomma Nucci migliora col tempo e anche fisicamente.

Ci saremmo aspettati più passione e maggior impeto da Daniela Dessì per il ruolo di Elena che richiede una vocalità tirata all’estremo. Il soprano, invece, ha sfruttato la melodiosità della sua voce per un canto a fior di labbro, una linea sospirosa con bei filati anche rinforzati, una delicatezza d’accento con impennate acute e slanci brucianti che emergono nei concertati e ha fatto emergere la voce in tutto il suo splendore nel travolgente finale.


Kim Myung Ho
(Arrigo figlio ribelle di Manforte e innamorato di Elena) sapeva la parte (e non è poco per un ruolo estremo di un’opera poco rappresentata), ha esternato una voce che arriva ovunque, anche se il timbro piuttosto chiaro non è drammatico, ha cantato bene e con espressività, anche se la figura non è fascinosa.

Nelle parti di contorno hanno cantato Roberto Jachini Virgili (Tebaldo) un tenore incisivo di voce chiara, il basso chiaro ed esteso Alessandro Battiato (Roberto), il basso scuro Andrea Mastroni (Conte di Vaudemont), il tenore Raoul d’Eramo (Danieli), il basso Dario Russo (Sire di Bethune), il contralto Adriana Di Paola (Ninetta), il tenore Camillo Facchino (Manfredo).

Le pagine corali sono risultate molto coinvolgenti, grazie anche alla nota bravura del Coro del Regio preparato da Martino Faggiani.

L’Orchestra del Regio, diretta da Massimo Zanetti, ha esibito sonorità alte e dense nella nota Sinfonia d’apertura, ricca di poderosi crescendo e sensibili diminuendo, le grandi arcate della sezione archi, il frizzo dei violini, la potenza degli ottoni e delle percussioni, il guizzo dell’ottavino hanno contribuito ad annunciare il clima teso e ricco di contrasti di questo grand-opèra verdiano. Con maggior leggerezza è stata realizzata l’introduzione al II atto, una patina d’inquietudine ha pervaso il Preludio del IV e l’attenzione nell’eseguire il dettato verdiano ha reso tangibile l’immensa coralità dell’opera.

Il pubblico ha risposto con calorosi applausi.

venerdì 15 ottobre 2010

Gustav Leonhardt - Pergolesi Spontini Festival X edizione

Pergolesi Spontini Festival X edizione
Monte San Vito (AN) Teatro La Fortuna
(venerdì 17 settembre 2010)

Classe e maestria di Leonhardt al cembalo
di Giosetta Guerra


Il concerto del clavicembalista olandese Gustav Leonhardt al Teatro La Fortuna di Monte San Vito (AN) venerdì 17 settembre alle ore 21 ha dato l’avvio alla X edizione del Pergolesi Spontini Festival. Il solo pensiero che un grande artista come Leonhardt potesse essere presente in carne ed ossa in un piccolo teatro delle Marche ci ha meravigliato, vederlo a due metri di distanza e ascoltarlo dal vivo ci ha dato l’emozione di toccare l’incredibile. Ebbene sì, la sera del 17 settembre 2010 nel raccoglimento classico di un grande evento e nell’intimità riservata di un salotto privato abbiamo ascoltato uno dei più importanti clavicembalisti al mondo, non più giovane, ma sempre ricco di quel carisma che emanano i grandi personaggi. Leonhardt, signorile e riservato, ha fatto uscire il fluido delle sue dita per riversarlo sulla tastiera di due clavicembali finemente decorati, uno di tipo italiano con una tastiera per la prima parte e l’altro di tipo tedesco con due tastiere per la seconda parte. Il programma comprendeva brani di compositori tedeschi e italiani del Sei-Settecento, naturalmente; ci aspettavamo di ascoltare anche lo scintillio delle sonate di Scarlatti, ma il maestro ha optato per pagine più contenute e finemente cesellate. Ecco il programma: Prima parte: Johann Kaspar Kerll - Toccata di durezze e ligature Canzon n. 4, Bernardo Storace - Recercar de legature Corrente n. 17, Bernardo Pasquini - Recercar n. 139, Domenico Zipoli - Canzon, Alessandro Poglietti - Recercar n. 3. Seconda parte: Johann Christoph Bach – Praeludium in Do magg., Johann Sebastian Bach – Aria variata BWV 989, Quattro Piccoli preludiSuite in Mi minore “für das Lautenwerk” BWV 996. Come bis una pagina di Bach, l’amore della sua vita artistica.

sabato 14 agosto 2010

Aperitivi culturali agli Antichi Forni di Macerata

Foto: Mario Tiberini (tenore machigiano)
di Giosetta Guerra

Le persone che frequentano gli incontri agli Antichi Forni di Macerata si aspettano di sentire cose nuove o curiosità sulle opere che andranno ad ascoltare. Il 31 luglio Carla Moreni ha presentato al folto pubblico l’opera di Giuseppe Verdi “La Forza del destino”, raccontandone la trama (che si può leggere ovunque) e mettendo in evidenza il carattere dei personaggi e alcune particolarità musicali, certamente noti alla maggior parte degli astanti. Forse poteva essere più accattivante parlare di ciò che accadeva alla Scala nel 1869, fuori e dentro il teatro, prima e dopo il debutto della terza edizione dell’opera in questione, degli interpreti, visto che il protagonista era marchigiano, dello stato d’animo di Verdi e dei compositori che attendevano il loro turno per l’uso del teatro, visto che uno di loro era marchigiano. Forse Carla Moreni non sa che esiste un libro di una marchigiana dove tutto questo è ben descritto, ma Pier Luigi Pizzi sì.
Insomma queste Marche le vogliamo valorizzare o vogliamo farne un contenitore per ospiti graditi e non paganti?

Ecco un estratto dal mio libro sul tenore marchigiano, favorito di Verdi, “Mario Tiberini”.
Provate a vedere se appaga la vostra curiosità, come ha appagato la mia.

Durante la cosiddetta “settimana grassa” di carnevale1869, alla Scala di Milano ogni sera viene allestita un’opera con il teatro illuminato a giorno.

Domenica Don Carlos
Lunedì Mosè
Martedì Gli Ugonotti
Mercoledì Don Carlos
Giovedì Mosè
Venerdì Don Carlos
Sabato Gli Ugonotti

Le opere si protraggono per tutta la settimana di quaresima, (Tiberini canta solo ne Gli Ugonotti, nelle altre due canta Mongini), procurando un notevole ritardo sull’allestimento della nuova opera, La Forza del destino di Verdi. Gli abbonamenti per la realizzazione di tale opera erano comunque iniziati alla fine dell’anno precedente. Finalmente mercoledì 27 gennaio 1869 cominciano le prove de La Forza, sotto la direzione dello stesso Verdi e con un cast d’eccezione.
Ma il Maestro è preoccupato, perché, a causa dei troppi impegni dei cantanti, le prove sono poche. Il 5 febbraio (domenica) 1869 Verdi scrive ad Escudier da Milano:
“Caro Léon,
Sono qui da otto giorni e voleva scrivervi sempre in ogni giorno, ma nei primi giorni di prova vi è sempre molto da fare, e non ho mai potuto farlo. Non saprei dirvi quando andrà in scena La Forza del Destino, perché si fanno prove brevi, dovendo gli artisti cantare in questa settimana tutte le sere o D. Carlos o gli Ugonotti. Capite bene, tutte le sere! C’è da crepare cantar sempre opere di quella mole e provare il mattino”.
(G. Marchesi – Gli anni della Forza del destino, in Verdi, Bollettino dell’Istituto di Studi Verdiani, vol. II, n. 6, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1966).

Il 10 febbraio l’opera non è ancora andata in orchestra e gli altri compositori, che attendono il loro turno per presentare la loro opera alla Scala, sono in fibrillazione a causa di tali ritardi. La Commissione del Teatro alla Scala, infatti, aveva già inserito come opera d’obbligo nel cartellone della stagione un’opera nuova del compositore marchigiano Filippo Marchetti (1831-1902), che musicò Ruy Blas nel 1869, ma il prolungarsi dei lavori per l’allestimento de La Forza del destino, la confina alla fine della stagione, l’opera andrà in scena alla Scala il 5 aprile dello stesso anno con Tiberini nel ruolo protagonista.

“Montuoro e Marchetti si sono messi l’anima in pace, giacché volle il destino che in causa della “Forza del destino” essi sieno forzati ad aspettare che le loro opere sieno date per ultime. Il “Pungolo” per tranquillizzare Marchetti, dice che Tiberini ha prolungato il suo contratto, ma sino ad ora questo non è che un pio desiderio del pubblico, che in Tiberini vede e riconosce un vero appoggio della stagione ed una balla dell’Impresa della Scala, la quale si è addormentata e se la “Forza del destino” ritarda di comparire, dovrà smettere le rappresentazioni, perché Tiberini andrà via e allora non saranno più in tempo di riconfermarlo!” (Il Trovatore – 4 febb. 1869 – LA RIVISTA DELLA SETTIMANA - Firmato: IL NOVELLIERE).

Mario Tiberini è ormai diventato un punto fermo per molti compositori e per tutti gli spettatori. La sua partecipazione a questa opera verdiana rende ancor più frenetica l’attesa. E finalmente il 27 febbraio 1869 alla Scala di Milano avviene il debutto de La Forza del destino presentata nella definitiva edizione riformata.
(Interpreti: Mario Tiberini tenore (Don Alvaro), Ida Benza Nagy giovane mezzosoprano magiaro (Preziosilla - debutto), Luigi Colonnese baritono (Don Carlo), Marcello Junca basso (Padre Guardiano), Giacomo Rota basso (Fra Melitone), Teresa Stolz soprano (Leonora), Giuseppe Vecchi basso (il Marchese di Calatrava), Ester Neri mezzosoprano (Curra), Luigi Alessandrini basso (un alcade), Antonio Tasso tenore (Mastro Trabucco), Vincenzo Paraboschi basso (un chirurgo militare). Scene di Carlo Ferrario, pittore dei costumi Pessina. Maestro del Coro Zirillo (bravissimo). Dir. Orch. Angelo Mariani. Clarinettista Bassi. Flautista Pizzi. Regista e coordinatore: Giuseppe Verdi. 13 repliche.

Tutti i timori vengono di colpo fugati e tutte le ansie trovano appagamento nell’enorme successo ottenuto da quest’opera nuova, che fa incassare dieci mila lire.

“Tentar di ridire le emozioni vivissime che abbiam provato jersera alla Scala è cosa impossibile. Non fu una prima rappresentazione - fu una festa dell’arte - una di quelle feste che lasciano incancellabile la loro memoria in quanti vi presero parte. Tutto il pubblico e l’orchestra in piedi, a batter le mani freneticamente, applausi con l’agitar dei cappelli, con lo sventolare in platea dei fazzoletti, e nei palchi col grido Viva Verdi.” (Il Pungolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 66 e 67.

La sera della prima e nelle serate successive con la Stolz e Tiberini si toccano le punte più alte dell’entusiasmo e lo splendido allestimento dell’Impresa Bonola e Brunello contribuisce visibilmente alla buona riuscita dello spettacolo, che unisce la precisione tedesca al fuoco e al colorito italiano.

“E’ vero che il solito Parravicini non può fare a meno di notare che, unitamente alla Benza, essi tendono a crescere rispetto al basso diapason,……ma è anche vero che lo stesso critico riconosce che la Stolz meritò grandi applausi e che Tiberini fu sublime come attore e come cantante.” (Giorgio Gualerzi: op. cit. p. 902) “Luigi Colonnese, la Benza, Rota, Tiberini gareggiarono a chi meglio.” (La Lombardia dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 66).
La Stolz, Tiberini e Rota risultano essere gli eroi della serata. Unanime è il consenso della critica per il tenore Mario Tiberini.

“Tiberini si rivelò per così grande artista, che io dovetti chinare il capo e rinnegare le mie ingiuste prevenzioni”, scrive il critico de Il Gazzettino Rosa (28 febbraio 1869) e su Il Pungolo si legge che “la deliziosa romanza con cui si apre il terzo atto è stata cantata dal Tiberini con quell’accento di cui egli solo possiede il segreto, e con quella correttezza artistica, che lunge dallo scemare, aggiunge espressività all’accento” (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 68), infine La Lombardia esprime “speciale ammirazione pel tenore Tiberini , che in nessun’opera mai ci parve più grande, sia dal lato del canto che dell’azione drammatica.”
Egli ottiene forti applausi nell’atto terzo per la romanza e il duettino col Colonnese e nell’ultimo atto per il duetto tenore – baritono e il terzetto basso – tenore – soprano col quale si chiude l’opera. L’esecuzione della romanza del terzo atto “da parte dell’esimio Tiberini fu all’altezza della bellissima composizione; poscia piacque il duetto di Carlo e Alvaro (ferito).” (Il Secolo, 28 febbraio 1869).

“Il duettino col baritono parve un giojello di limpida e serena melodia………Nell’atto quarto Havvi un bellissimo duetto per baritono e tenore (Colonnese e Tiberini )… ed un nuovo terzetto per soprano, tenore, e basso, che piacerà maggiormente dopo parecchie udizioni. Verdi venne gloriosamente chiamato all’onore del proscenio più di venti volte, ed il grand’uomo ne sembrava profondamente grato e soddisfatto……Tiberini fu sublime come attore e come cantante.” (Il Secolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, Anno XXIV, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 68 e 69).

“Dopo la comica scena della minestra (atto IV), c’è il duetto tra baritono e tenore, quindi la grande aria della donna e finalmente il terzetto finale – tre pezzi in cui l’odio, l’amore, la rassegnazione cristiana trovano la loro più alta espressione – e in cui il Tiberini e la Stolz sono veramente sublimi per ispirazione d’accento e d’azione, assai bene secondati dal Colonnese nel duetto, dal Junca nel terzetto”. (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, p. 68).

“Terzo atto, fanatismo la romanza di Tiberini, due chiamate Verdi: duettino Tiberini e Colonnese, acclamatissimo, due chiamate Verdi……… Atto quarto,………fanatismo il duetto fra Tiberini e Colonnese, due chiamate Verdi. Chiamato il pittore per la scena dei dirupi…Terzetto finale fanatismo. Calata la tela, quattro chiamate Stolz, Junca, Tiberini col maestro ed un’ultima volta il maestro solo. Somma, 24 chiamate per Verdi. Esecuzione stupenda, come non si udì forse mai alla Scala. Pubblico infanatichito. Verdi commosso tanta ovazione” . (Cosmorama, p. 69).

lunedì 14 giugno 2010



Associazione Musicale Mario Tiberini

TEATRO TIBERINI
San Lorenzo in Campo (PU) Italia

sabato 7 agosto 2010 ore 20.30

PREMIO lirico TIBERINI d’oro
XIX edizione

Idea e dir. artistica di Giosetta Guerra - Presidente Onorario Samuel Ramey

SALOTTO MUSICALE

FRANCESCO MELI tenore
SERENA GAMBERONI soprano
LORENZO REGAZZO basso
Enrico Reggioli al pianoforte


Ospite il coro di voci bianche Piccoli Cantori di Gio’
Rosita Tassi al pianoforte

Ricordo del baritono Giuseppe Taddei
premiato nel 1996

Presentano Giosetta Guerra, Edoardo e Chiara Gamurrini

Ore 23.00 Cena in piscina Ristorante Giardino S. Lorenzo in C.

Informazioni
0721776928 - 3333416088
giomusica@alice.it

Prenotazioni: edicola Pezza 0721776784, edicola Il Quadrifoglio 0721774014

Prezzi:serata di gala: 25€ - loggione e Under 18 15€ - cena 25€ -
alloggio 50€ (PER CHI VUOL RESTARE QUI 2 GIORNI)

Visite ai Bronzi Dorati di Pergola, alla Rocca di Mondavio, alla Basilica Benedettina di San Lorenzo, agli Scavi romani Città di Suasa.
Degustazione cibi e vini locali.

domenica 30 maggio 2010

CORSO DI PERFEZIONAMENTO
IN DIREZIONE D’ORCHESTRA
con concerto finale diretto dai partecipanti
2 - 14 Agosto 2010
Mercatello sul Metauro
(Pesaro e Urbino) - ITALIA
Lanfranco Marcelletti

Orchestra Sinfonica G. Rossini

ARIA ITALIANA- musica, arte e creatività in collaborazione con Musica&Musica 2010Soggetto organizzatore: ARIA ITALIANA, musica,
arte e creatività, organizzazione per l’ideazione
e la gestione di eventi musicali e culturali, con
sede in Italia, Mercatello sul Metauro (PU), propone
un corso di perfezionamento in direzione
d’orchestra
con concerto finale diretto dai partecipanti.
Soggetti ammessi: Il corso è rivolto a giovani direttori
d’orchestra di qualsiasi nazionalità, purchè
a conoscenza della lingua italiana o
inglese.
Il numero massimo di partecipanti è fissato a
otto corsisti effettivi ai quali potranno affiancarsi
non più di dieci uditori.
Docente titolare: Il Corso sarà tenuto dal Maestro
Lanfranco Marcelletti, professore di direzione
d’orchestra all’Università del Massachusetts di
Amherst (U.S.A.), nella quale ricopre anche il
ruolo di direttore dell’Orchestra. Il maestro è inoltre
direttore musicale della Cayuga Chamber
Orchestra di Ithaca (U.S.A.) e assistente del
Maestro Alberto Zedda nella direzione dell’Accademia
Rossiniana di Pesaro (ITA).
Nato a Recife (Brasile), lì ha iniziato gli studi musicali
e si è diplomato in pianoforte. Si è quindi
trasferito in Europa perfezionandosi alla Musik
Akademie di Zurigo e alla Hochschule für Musik
und darstellende Kunst di Vienna, dove ha studiato
anche composizione. Negli Stati Uniti ha
poi ultimato gli studi di direzione d’orchestra alla
Yale University (New Haven). Ha ottenuto premi
e riconoscimenti in varie parti del mondo sia
come pianista che come direttore d’orchestra.
I suoi impegni come direttore lo vedono impegnato
con orchestre in Europa, Sud America,
America Centrale e Stati Uniti: Orchestra Sinfonica
del Brasile (Rio de Janeiro), Orchestra del
Teatro Nazionale (Brasilia), Orchestra Sinfonica
Nazionale del Cile (Santiago), Orchestra Sinfonica
di Xalapa (Messico), Orchestra del Teatro
Comunale di Bologna (Italia), Orchestra Sinfonica
di Galicia (La Coruña, Spagna), Haydn
Chamber Orchestra (Londra) e Orchestra del
Festival Eleazar de Carvalho (Fortaleza, Brasile).
Ha iniziato la sua carriera come direttore operistico
al Glimmerglass Opera Festival (Cooperstown,
U.S.A.) nel 2000, poi ampliata in altri
importanti teatri; tra questi il Teatro Real (Madrid),
il Teatro Calderón (Valladolid, Spagna), la
Commonwealth Opera (Massachusetts, U.S.A.)
e il Rossini Opera Festival di Pesaro (Italia).
È stato inoltre assistente del Maestro Anton Coppola,
nella premiere della sua opera Sacco e
Vanzetti a Tampa (Florida, U.S.A.), ed ha ideato,
in collaborazione con l’attrice Carmen Bermejo,
lo spettacolo per bambini www.mozart.deus,
prodotto dal Teatro Calderon (Valladolid, Spagna).
Orchestra: Il concerto finale diretto dai partecipanti
e le sue prove vedranno la partecipazione
dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro.
Questa è l’orchestra della Provincia di Pesaro e
Urbino (Italia) ed è tra le poche riconosciute dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Nata nell'aprile 2001, al termine di una selezione
coordinata dal Maestro Alberto Zedda, sarà nel
2010 una delle orchestre principali del Rossini
Opera Festival di Pesaro (Italia).
L'attività dell'orchestra, in costante sviluppo,
conta di circa 70 esecuzioni l'anno in Italia e
all’estero.
In particolare essa è l’orchestra di riferimento per
le produzioni concertistiche nelle città di Pesaro
(Teatro Rossini e Rocca Costanza), di Fano (Teatro
della Fortuna e Corte Malatestiana), di Urbino
(Teatro Raffaello Sanzio), di Cagli (Teatro
Comunale), di Mercatello sul Metauro (stagione
concertistica Musica&Musica) e nei numerosi
altri teatri storici della Provincia di Pesaro e Urbino.

Sede del corso: Le lezioni si terranno a Mercatello
sul Metauro (PU) dal 2 al 14 agosto 2010
nelle sale di Palazzo Gasparini,
prestigioso edificio
seicentesco che si affaccia sulla piazza principale
della cittadina.
Il palazzo dispone di confortevoli aule e di spazi
adeguati per le lezioni e le esercitazioni.
La sede del corso è inoltre dotata di rete wireless,
estesa anche alla piazza antistante per una
connessione internet sempre disponibile per i
partecipanti al corso.
Le prove generali e il concerto conclusivo si svolgeranno
nella Chiesa di San Francesco, sede
principale della stagione concertistica Musica&
Musica, edificio monumentale con ottima
acustica.
Programma del corso: Il programma, con sessioni
mattutine e pomeridiane, affronterà nozioni
di teoria e tecnica della direzione, analisi e preparazione
della partitura.
Sono previste lezioni teoriche, esercitazioni con
l’accompagnamento di un pianista e prove
con orchestra per un numero complessivo di
oltre 60 ore.
In particolare gli argomenti approfonditi durante
le lezioni tratteranno:
Teoria della direzione (Elementi storici sulla direzione
d'orchestra - Le orchestre nei vari periodi
storici - I primi direttori, evoluzione e
cambiamento della tecnica direttoriale - Le
grandi scuole europee - Il repertorio da camera,
sinfonico, operistico - Rapporti con l'orchestra,
il coro, i solisti, i cantanti, gli agenti
teatrali, le direzione artistiche dei teatri e delle
istituzioni sinfoniche);
Tecnica della direzione (Impostazione del
gesto, naturalezza, chiarezza, effetto nella direzione
- Concertazione e memorizzazione -
Programmazione ed organizzazione dei
tempi di prova in funzione dell'impegno -
Prime parti, file e sezioni, carattere e personalità
dell'orchestra - Arricchimento della sensibilità
all'ascolto del suono collettivo,
precisione ritmica e consapevolezza espressiva,
comprensione e rispondenza del gesto
direttoriale - La gestualità - Esercizi per migliorare
l'indipendenza della braccia);
Analisi della partitura (Analisi e prassi esecutiva
della partitura - Arcate - Tempo di preparazione
- Verifica e approfondimento di studi
e conoscenze della prassi compositiva di
ogni allievo - Analisi, studio ed esercitazione
dei brani in programma - approfondimento
e concertazione degli stessi);
Prove con orchestra (Ogni corsista avrà a disposizione
un tempo di almeno 45 m. con l’orchestra,
durante i quali proverà la parte del
programma del concerto finale assegnatagli
dal docente).
Le lezioni verteranno sul programma musicale
scelto per il concerto conclusivo; composto dai
seguenti brani orchestrali:
B. Bartok - Danze Rumene
L. van Beethoven - Sinfonia n. 2 in Re M. Op. 36
G. Bizet - Les dragons de Alcala - Seguidilla dalla
Suite n. 1 da Carmen
W.A. Mozart - Sinfonia n. 32 in Sol M. KV318
I. Stravinsky - Eight Instrumental Miniatures
A. Copland - Prelude dalla Symphony n.1
Inoltre, nel periodo del corso il Maestro Marcelletti
dirigerà a Mercatello sul Metauro due concerti,
uno per orchestra d’archi (7 agosto, A.L.
Dvořák, Serenata per archi in mi M. op. 22 - P. Čajkovskij,
Serenata per archi in do M. op. 48) ed uno
lirico-sinfonico (12 agosto, G. Rossini, Ouverture
de La Gazza Ladra - A.P. Borodin, Danza Polovesiana
con Coro da Il Principe Igor - E. Elgar, Pomp
and Circumstance Marches op. 39 - L. van Beethoven,
Sinfonia n. 5 in Do min. op. 67), nell’ambito
della stagione concertistica Musica&Musica. Sia
le prove che le esibizioni potranno essere ulteriori
esperienze di studio per i partecipanti al corso
che avranno libero accesso alle stesse.
Concerto conclusivo: Al termine del Corso, i corsisti
effettivi dirigeranno l’Orchestra Sinfonica G.
Rossini nella serata di chiusura della stagione
concertistica Musica&Musica 2010 - sabato 14
agosto. Il concerto verrà registrato e riversato su
DVD che sarà successivamente spedito ai direttori
partecipanti.
Durante la serata verranno inoltre consegnati gli
attestati di partecipazione.

Escursioni: Nei momenti liberi i partecipanti ed i
loro eventuali accompagnatori, oltre a godere
dell’ospitalità e delle bellezze di Mercatello sul
Metauro, cittadina pluripremiata per le sue attitudini
turistiche dal Touring Club Italiano con la
Bandiera Arancione, potranno agevolmente
trovare nelle vicinanze ulteriori momenti di
svago e di studio.
Il periodo del corso coincide infatti con il Rossini
Opera Festival di Pesaro, che vedrà impegnati
sia il maestro Lanfranco Marcelletti che l’Orchestra
Sinfonica G. Rossini nella preparazione e
messa in scena dello spettacolo Il Viaggio a
Reims di G. Rossini (con eventuale possibilità di
assistere ad una sessione di prove), e lo Sferisterio
Opera Festival di Macerata.
Sarà inoltre possibile raggiungere facilmente le
numerose località artistiche vicine, come Urbino,
città patrimonio dell’Unesco, o dopo un breve
viaggio in auto o autobus, città come Firenze,
Arezzo, Perugia, Assisi, Gubbio, ecc.

Sistemazione: A seguito di richiesta inoltrata ad
Aria Italiana, la stessa provvederà ad organizzare
il soggiorno dei partecipanti e dei loro
eventuali accompagnatori alle migliore e più favorevoli
condizioni.
L’arrivo è previsto per domenica 1 agosto.
Gli allievi e gli eventuali accompagnatori saranno
ospitati in camere singole o doppie, o in
appartamenti a seconda delle esigenze (quote
a partire da € 180,00 a persona). Tutti gli alloggi
si trovano nel centro di Mercatello sul Metauro.
La partenza è fissata per la mattina di domenica
15 agosto.

Modalità di iscrizione: La domanda di ammissione
dovrà pervenire per posta ordinaria ad
Aria Italiana, via Roma, 12 - 61040 Mercatello sul
Metauro (PU) - Italia, o tramite posta elettronica
all’indirizzo info@ariaitaliana.it, entro e non oltre
il 30 maggio 2010 e contenere i seguenti dati e
materiali obbligatori:
nome e cognome;
luogo e data di nascita;
nazionalità;
due fotografie recenti;
domicilio;
recapiti telefonici e telematici;
curriculum vitae attività direttoriale;
e i seguenti materiali facoltativi:
copia del diploma di direzione d’orchestra o
attestato di frequenza a corsi rilasciato da
conservatori di musica, college, accademie
musicali, Hochschulen;
attestati di partecipazione a corsi di perfezionamento
e concorsi di direzione d’orchestra;
lettere di presentazione.

Sono particolarmente graditi video e registrazioni
comprovanti l'attività dei candidati. Se già
presenti sul web possono essere segnalati all’indirizzo
e-mail lmarcelletti@yahoo.com, o inviati
direttamente (su VHS o DVD) al docente del
corso al seguente indirizzo - Marcelletti Lanfranco
Jr., 22 Rolling Ridge Road, Amherst, MA
01002, USA.

Conferma partecipazione: La partecipazione al
corso prevede la valutazione dei materiali trasmessi
con la domanda di partecipazione.
I candidati selezionati riceveranno comunicazione
entro il 20 giugno 2010.

Quote di partecipazione e obblighi: La quota di
partecipazione al Corso di Perfezionamento è di
€ 1.800,00 (milleottocento/00) per i corsisti effettivi
e di € 300,00 (trecento/00) per gli uditori.
Il versamento della quota dovrà essere effettuato
in due rate: la prima pari a € 900,00 (novecento/
00) entro il 30 giugno 2010 e la seconda
di € 900,00 (novecento/00) a saldo, entro il 31 luglio,
entrambe tramite bonifico sul conto corrente
bancario intestato ad Aria Italiana:
I T 8 1 C 0 8 7 0 0 6 8 3 5 0 0 0 0 1 4 0 1 6 7 1 9 7
SWIFT Code I C R A I T R R J G 0 .
La quota comprende la partecipazione a
quanto indicato nei precedenti articoli: programma
del corso e concerto conclusivo.
Per gli uditori, il pagamento avverrà in un’unica
soluzione da versare tramite bonifico bancario
entro il 31 luglio.
Le spese di viaggio, vitto, alloggio e delle eventuali
escursioni sono a carico dei corsisti.
Tutti i corsisti dovranno essere muniti di abito da
concerto.

Contatti:
Aria Italiana - musica, arte e creatività, Via Roma n. 12, 61040 Mercatello sul Metauro (PU)ITA
tel. 00393493427711 (italiano e inglese) 0039-3396436435 (italiano) - fax: 0039072289133
www.ariaitaliana.it - info@ariaitaliana.it
Marcelletti Lanfranco Jr., 22 Rolling Ridge Road, Amherst, MA 01002, USA
www.umass.edu/orchestra - www.ccoithaca.org/index.php?page=conductor
lmarcelletti@yahoo.com
Orchestra Sinfonica G. Rossini, Largo A. Moro n. 12, 61100 Pesaro (PU) ITA
tel. 00390721580094 - fax 00390721580095
www.orchestrarossini.it - saul.salucci@orchestrarossini.it - bruno.maronna@orchestrarossini.it

Link: Per conoscere il luogo dove si svolge il corso:
Comune di Mercatello sul Metauro - www.comune.mercatellosulmetauro.pu.it
Associazione Pro Loco Mercatellese - www.proloco-mercatello.it
Visita virtuale alle opere d’arte della città (anche in inglese): www.museodelmetauro.it
Per conoscere il festival musicale che ospiterà il concerto conclusivo del corso:
Sito ufficiale di Musica&Musica - http://musicaemusica.proloco-mercatello.it

sabato 29 maggio 2010

Concerti a Torino in tempo di Sindone
di Giosetta Guerra

Torino offre svariate occasioni agli amanti della musica classica di ogni epoca, perché oltre alle buone programmazioni del Teatro Regio, vengono organizzati concerti a ingresso gratuito nelle belle chiese della città in varie ore della giornata.
Abbastanza particolare mi è sembrata l’iniziativa del LUNCHTIME CONCERTS (seconda edizione), messa in atto da “Proposteconcerti” con il patrocinio della Città di Torino in collaborazione con l’Assessorato al Turismo: ogni venerdì alle ore tredici si possono ascoltare concerti strumentali e vocali nella chiesa del Santo Sudario (realizzata tra il 1734 e il 1764 e in occasione dell'ostensione della Sacra Sindone sede del Museo della Sindone) in Via Piave.
Il 23 aprile ho avuto la possibilità di ascoltare un giovane pianista dall’aspetto riservato e schivo, ma con una personalità artistica nel contempo sensibile ed energica. Un artista poco plateale, ma di sostanza.

Si tratta di Simone Ferrero di soli 20 anni, già diplomato in pianoforte con dieci e lode presso il Conservatorio G. Verdi di Torino e già protagonista di numerosi concerti sia come solista che come membro di formazioni cameristiche e jazzistiche. Ha frequentato varie masterclasses, ricevuto premi in concorsi nazionali ed internazionali ed è risultato vincitore del progetto Fondazione CRT “Master dei Talenti Musicali”. Ovviamente, come ogni serio musicista, continua a studiare e a frequentare corsi di perfezionamento.
Nel recital pianistico del 23 aprile Ferrero si è addentrato nel virtuosismo e nel melodismo della pagina di Brahms “Variazioni su un tema di Paganini, libro II op. 35” con sicurezza del tocco, ora deciso ed incisivo ora delicato ed aereo, ha trasmesso imponenza e leggerezza con scioltezza delle dita, chiudendo in un crescendo di potenza e di movimento.
Il tocco è adeguato alla scrittura del lungo brano di Schuman “Carnaval op. 9” , irruente e veloce all’inizio, poi in rallentando nei tempi ma non nella forza, sviluppato soprattutto nelle tessiture centrali e gravi con qualche scintillio in zona acuta e atmosfere romantiche nel canto morbido e sommesso; il finale è possente con brevi intarsi di movimenti leggeri.
Incroci delle mani per i trilli e le scale cromatiche discendenti e ascendenti del breve, travolgente e trascinante “Studio trascendentale nr. 10 in fa minore” di Liszt: una prova di vera maestria.
Ferrero ha proposto come bis lo “Studio op. 25, n. 6” di Chopin: una pioggia di note sulla testiera.
Bravo! Un pianista da seguire.



2° concerto

Tutti i lunedì di aprile alle ore 21 nel magnifico Coro delle Monache Agostiniane attiguo alla Chiesa di Santa Pelagia (sorta a Torino attorno al 1740 e restaurata nel 1998) Via San Massimo 21, si sono tenuti concerti strumentali con gli allievi del Conservatorio G. Verdi di Torino, organizzati dall’Opera Munifica Istruzione in collaborazione col Conservatorio.
Il 26 aprile violino e pianoforte sono stati i protagonisti della serata. Giuseppe Locatto al violino e Giorgia De Lorenzi al pianoforte si sono esibiti con la Sonata in Do magg. K 296 di Mozart, ricca di brio e di leggerezza; Martina Amadesi al violino e Paolo Tolomei al pianoforte hanno ben comunicato la ricchezza musicale della Sonata in Fa magg. K 376 di Mozart; Cecilia Fabbro al violino e Junko Watanabe al pianoforte hanno espresso l’inquietudine, la forza e la densità musicale della Sonata op. 100 n. 2 di Brahms; Giuliana Toselli al violino e Silvia Gregoriani al pianoforte si sono cimentati nella Sonata in sol di Debussy, dalla musica molto variata e con salti di registro, priva di una vera linea melodica per prediligere lo studio dell’effetto sonoro.
Un’iniziativa lodevole che l’Opera Munifica Istruzione porta avanti da quindici anni, per dare ai futuri artisti la possibilità di fare esperienza di palcoscenico e di pubblico, peraltro sempre numeroso. Una delle tante, in quanto l’ente è sede di seminari, corsi di formazione e di perfezionamento, di scuole, la più tipica delle quali è il Nido della Musica, ossia l’asilo nido che predilige il linguaggio musicale come strumento educativo. Quest’idea mi fa impazzire. Magnifica!
Una curiosità: Santa Pelagia, che la leggenda ci tramanda come bellissima ballerina divenuta monaca, è oggi patrona delle attrici drammatiche. (Consultare www.santapelagia.it).

sabato 22 maggio 2010

Parma- Teatro Regio - Werther di Jules Massenet

Foto Roberto Ricci Teatro Regio di Parma
Parma - Teatro Regio - Werther di Jules Massenet
(Recita del 27 aprile 2010)
di Giosetta Guerra
Sulle note cupe dell’ouverture alleggerita dalle delicatezze dei violini un funerale nero visto in controluce attraversa la scena vuota pervasa di luce rossa. La bara, posata a terra e privata del manto nero, diventa prima un muretto nel giardino del borgomastro e poi si divide in panchetti usati dai bambini sia come sedili sia come vassoi. Sul fondale aperto giganteggia un albero investito da luci sempre diverse e poi abbattuto, le luci dai colori accesi cambiano continuamente in base agli ambienti, alle situazioni e agli stati d’animo e creano violenti contrasti, spesso si fa uso della tecnica del controluce e dell’azione nel retroscena. La stanza di Charlotte è ricca di mobili bianchi in confusione, vi domina un lettone sopraelevato e un inginocchiatoio più in alto ancora. La stanza di Werther morente sul letto è piena di libri ed è rischiarata da candelieri accesi, mentre fuori scende la neve su un albero di Natale steso a terra e contro un cielo nero squarciato da una luna bianca sfocata. Le scene sono simboliche e stilizzate, le pareti che si inclinano e si restringono sui personaggi simboleggiano la claustrofobia del dolore. Johann e Schmidt, biondissimi, arrivano in bicicletta e portano l’ombrello, Werther fa il suo ingresso in frac grigio, Charlotte nella sua stanza indossa un abito bianco con strascico e capelli sciolti, Sofie è una delicata figura, Albert un compunto giovine. Scene di Alessandro Chiti, costumi di Giusi Giustino, luci di Paolo Ferrari, regia di Marco Carniti. Allestimento ripreso dal Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.



Sul piano vocale non si poteva avere un cast meglio assortito, a cominciare dal pluriosannato tenore Francesco Meli nel ruolo protagonista. Il suo Werther è un giovane pieno di slanci e di ritrosie, che si esprime con squillo sicuro e mezze voci sospirose, il mezzo vocale estesissimo e di bel timbro è usato prevalentemente sul forte, il canto a piena voce è trascinante, strepitoso nel finale del II atto; Pourquoi me reveiller è cantata con la giusta alternanza di smorzature e d’irruenze e tutta la scena è pervasa da maggior passione, complice anche l’intensità della musica. Tuttavia un’attenta opera di cesello sul canto sfumato renderebbe maggior giustizia al personaggio, più artista “ossianico” che titano romantico, e darebbe perfetta espressione al monologo interiore di Werther, costruito sul flusso di emozioni e di rapimenti. Sonia Ganassi regala suoni bruniti, espansioni liriche ed intensità d’espressione a Charlotte, il mezzosoprano è scenicamente e tecnicamente una brava artista, abile nel porgere, nell’usare le mezze voci, nello svettare nella tessitura acuta, ma mostra carenza di sonorità e di peso nella tessitura grave e poca chiarezza di dizione in quella media dove i suoni appaiono piuttosto chiusi.


Giorgio Caoduro nel ruolo del composto e razionale Albert, l'anti-eroe romantico, esibisce bel timbro baritonale, fiati lunghi e sostenuti con qualche ondulazione in zona acuta, correttezza, morbidezza e armoniosità del canto, buona dizione. Senza pecche e quindi perfetta la performance del soprano Serena Gamberoni: bella voce luminosa e tecnica ineccepibile, incursioni sicure e delicate nella zona acuta, scenicamente esprime perfettamente la freschezza della giovane Sophie. A completamento del cast ricordiamo il basso Michel Trempont (Borgomastro), il tenorino Nicola Pamio (Schmidt), il bravo baritono Omar Montanari (Johann), il mezzosoprano Azusa Kubo (Kätchen), il tenore Seung Hwa Paek (Brühlmann). Voci aggraziate quelle dei bambini del Coro voci bianche del Teatro Regio di Parma diretto dal Maestro Sebastiano Rolli. Il direttore Michel Plasson riesce a guidare l’Orchestra del Regio nel cangiante percorso sonoro che descrive l’evolversi della situazione: la musica frizzante e festosa all’arrivo dei bambini, delicata e romantica all’incontro di Werther e Charlotte, tormentosa e a dense arcate nella lettura della lettera, struggente e carica di tensione nell’intermezzo, si riduce a cupe arcate gravi e a un colpo di grancassa alla morte di Werther e muore con lui. Uno spettacolo positivo.

Puccini e Lucca a Buenos Aires


Puccini e Lucca a Buenos Aires

Puccini y Lucca en Buenos Aires sarà esposta nel foyer del Teatro Colón in occasione della sua riapertura dopo l'accurato restauro che ha riportato il Teatro agli splendori della sua apertura nel il 25 maggio 1908.
La mostra, realizzata grazie alla collaborazione con la Fundación Teatro Colón, il Teatro Colón, l'Ambasciata italiana in Argentina, Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires, l'Asociación Cultural Toscana di Buenos Aires, verrà inaugurata il 26 maggio, in concomitanza con la rappresentazione de La bohème e resterà aperta fino alla fine di giugno.
Per l'occasione è stato creato un apposito pannello, per la cui realizzazione è stata fondamentale la consulenza di Gustavo Gabriel Otero e Daniel Varacalli Costas, autori del volume Puccini in Argentina, dedicato al viaggio di Puccini a Buenos Aires nel 1905. Tra i viaggi compiuti da Puccini, quello in Argentina riveste un'importanza particolare, per la durata del soggiorno, dal 23 giugno all'8 agosto, per il carattere di Festival che il Teatro de la Opera aveva voluto dare alla stagione, per l'accoglienza ricevuta, e anche per il lauto compenso che gli procurò l'invito della Prensa.© Copyright 2008 - Fondazione Giacomo Puccini - Casermetta San Colombano 1, Mura urbane, 55100 Lucca Tel.: + 39-0583-469225 - Fax: 0039-0583-958324 -
info@fondazionegiacomopuccini.it


Miércoles, 26 de mayo de 2010 - miércoles, 30 de junio de 2010

MUESTRA EN OCASIÓN DE LA REINAUGURACIÓN DEL TEATRO COLÓNGIACOMO PUCCINI Y LUCCA EN EL MUNDO

Esta muestra, curada por la Prof. Gabriella Biagi Ravenni, directora de la Fondazione Puccini desarrolla a través de 20 paneles fotográficos el fuerte vínculo existente entre el compositor y su ciudad natal y dedica una atención particular a la visita que realizara Puccini a la ciudad de Buenos Aires entre el 23 de junio y el 8 de agosto de 1905.

Informaciones: Fecha: miércoles, 26 de mayo de 2010 - miércoles, 30 de junio de 2010Horario: 26 de mayo de 2010 a las 19.30Lugar: Foyer del Teatro Colón (Cerrito 618)Organizado por: Fondazione Giacomo PucciniEn colaboración con: Teatro Colón, Fundación Teatro Colón, Associazione Culturale Toscana di Bs.As., Ambasciata d'Italia/Istituto Italiano di Cultura, Comune di Lucca, Assoc. Lucchesi nel Mondo

martedì 18 maggio 2010

Simon Boccanegra - Teatro alla Scala, Milano.

Fotografie di Marco Brescia, Archivio Fotografico del Teatro alla Scala

Massimo Viazzo

Doveva essere il Boccanegra di Domingo e per Placido si è trattato di un vero trionfo! Dopo l’intervento a cui è stato sottoposto un paio di mesi fa si temeva per la sua salute e invece… eccolo lì, il tenorissimo, sul palcoscenico del Teatro alla Scala a dominare la scena dall’alto di quel carisma che l’ha sempre fatto amare dal suo pubblico. Placido Domingo ritrae un doge autorevole, ma sfaccettato che sa anche intenerirsi e commuovere, in un allestimento tutto sommato abbastanza anonimo e innocuo coprodotto con la Staatsoper unter den Linden di Berlino e curato da Federico Tiezzi (perfino l’entrata dei popolani nella Sala del Consiglio è risultata scenicamente fiacca). Certo, vocalmente a questo Simone manca il colore baritonale e soprattutto negli insiemi, come lo splendido finale del secondo atto, l’equilibrio fonico tra i registri viene compromesso, ma Placido, intelligentemente, non tenta di manipolare il proprio strumento vocale scurendolo artificialmente puntando invece sempre su musicalità e naturalezza.

Sontuosa, al suo fianco, l’Amelia di Anja Harteros, appassionata nel fraseggio, sicura e fermissima negli acuti, in grado di emozionare anche per mezzo di un colore vocale caldo e luminoso. Spavaldo, anche se non variegatissimo in quanto a linea musicale, il Gabriele Adorno di Fabio Sartori, ancora carismatico nonostante un palese prosciugamento timbrico Ferruccio Furlanetto come Fiesco e non molto rifinito il Paolo Albiani di Massimo Cavalletti. Daniel Barenboim trova in questo Simon Boccanegra la sua più compiuta realizzazione verdiana da quando è maestro scaligero. L’inizio dell’opera, ad esempio, è memorabile in quanto a morbidezze e ricercatezza timbrica e spesso gli accompagnamenti risultano soffici ed estremamente pregnanti. Qualche fragore di troppo (specie negli ottoni) non ha pregiudicato una resa strumentale spesso ammirevole. Superba, in tal senso, la prestazione dell’Orchestra del Teatro alla Scala che, assieme al compattissimo Coro del Teatro alla Scala diretto da Bruno Casoni, si è meritata grandissimi applausi in una serata che era cominciata con 10 minuti di ritardo per la lettura di un comunicato sindacale (con orchestra, coro e tecnici tutti sul palcoscenico) in cui si evidenziavano le ragioni di una protesta che sta interessando tutte le istituzioni musicali italiane attinente agli ultimi tagli alla cultura del governo Berlusconi.

lunedì 17 maggio 2010

Carmen a Città del Messico

Foto: Alejandro Amezcua / Cultura D.F.
Ramón Jacques

L’Opera de Bellas Artes, la compagnia nazionale d’opera del Messico ha offerto la riproposta di Carmen, la celebre opéra comique di Georges Bizet nella versione coi recitativi cantati introdotti da Ernest Guirard per la prima dell’opera a Vienna nel 1875 anziché la versione originale coi dialoghi parlati. La compagnia ha patito due anni di instabilità e di complicazioni nello svolgersi delle sue stagioni, a causa principalmente della chiusura per restauri del Palacio de Bellas Artes, il teatro lirico più importante del paese, la cui riapertura è prevista per il prossimo settembre. Il Palacio de Bellas Artes, è un edificio eclettico, miscuglio di stili Art nouveau e Art déco, in marmo bianco di Carrara, il cui progetto fu ideato dall’architetto italiano Adamo Boari nato a Marrara (Ferrara). Tutti i teatri lirici del mondo possono vantare aneddoti e storie memorabili e, quando si pensa a questo teatro, ne sovvengono immediatamente due: il primo è che questo luogo è stato la culla e il focolare di uno dei principali cantanti della storia dell’opera: Placido Domingo; il secondo è che su questo palcoscenico Maria Callas emise un celebre mi bemolle nel finale del secondo atto di una rappresentazione di Aida.

La rappresentazione a cui abbiamo assistito si è svolta in maniera assai soddisfacente nell’antico Teatro de la Ciudad, in una passata ma rinnovata produzione ideata e diretta dal regista José Antonio Morales, che si ispirò ai dipinti e alle incandescenti tonalità di rosso della Spagna vista da Goya. Con pochi elementi scenici, costumi adeguati, brillanti luci e una processione religiosa all’inizio del primo atto, così come pure con autentici cantanti e danzatori di flamenco, Morales ha fatto della vicenda dell’opera una miscela di fantasia e realismo, coerenza e vivacità.

Il ruolo di Carmen era affidato al mezzosoprano romano Veronica Simeoni, che ha dato alla zingara entusiasmo ed energia, cantando con una freschezza vocale e un suono morbido e sempre ben timbrato, dal colore uniforme e di qualità. Il tenore Fernando de la Mora ha ideato un Don José espressivo, di stile forte ed eroico, assecondando la sua voce penetrante ed eroica e con pertinenza scenica. A sua volta, il basso-baritono spagnolo Rubén Amoretti ha messo in risalto il ruolo di Escamillo rendendolo elegante, seducente, colla arroganza richiesta al personaggio, sfoggiando voluminosi e profondi mezzi vocali. Enivia Mendoza era una Micaela vivace per partecipazione e in buona forma vocale. Il resto del cast e il coro sono stati puntuali in ogni loro intervento. La direzione dell’Orchestra del Teatro de Bellas Artes era affidata al bulgaro Ivan Anguelov che ha condotto tutta la macchina bizettiana con professionalità e precisione ma senza nessun brillo particolare.

Luisa Miller al Teatro Regio di Torino

Foto: Ramella & Giannese- Fondazione Teatro Regio di Torino

Di Giosetta Guerra

Quando in un’opera il padre è più bello del figlio o l’antagonista più accattivante del protagonista, sarebbe meglio ascoltare e non vedere, se poi anche la scenografia è generica e senza tempo tanto vale chiudere gli occhi o fare l’opera in forma di concerto, fermo restando che le voci siano adeguate. Per Luisa Miller (la vicenda è ambientata in Tirolo, nella prima metà del XVII secolo), andata in scena al Teatro Regio di Torino, dopo la lunga e bellissima ouverture, il sipario si apre su un tetro interno ligneo (eppure c’è una festa di compleanno), che si ripete nel corso dell’opera ogniqualvolta si deve figurare un ambiente chiuso (a volte rischiarato da alberi frondosi agitati dal vento dietro le finestre, quasi a richiamo del Tirolo) e che si alterna con pannelli scorrevoli a disegni geometrici quando l’azione si svolge all’aperto. Il vecchio Miller, padre di Luisa, è qui giovane e aitante, Rodolfo, amante di Luisa, è basso e pienotto, il conte di Walter, padre di Rodolfo è alto, slanciato e bello e Wrum, castellano di Walter che vorrebbe sposare Luisa perché ne è innamorato, è anche un gran bell’uomo. Credibilità scarsa.

L’allestimento, coprodotto con il Teatro Regio di Parma, si avvale di regia, scene, costumi e luci di Denis Krief, che a volte fa muovere coro e protagonisti ballando sulla musica e che mira a dar risalto alla differenza dei ceti sociali. Tra i cantanti, tutti bravi professionisti, le tre voci scure maschili hanno fatto proprio una gran figura. Molto belle e ben gestite le voci di Gazale, Iori e Anastassov. Il baritono Alberto Gazale (Miller) è una grande figura scenica e un grande personaggio con il dramma nella voce, l’eccellente modo di porgere, sostenuto dalla ricchezza del mezzo vocale in quanto a colore, peso, ampiezza, morbidezza, dà risalto all’intensità dell’interpretazione. Il basso Orlin Anastassov (Conte di Walter) domina la scena con l’autorevolezza della sua figura, la voce è importante, corposa e di buon peso e volume. Enrico Iori (Wurm) è un bravissimo basso dalla voce robusta e vibrante e dall’aspetto imponente. Il tenore Massimiliano Pisapia (Rodolfo) ha un bel getto vocale, robusto, squillante, sicuro, ma canta quasi sempre con impeto e, per essere un personaggio romantico, si concede poche morbidezze. Non sempre sicura risulta l’emissione del mezzosoprano Barbara Di Castri (la duchessa Federica); la contadina Laura è interpretata dal mezzosoprano Katarina Nikolic e un contadino dal tenore Dominic Armstrong. Poi c’è lei, Fiorenza Cedolins, bella, teatrale, brava cantante e brava interprete, con bella voce nel ruolo di Luisa Miller, che purtroppo non mi sembra completamente adatto alle sue peculiarità vocali. Sul podio dell’Orchestra del Regio c’è il bravo maestro Donato Renzetti, fedele interprete della partitura verdiana e con un occhio sempre attento anche al palcoscenico. Artefice di pagine corali di forte coinvolgimento è il Coro del Regio, diretto da Claudio Fenoglio.

Lugo: la cantata scenica di Rossini non va a Reims

Foto: Teatro Rossini Lugo

Il viaggio al manicomio

Athos Tromboni
LUGO (Ravenna, Italia) - La restaurazione borbonica, conseguente alla sconfitta di Napoleone Bonaparte e alla rinascita dell'assolutismo monarchico, cominciò in Francia il 6 aprile 1814, giorno in cui il Senato chiamò sul trono francese Luigi XVIII. A questi succedette, il 25 maggio 1825, il fratello Carlo X e il clima festaiolo dei giorni dell'incoronazione, in pieno periodo di restaurazione, offrì gli spunti a Gioachino Rossini per la composizione di un'opera buffa (su libretto di Luigi Balocchi), tesa a raccontare la frenesia e l'eccitazione suscitate nella gente dall'evento regio. Nacque così Il viaggio a Reims, una delle opere più originali e più misconosciute di Rossini. Nel libretto, che è una satira del costume dell'epoca, vi si immagina un gruppo di persone di nazionalità diverse che si trovano presso l’Albergo del Giglio d’Oro, nella città termale di Plombières, e decidono di organizzare una viaggio a Reims per assistere all’incoronazione. L’opera ebbe la sua prima rappresentazione il 19 giugno 1825, al Théâtre des Italiens di Parigi, con un cast stellare: praticamente tutti i più grandi cantanti di allora. Dopo quella leggendaria esecuzione l’opera non venne più eseguita, ma Gioachino Rossini riprese e riadattò la maggior parte della musica per Le Comte Ory. Abbandonata in un cassetto per volere dello stesso Rossini, l’originale partitura fu studiata e riportata alla luce solo nel 1984 dal Rossini Opera Festival di Pesaro, con un allestimento e una compagnia di cantanti altrettanto stellare, sotto la direzione di Claudio Abbado e per la regia di Luca Ronconi. Da allora l'opera (anzi, la cantata scenica, perché di questo si tratta, più che di un'opera vera e propria) è entrata stabilmente nel repertorio e viene frequentemente rappresentata non solo in Italia ma anche all'estero: non è privo di significato che Il viaggio a Reims abbia avuto l'onore, nel 2007, d'essere rappresentata al Marinskij di San Pietroburgo, nume tutelare Valerij Gergiev. Anche i piccoli teatri italiani l'hanno riscoperta, e così nel 2009 il Municipale di Piacenza affidò alla regista Rosetta Cucchi e al direttore d'orchestra Aldo Sisillo il compito d'una nuova produzione: quell'allestimento è stato ripreso, il 7 e 8 maggio scorsi, dal Teatro Rossini di Lugo di Romagna (Ravenna), riportando anche qui il grande successo di pubblico che già aveva avuto a Piacenza.

C'è una frase, nel libretto di Balocchi, che è fondamentale per definire l'assurdo che Rossini ha tramutato in farsa giocosa, la dice Don Alvaro, ed è questa: "Si parla di partir e si rimane qui". Infatti quel viaggio a Reims non sarà mai fatto, perché non si trovano cavalli e cocchieri liberi. Quella impossibilità d'uscire dall'Albergo del Giglio d'Oro accende l'inventiva della regista che immagina svolgersi la scena dentro un manicomio, da dove non si può uscire (e nel finale l'immagine di Carlo X che assurge al soglio regale, sarà sostituita dall'entrata in scena del Primario Psichiatra, il medico dei matti, accolto da tutti come un deus ex machina). Definita e creata l'ambientazione, i caratteri dei personaggi vengono da sé: così Madama Cortese sarà una isterica conclamata, Don Prudenzio un medico del manicomio completamente miope e tonto, la Contessa di Folleville una fisima che oltre a portare il cappellino stile Marlene by Coco Chanel deve appoggiare sempre i piedi sopra un cuscino di piume d'oca, il Barone di Trombonok un direttore d'orchestra con la bacchetta perennemente in mano, Don Profondo un antiquario che si porta appresso un inseparabile mappamondo, Don Alvaro un toreador dall'altrettanto inseparabile spada di legno, la Marchesa Melibea una donna attempata con un guinzaglio in mano a cui dovrebbe essere attaccato un cane che però non c'è, il Conte Libenskof un résumé della Grande Russia che invece vive ai tempi dell'Urss, Corinna una poetessa seguace del Mantra e dedita agli oppiacei, e via discorrendo. Ma le idee sono insignificanti se non sorrette dalle azioni a loro più consonanti: così il canto, ma soprattutto la recitazione, dei personaggi diventa un panegirico di trovate, gag, improvvisazioni estemporanee che - senza tradire lo spirito del libretto - hanno l'effetto di divertire molto il pubblico.
I colori di scena predominati sono, come ovvio, il bianco ospitaliero e il blu, mentre il rosso carminio e il nero vengono usati dalla costumista Claudia Pernigotti per alcuni abiti (Don Alvaro, Lord Sidney, Melibea, Libenskof) quale efficace contrasto cromatico. I cambi scena sono eseguiti a vista, con i coristi che entrano, spostano, insufflano, sventolano, trascinano l'attrezzeria, ma tale e tanto movimento contribuisce alla giocosità dello spettacolo, una sorta di variazione implementata alle geometrie prospettiche disegnate da Tiziano Santi. Le luci di Marco Cittadoni mantengono la scena luminosissima, solare, non sono né introspettive né simboleggianti, salvo che nella tiritera cantata da Don Profondo ("Medaglie incomparabili/Cammei rari impagabili") quando il fondale diventa fantasmagoria di bianco rosso e verde come la bandiera italiana.
In siffatta esattezza d'ambiente e puntigliosità di recitazione, la musica si è espressa con altrettanta efficacia e buona qualità. Il direttore Aldo Sisillo, sul podio dell'Orchestra dell'Emilia Romagna, ha trovato le migliori sfumature per il lirismo rossiniano (tempi comodi, non serrati) ed ha eseguito i crescendo e i concertati con il polso necessario all'irruenza musicale del Pesarese. Il cast, costituito da giovani artisti, è stato ineccepibile: tutti molto bravi, sia come attori che come cantanti, con un plauso in più per il tenore Enrico Iviglia (Libenskof) capace di sovracuti timbrati e svettanti (restando a Rossini, ci piacerebbe sentirlo nello Stabat Mater; passando a Bellini, l'andremmo a sentire se fosse Gualtiero del Pirata). Gli altri del cast erano: Natalia Lemercier Miretti (Corinna), Silvia Beltrami (Marchesa Melibea), Elena Bakanova (Contessa Folleville), Enrica Fabbri (Madama Cortese), Alessandro Luciano (Cavaliere di Belfiore), Graziano Dallavalle (Lord Sidney), Marco Filippo Romano (Don Profondo), Salvatore Salvaggio (Barone di Trombonok), Omar Montanari (Don Alvaro), Diego Arturo Manto (Don Prudenzio), Bettina Block (Maddalena), Alessio Manno (Don Luigino), Gloria Contin (Delia), Luisa Staboli (Modestina), Donato Scorza (Zefirino), Kwang Soun Kim (Antonio), Alessio Manno (Gelsomino) e Marco Vito Chitti (Primario Psichiatra, figurante). Caloroso, come si è detto, il successo di pubblico.