martedì 27 agosto 2019

ROF 2019 Semiramide


ROF 2019

Pesaro Vitifrigo Arena



  Semiramide  


(dedicata a Bruno Cagli e a Montserrat Caballé)




 Esecuzione monumentale   
 per un’opera monumentale 

Quattro ore di musica: una delizia per gli spettatori,
un lavoro mastodontico per gli artisti.

Recita del 17 agosto 2019, recensita da Giosetta Guerra

I grandi occhi del re occupano il fondale, a volte si avvicinano, a volte il viso si apre per mostrare l’interno di una stanza con disegni infantili sulle pareti, una stilizzatissima figura femminile con un pugnale insanguinato in mano, ritta accanto alla figura stilizzatissima di un uomo con la corona in testa, disteso a terra esanime. 

Sul lato sinistro in posizione elevata un disegno a forma di raggiera o ragnatela nasconde una porta, davanti alla quale una figura femminile biancovestita (Azema) resta in piedi per molto tempo, in basso sul lato destro c’è una culla azzurra con un bambino che dorme, ogni tanto un gigantesco orsacchiotto celeste e bianco compare al centro del palcoscenico o da dietro una parete.

In una scena successiva si vede un grande occhio vuoto, dentro il quale sfila una processione di donne biondo platino in abito nero con neonati in braccio e il palcoscenico è attraversato di corsa da un bimbo col peluche. In un’altra scena compare un viso, attraversato da una scia di sangue. 


Il trono di Semiramide è un balconcino in ferro che attraversa un grande faccia.
Nell’appartamento della regina troviamo un salotto moderno con divano chiaro sul quale Semiramide e Assur amoreggiano.

Il regista Graham Vick analizza il trauma psicologico di un bambino che la madre stessa voleva eliminare insieme al padre e cresciuto senza i genitori. Semiramide, la regina assiro babilonese, che il librettista Gaetano Rossi presenta avida di potere e di sesso, era moglie del leggendario re Nino che fondò Ninive, e amante di Assur col quale progettò di uccidere suo marito Nino e suo figlio Ninia.
Un dramma anche attuale, secondo Vick, che vede nella regina un tipo di donna arrivista, disposta a farsi strada in un mondo di uomini a qualunque costo, anche abbandonando figlio e marito. Quindi Stuart Nunn come scenografo realizza scene atemporali, visionarie, popolate di simboli e ricordi infantili, e come costumista abiti moderni per padre, madre, figlio, amante, coro e tipici costumi d’epoca per gli altri. Le giuste luci di Giuseppe Di Iorio hanno un ruolo di rilievo.
La regia è per lo più statica, i personaggi cantano spesso ai lati, il coro (in frac nero o a dorso nudo i maschi, in nero e bianco con cappellini o con capelli platinati le femmine) è quasi sempre presente anche in funzione scenografica, schierato fermo a ridosso del fondale, o introdotto per sezioni divise, le masse si muovono compostamente, ma i quadri sono vari e molto articolati e rappresentativi, non manca una scena di rito musulmano; il padre e il bambino sono i principali protagonisti nella scenografia.
I coristi e alcuni personaggi hanno le facce dipinte con righe colorate come gli zulù (sono i colori delle bandiere di vari stati), Oroe e i Magi sono inquietanti conciati come Lazzaro uscito dal sepolcro o come lebbrosi o come fachiri, sfilano in processione seminudi (calzamaglia color nudo) con lunghissime barbe e lunghe acconciature rasta.
Idreno, re degli Indiani, indossa sontuosi e preziosi abiti da maragià ed ha la faccia a 3 colori;  la principessa Azema ha uno scintillante abito bianco;  Assur in redingote nera con fiore all’occhiello porta occhiali neri, nella scena finale della follia, Assur si presenta discinto, scarmigliato e con la pistola in mano; capelli biondi corti per Semiramide, in tailleur pantalone nero, camicia bianca, scarpe décolleté con tacchi alti, tipico abbigliamento della donna manager in carriera; Arsace ha capelli lunghi scuri, un aderente tailleur pantalone nero lucido con strisce damascate; l’ombra di Nino si materializza e l’uomo in abito celeste, con la faccia sporca di celeste e di rosso, entra appoggiandosi ad un bastone celeste. 
Molti particolari, rilevati dalle foto, non si vedono dalla grande e lunga platea.

Il M° Michele Mariotti, il più osannato della serata, dirige la splendida Orchestra Sinfonica della RAI con gesto preciso, giusta direzione dello sguardo verso le differenti sezioni per gli attacchi, concreta partecipazione teatrale cantando lui stesso. La raffinata e minuziosa precisione della conduzione e la competenza e sensibilità dei professori d’orchestra permettono un ricamo musicale d’alto pregio. Con la Sinfonia, fortunatamente a sipario chiuso, e le coinvolgenti introduzioni orchestrali, ci immerge nel mondo magico di Rossini, la voce scoperta di alcuni strumenti mostra la bravura dei nostri musicisti.

Il duetto madre/figlio “Ebbene… a te: ferisci” coi pizzicati dei violini è sbalzatissimo e in crescendo con l’orchestra che ricama sotto le voci. La musica frizza sotto il duettino madre/figlio, seduti su seggiole con gambe accavallate “Serbami ognor sì fido”.
La morbidezza è la cifra stilistica dell’orchestra che si lancia anche in strappi accentuati. La maledizione di Nino con lampi, tuoni e strappi orchestrali è apocalittica.

Per un’opera così mastodontica servono interpreti di grande calibro e fortunatamente qui tutti cantano bene ed hanno buone doti vocali, voci poderose, possenti, estese anche nella coloratura di forza e a volte violente nell’emissione. Assur e Arsace talvolta crescono nei finali.

L’importante ruolo di Oroe capo dei Magi ha la bella voce scura di spessore e i lunghissimi fiati del basso Carlo Cigni, trasformato in una sorta di zombi.



























Idreno è accompagnato da musica brillante. Il tenore Antonino Siragusa è perfetto per questo ruolo acutissimo. La voce è chiara e tagliente, spara sovracuti siderali sostenuti, l’intonazione è perfetta, i salti equilibrati, la voce aspra è usata con maestria e diventa più gradevole con l’uso di belle mezze voci in tessitura acuta nell’aria del II atto sc. VI “La speranza più soave”, arricchita da due sovracuti al fulmicotone.

Assur si presenta con la bella vocalità del baritono Nahuel Di Pierro che canta con morbidezza ed esegue bene le ondulazioni, esegue correttamente le agilità e il canto di sbalzo, grazie ad una voce duttile ed estesa, di bel colore, ma non molto possente, nonostante appoggi gravi cospicui. Nella struggente aria “Deh…ti ferma…ti placa…perdona…” è morbidissimo, svettante e con buoni affondi gravi ed esegue propriamente il canto sbalzato della cabaletta “Quei numi furenti” col ritmo brillante dell’orchestra.
Semiramide è il soprano di coloratura Salome Jicia.
L’interpretazione magistrale della cavatina “Bel raggio lusinghier” è un autorevole biglietto di presentazione: soprano di coloratura con vocalità possente, agilissima e duttile con belle mezze voci e acuti laceranti, strabilianti sovracuti, belle arcate e magistrali puntature acute. una grande voce.
Nel lungo e patetico duetto Semiramide/Assur del II atto sc. III “Assur, i cenni miei…Se la vita ancor t’è cara” i due amanti ricordano il delitto di Nino in posizioni erotiche sul divano e sul tappeto del salotto. Entrambi esperti belcantisti, si esprimono con un canto morbido sopra una musica incalzante.



Bella voce, estesa e duttile è quella del mezzosoprano armeno en travesti Narduhi Abrahamyan nel ruolo di Arsace/Ninia, che ha una linea di canto morbida, ma qualche suono stretto e gravi aperti, brava nella coloratura, ha anche una dizione discreta.

Mitrane è Alessandro Luciano un tenore di poco spessore.



Canta bene il soprano leggero Martiniana Antonie nel ruolo di Azema.






Sergey Artamonov è l’ombra di Nino con buona vocalità scura.
Nino che annuncia “Arsace regnerai” sembra il Commendatore, la musica, il canto, l’atmosfera ci riportano alla scena finale del Don Giovanni, quando il Commendatore chiede il pentimento di Don Giovanni, e il concertato finale atto I ci ricorda il canto d’insieme che chiude l’opera di Mozart.

Il canto d’insieme produce un bell’amalgama sonoro e con la complicità dell’orchestra è travolgente.


Il Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato dal M° Giovanni Farina, canta magnificamene, piegando la possenza della voce alla morbidezza del canto.
La scenografia non disturba l’ascolto, ma non favorisce la comprensione della vicenda, per di più i sopratitoli pallidi e poco contrastati sono di difficile lettura.
Spettacolo magnifico e di alto livello.


 Foto Amati Bacciardi















mercoledì 21 agosto 2019

ROF 2019 Concerto Pratt Molinari


ROF 2019

Teatro Rossini

Concerto lirico-sinfonico

Tutto Rossini per
Cecilia Molinari e Jessica Pratt
e l’Orchestra Sinfonica G. Rossini

(19 agosto ore 16)

By Giosetta Guerra

 

Non si interrompe la scia del successo delle due splendide protagoniste di Demetrio e Polibio, il soprano Jessica Pratt e il mezzosoprano Cecilia Molinari, anzi si accresce col concerto lirico sinfonico tenuto nella sede rossiniana della musica.
Accompagnate dall’Orchestra Sinfonica G. Rossini, diretta dal M° Carlo Tenan, le due dive affrontano un programma di arie e duetti rossiniani di grande prestigio.
Il programma inizia con la Sinfonia de L’Italiana in Algeri per sola orchestra, che verso la fine esegue anche quella di Otello.
La pienezza del tutto orchestrale evidenzia sonorità ben calibrate, le voci scoperte degli strumenti solisti, dallo scintillante ottavino che saltella con gli archi leggeri alle arcate sornione dei contrabbassi e alla voce conturbante dei corni, arricchiscono il tessuto sonoro e si uniscono in esaltanti crescendo (L’Italiana in Algeri), volatine spumeggianti dei violini si innalzano dal solido tessuto sonoro degli strumenti dalle voci gravi (Otello).
Il M° Carlo Tenan ha diretto la brava Orchestra Sinfonica G. Rossini più col corpo che col gesto.
Ma Rossini è talmente coinvolgente che una brava orchestra lo eseguirebbe anche senza direttore.
La parte vocale è affidata a due belcantiste doc, che oltre alla precisa tecnica possiedono una gran bella voce.
La naturalezza e la fluidità d’emissione anche nel canto mosso, la pastosità e l’omogeneità del suono che non ha crepe, la bellezza della voce di Cecilia Molinari, mezzosoprano di coloratura, dal bel timbro chiaro e pulito, che sale con pienezza del suono alla tessitura acuta con ampie arcate e scende ai gravi senza contraffare i suoni, e che arricchisce il suo modo di porgere con l’uso della messa di voce e la teatralità del gesto, emergono dai due brani solistici da lei cantati: Recitativo Oh patria! e Cavatina di Tancredi Tu che accendi questo core da Tancredi e l’Aria di Rosina Contro un cor che accende amore da Il Barbiere di Siviglia.
Jessica Pratt esibisce fiati lunghi, scintillio dei fitti vocalizzi e levità dei filatini in acuto, trilli a mezza voce, sovracuti come lame, bellezza del timbro e consistenza del suono nella tessitura alta, abilità nel canto fortemente fiorito, tutto gorgheggi e sbalzi nell’Aria di Adelaide Cingi la benda candida da Adelaide di Borgogna; è un fuoco d’artificio nel Rondò di Matilde e Finale Secondo Ami alfin? e chi non ama? da Matilde di Shabran. Jessica Pratt è una forza della natura dal viso d’angelo.
Le due eccelse signore  cantano insieme il Duettino Zelmira-Emma Perché mi guardi, e piangi? da Zelmira, introdotto da arpa e clarino in palcoscenico, il Recitativo Oh qual scegliesti e il Duetto Amenaide-Tancredi L’aura che intorno spiri da Tancredi e come bis Questo cor ti giura amore da Demetrio e Polibio.
Il pubblico ha tributato loro ovazioni a non finire battendo mani e piedi.

sabato 17 agosto 2019

ROF 2019 Demetrio e Polibio




Rossini Opera Festival 2019 (40.a edizione)

Pesaro, Teatro Rossini

Demetrio e Polibio

(15 agosto 2019)

Intrighi amorosi con travestimenti e agnizioni
in un mondo evanescente e surreale



  by Giosetta Guerra  

Molinari e Pratt


La scena mostra un palcoscenico montato al contrario con il sipario sul fondale, che si apre su un’immaginaria platea verso la quale i cantanti si inchinano battendo le mani. Noi vediamo il backstage e tutto ciò che succede dietro le quinte: maestranze, tecnici e pompieri che riordinano macchine sceniche, attrezzature, scale e bauli, artisti che si complimentano, coprendo coi loro movimenti il suono orchestrale e disturbando l’ascolto dell’Ouverture, che ci regala un lungo monologo del corno, lo strumento amato da Rossini e…da me (
J). I movimenti inutili di questi figuranti e i passi rumorosi sono elementi di disturbo nel corso dell’opera.


















Il regista Davide Livermore opta per una lettura moderna, dove non compaiono né regge né accampamenti e per le scene attuali e i costumi d’epoca si è avvalso della collaborazione degli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino coordinati da Francesco Calcagnini e del progetto luci di Nicolas Bovey, come già fatto nel 2010.
La regia è stata ripresa da Alessandra Premoli.

I quattro personaggi non hanno un particolare spessore psicologico e teatrale e il regista li presenta come evanescenti fantasmini, che di notte vagano su un vecchio palcoscenico deserto, sbucano da bauli chiusi, da specchi trasparenti, si moltiplicano all’improvviso (ogni cantante ha il suo doppio) e tengono in mano fatue fiammelle che si accendono magicamente. (Si dice che Livermoore abbia preso suggerimenti dal grande illusionista e trasformista Arturo Brachetti). Candele sospese e candelabri accesi fluttuano per l’aria e vagano in tutte le direzioni.

Pratt e Molinari















Interi guardaroba di costumi teatrali scendono e salgono celando e scoprendo il coro, tra gli abiti sbucano ed escono gli artisti, scendono specchi, contrappesi e anche un pianoforte con la protagonista distesa sopra.




   Gatel, Pratt e coro

Le idee sono accattivanti, ma le scene sono troppo scure e qualcosa si perde.

Musicalmente l’opera è gradevole e desta meraviglia la fantasmagoria di note scritte da un diciottenne.

La Sinfonia d’inizio, comunque, non è attribuita a Rossini, ma al tenore Domenico Mombelli, cantante e compositore a cui il giovanissimo Rossini consegnava brani sparsi per la stesura dell’opera in questione e primo interprete di Demetrio. Di Mombelli sarebbero anche altre parti dell’opera, ossia l’aria di Siveno del II atto “Perdon ti chiedo, o padre” e la successiva aria di Eumene “Lungi dal figlio amato”, mentre alcune delle parti scritte da Rossini vengono da lui reimpiegate in opere successive, quali Il Signor Bruschino.

I quattro cantanti di questa edizione pesarese 2019 sono molto bravi e con belle doti vocali. Quindi, se la regina è Jessica Pratt, gli altri sono emeriti principi.
Cecilia Molinari (en travesti nel ruolo di Demetrio-Siveno in abito bianco) è un mezzosoprano chiaro ma corposo, con voce calda e duttile, suoni rotondi e ben calibrati in ogni registro, emissione naturale e fluida, brava nel canto di coloratura con esecuzione perfetta di sbalzi, ornamenti, slanci acuti tenuti.


   Gatel e Molinari

Juan Francisco Gatel (Demetrio-Eumene in giacca nera e parrucca bianca) è un tenore contraltino dal colore chiaro, esteso, svettante, dotato di un certo peso e sicuro anche nel canto di sbalzo e nei sovracuti (aria del I atto “All’alta impresa tutti”).


   Fassi, Molinari e coro

Una rivelazione è il giovane basso/baritono milanese Riccardo Fassi (Polibio vestito di rosso), dotato di un bellissimo mezzo vocale, timbrato, sonoro, rotondo, robusto e ricco di armonici anche nella voce parlata. Poderoso e portentoso per ampiezza e peso vocale nel duetto Polibio/Eumene “Non cimentar lo sdegno”, con gravi ben appoggiati, nell’aria del II atto “Come sperar riposo” mette in luce la bellezza del timbro, affondi sicuri, morbidezza del canto, che si fa ancor più accattivante nei passaggi dalla zona media alla tessitura acuta ed evidenzia dimestichezza col canto di sbalzo nel seguente “Nel rammentar quel perfido”. Mi ha riportato in mente Samuel Ramey.  Consiglierei a Fassi un corso di perfezionamento con Ramey nella sua Wichita State University nel Kansas…e chissà che non si ripetano i fasti del grande artista americano.
Poi c’è lei, la regina del belcanto, la divina Jessica Pratt nel ruolo di Lisinga, la parte vocalmente più difficile dell’opera.
Leggerezza d’emissione, attacchi delicati a mezza voce, filati con uso della messa di voce, suono pulito e cristallino, picchettati in sovracuti, delizia dei sovracutissimi anche fioriti, strabilianti fiorettature, la Pratt è melodiosa nelle delicatezze del duetto Lisinga/Siveno “Questo cor” sul ritmo pizzicato degli archi del I atto e fa fuoco e fiamme nell’aria di furore “Vendetta vi chiedo” tra acrobazie virtuosistiche acutissime del II.
Ovazioni del pubblico impazzito.

Il Coro Mezio Agostini di Fano, qui nella sezione maschile, preparato e diretto con precisione dall’esperta maestra Mirca Rosciani, restituisce affascinanti sonorità e mostra abilità sia nel canto morbido a mezza voce che nel canto a voce piena.

Paolo Arrivabeni dirige la Filarmonica Gioachino Rossini con gesto consapevole e nel rispetto delle voci, entra con maestria nel frizzo del gioco rossiniano e nei toni struggenti del duetto padre-figlia nel II atto.

Revisione a cura di Daniele Carnini.

Un bellissimo spettacolo.

Fassi e Pratt





lunedì 5 agosto 2019

comunicato stampa ROF 2019

Comunicato stampa

PRESENTATO A PESARO IL ROF 2019




È stata presentata oggi all’Alexander Museum Palace Hotel la 40esima edizione del Rossini Opera Festival, in programma a Pesaro dall’11 al 23 di agosto. Nel cartellone, due nuove produzioni: Semiramide, coprodotta con l’Opéra Royal de Wallonie di Liegi, diretta da Michele Mariotti e messa in scena da Graham Vick, e L’equivoco stravagante, diretto da Carlo Rizzi e ideato da Moshe Leiser e Patrice Caurier. In cartellone anche la ripresa del rarissimo Demetrio e Polibio, nell’allestimento di Davide Livermore, diretto da Paolo Arrivabeni.
Completeranno il programma Il viaggio a Reims degli allievi dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”; il Gala ROF XL con alcuni tra i maggiori cantanti rossiniani di oggi; la Cantata La riconoscenza; le Soirées musicales nella versione orchestrata da Fabio Maestri; due Concerti lirico-sinfonici con le voci di Varduhi Abrahmyan e Jessica Pratt e quelle di Anna Goryachova e Simone Alberghini; due Concerti di Belcanto, protagonisti Angela Meade e Antonino Siragusa; il nuovo appuntamento di Rossinimania con gli Italian Harmonists.

Il Sovrintendente Ernesto Palacio ha introdotto l’incontro: “Le prove stanno andando molto bene, sono tre spettacoli molto diversi l’uno dall’altro: Demetrio e Polibio è una ripresa della produzione già messa in scena nel 2010, mentre Semiramide e L’equivoco stravagante sono due nuove produzioni. Si tratta di titoli visti poco anche a Pesaro: perSemiramide si tratta della terza produzione in 40 anni, mentre per L’equivoco stravagante si tratta della seconda; Demetrio e Polibio è la ripresa dell’unica messinscena dell’opera prodotta dal ROF. Sarebbe bello che titoli del genere fossero programmati più di frequente nei teatro di tutto il mondo”.

Ilaria Narici, Direttore scientifico della Fondazione Rossini, ha ribadito il saldo legame con il ROF: “Lavoriamo assieme da sempre, la Fondazione realizza e pubblica le partiture in edizione critica e il Festival le mette in scena. Quanto alle opere di quest’anno, Semiramide è proposta nella storica edizione critica di Philip Gossett ed Alberto Zedda. Di Demetrio e Polibio, la Fondazione ha recentemente acquisito l’unico pezzo originale, il Quartetto, che sarà prezioso per la realizzazione dell’edizione critica che pubblicheremo l’anno prossimo a cura di Daniele Carnini. Quanto all’Equivoco stravagante, non esiste autografo: la ricostruzione della partitura è stata frutto di un lavoro certosino sui manoscritti svolto da Marco Beghelli. Anche la cantata La riconoscenza è stata pubblicata in edizione critica negli anni precedenti”.

Il vicesindaco e presidente ROF Daniele Vimini ha aggiunto: “Il programma del ROF 2019 è ricchissimo e prosegue in un cammino di crescita. Il periodo di attività si è allargato, ed ormai va da febbraio (la settimana del compleanno di Rossini) sino a novembre (le celebrazioni dell’anniversario della morte). L’estensione dell’attività ha consentito di provare a coinvolgere un pubblico diverso, più giovane e meno abituato a frequentare l’opera. Il Festival sta lavorando moltissimo ad attività di apertura a nuove fasce di spettatori, a cominciare dal progetto didattico Crescendo per Rossini, e alla creazione di nuove importanti partnership internazionali, a cominciare da quella quinquennale con la Royal Opera House Muscat”.

Ha chiuso l’incontro il presidente onorario del ROF Gianfranco Mariotti: “La mia presenza qui è un segno di continuità. Il Festival viene da lontano ed ha una lunga storia, ma deve andare lontano e darsi nuovi orizzonti. Il ROF è sempre stato un Festival militante, con una missione ben chiara da perseguire. Con il completamento della lunga fase della riscoperta delle numerose opere dimenticate, si è chiuso un ciclo ed uno nuovo se ne apre. Abbiamo restituito al mondo degli appassionati partiture sconosciute che a Pesaro hanno riscosso un grande successo di pubblico e di critica. Questo repertorio deve diffondersi maggiormente all’estero, ed è questo l’obiettivo che il Festival si è dato per gli anni futuri”.

Nella foto, da sinistra: Daniele Vimini, Alessandro Marcucci Pinoli (titolare dell'Alexander Museum Palace Hotel, che ha offerto la location e un ricco e raffinato buffet a giornalisti e autorità), Gianfranco Mariotti, Ilaria Narici ed Ernesto Palacio.





Pesaro, 5 agosto 2019.




ROSSINI OPERA FESTIVAL
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