mercoledì 30 novembre 2011


UN CONCERTO STELLARE ORGANIZZATO DA PARMA LIRICA













Il trionfo di Dimitra Theodossiou
(Parma 25 nov. 2011)

Di Giosetta Guerra
La regina del melodramma italiano ha tenuto un altro concerto di beneficenza nella città di Parma presso l’auditorium di Parma lirica per il quarantennale del circolo culturale. Come i grandi cantanti dell’800 si prodigavano in Beneficiate a favore della causa italiana, così Dimitra Theodossiou offre la sua arte a beneficio di varie associazioni liriche ed umanitarie. Onore al merito.

La sera del 25 novembre 2011 l’auditorium era gremito di gente, che ha osannato la divina ad ogni sua aria, cantata con tutti i colori richiesti dalla scrittura musicale e interpretata con tutte le sfaccettature richieste dal personaggio. Un’intensa Leonora, una struggente Desdemona, una coinvolgente Lina, una penetrante Aida, una bieca Lady Macbeth, una dolce Mimì sono sfilate in palcoscenico con la voce e il gesto di Dimitra Theodossiou, accompagnata al pianoforte dal suo inseparabile maestro Simone Savina.
Il concerto ha inizio con l’attacco morbido di “Pace, pace” da La Forza del destino di Verdi, agganciato alle inquietanti note introduttive del pianoforte, che mantiene poi un tessuto sonoro delicato sotto l’espressività del canto, l’intensità vocale del soprano cresce sul tocco denso del pianista, si dissolve in un filato ed esplode come un fulmine nella Maledizione.
Nella lunghissima “Ave Maria” dall’Otello di Verdi, che tocca tutti i registri, gli attacchi in pianissimo, il fraseggio icastico, i filati rinforzati, gli slanci improvvisi nelle zone più impervie, uniti alla coscienza melodrammatica dell’artista fanno di Dimitra Theodossiou una Desdemona di riferimento. Tutti ne siamo rimasti coinvolti; anche il pianista, cui sono riservati brani di collegamento di struggente bellezza, ha accompagnato il canto con una sorta di devozione fino a suonare ad occhi chiusi la nota acuta che sostiene il lungo filato finale della preghiera.
L’aria di Lina “A gli scranni eterei” da Stiffelio di Verdi, opera che Dimitra debutterà prossimamente al Regio di Parma, inizia con una pagina pianistica molto intensa con note gravi, trilli, crescendo in fortissimo che si scioglie in morbidi suoni, le mani del Savina danno vita ad una sinfonia aerea che ammorbidisce un canto di dolore, interpretato dalla Theodossiou con padronanza della parola scenica, con l’iride dei colori della sua bellissima voce, spinta verso ardue tessiture e ripiegata su lunghi filati densi di armonici.
Un’esplosione di luce esce dal pianoforte all’apertura dell’aria di Aida “Ritorna vincitor”, nella quale i fortissimi di Dimitra si alternano col canto a fior di labbra sul tocco sfiorato del Savina.
Poi, preannunciata dal tocco violento e lacerante del pianista, entra la Lady, come in trance; con un canto misto di violenza e di dolcezza, con frasi quasi parlate, affondi gravi e voce sparata all’estremo in puntature acute fulminanti sostenute dal vigore del tocco pianistico, la Theodossiou esprime la follia della lady Macbeth nella notissima aria “La luce langue”, bissata a furor di popolo.

La voce della Theodossiou torna melodiosa e struggente nel bis “Sì, mi chiamano Mi” da La Bohème di Puccini ed è un crescendo di emozione che si spiega e si dilata dalla frase Ma quando vien lo sgelo” in poi. Sublime.
Nel corso della serata la Theodossiou si è alternata col baritono Maurizio Leoni che si è fatto apprezzare per il mezzo vocale e per l’interpretazione: una grande voce robusta ed estesa usata con morbidezza nella scena e morte di Rodrigo (Don Carlo di Verdi) e con irruenza in “Eri tu” da Un Ballo in Maschera, con suoni rotondi, ben proiettati e ricchi di vibrazioni sopra il tocco ora luminoso, ora morbido, ora variegato, ora possente del pianista, il quale trasmette anche la violenza e il dolore di Rigoletto nell’invettiva “Cortigiani vil razza dannata”, interpretata dal baritono con una varietà di colori e d’intensità, e scava nell’anima di Macbeth con lanci vigorosi e trilli a sostegno di una voce di notevole spessore e dei lunghi fiati del baritono nell’aria “Pietà, rispetto, amore”, fino a ricamare trine preziose nell’aria della morte di Don Quichotte di Jacques Ibert “Ne pleure pas, Sancho”, che Leoni ha proposto come bis con la tecnica del canto sfumato e della messa di voce.
Poi i duetti del soprano col baritono. Chiude la prima parte il duetto infuocato Conte-Leonora “Udiste” con cabaletta da Il Trovatore di Verdi, duetto che mette a confronto la potenza vocale dei due cantanti mentre le mani di Simone Savina corrono sulla tastiera con un ritmo incalzante e i trilli e gli acuti iperbolici del soprano sono sostenuti dai fuochi d’artificio del pianoforte. A chiusura della seconda parte il duetto di grande presa emotiva Macbeth-Lady “Regna il sonno su tutti” presenta una Lady dallo sguardo spiritato che canta a fior di labbro sopra il trillo del pianoforte e un re con l’angoscia nella voce sottolineata dalla varietà dei colori del suono pianistico.
Grande cantante e grande attrice, quindi artista di genio e d’ispirazione, Dimitra Theodossiou non disgiunge l’arte del canto da quella del palcoscenico, non trascura nulla del personaggio, ogni frase, ogni accento, ogni gesto giunge a scuotere le fibre
dello spettatore e a entrare nella sua anima; l’ammirazione cresce ogni volta che la si ascolta, perché il suo è un canto ispirato, fatto di finezze rarissime, di fraseggio squisito, d’incisività d’accento, di cesello della voce, è un’artista che nulla trova di arduo e d’insuperabile e che raggiunge l’eccellenza dell’arte. I suoi concerti sono un susseguirsi di scene d’opera, anche con i dovuti cambi d’abito.
E la voce? Dio mio, che voce! Ti dirò dei colori: ve ne sono a mille a mille; ti dirò della potenza: incredibile; ti dirò dell’estensione: strabiliante; ti dirò dei suoi acuti: lancinanti; ti dirò dei suoi filati: penetranti; ti dirò dei suoi affondi: inquietanti.
E gli occhi? Espressione vibrante dell’innocenza di Desdemona e dell’ingenuità di Mimì, diventano torvi nella follia della Lady e tornano al sorriso, quando il pubblico, impazzito, l’acclama in standing ovation.
E che dire del Maestro accompagnatore?
Dal pianoforte escono le sfumature e le dinamiche del suono grazie al tocco sensibile e all’estro raffinato di Simone Savina, che, concentrato sul suo strumento, è sostegno e complice discreto del cantante nel trasformare in emozioni le intenzioni musicali; l’artista rifugge da gesti plateali, ma basta notare il lancio, la flessibilità e la libertà delle sue dita, la leggerezza e la potenza del tocco nell’alternanza di accenti deboli e forti, le significative pause sotto i filati adamantini e lunari del soprano, la mano che a volte si solleva quasi a dirigere il canto, il fremito del capo, gli occhi che si chiudono nei momenti più sublimi, per capire come la musica percorra il suo essere e lo renda prezioso interprete del discorso musicale, esposto in prima linea nei collegamenti melodici solistici.
Ha presentato brani e artisti Patrizia Monteverdi.

sabato 26 novembre 2011

La Bohème a Fidenza


FIDENZA TEATRO MAGNANI


“LA BOHÈME” IN UNA SOFFITTA DI LUSSO

(Venerdì 11 novembre 2011)

Di Giosetta Guerra

Varcata la soglia d’ingresso alla platea del Teatro Magnani di Fidenza, ti trovi in un teatro di tradizione elegante e armonioso, ma l’occhio è attratto dal particolare palcoscenico costituito da una sala molto grande magnificamente affrescata.

È la stupenda camera acustica le cui pareti sono tele dipinte da Girolamo Magnani, uno dei più grandi scenografi dell’Ottocento, recentemente restaurate e lì poste alla visione del pubblico.

Ebbene in questo prezioso ambiente si svolge la vicenda dei bohémiens, che, se non hanno legna da ardere, possono riscaldare l’anima con la vista dell’arte. Ovviamente non ci sono i tetti di Parigi né le insegne del Café Momus né gli sbarramenti della barrière d’enfer, ma solo alcuni elementi che ricordano a chi già lo sa dove sono ambientati i quattro quadri dell’opera.

Il regista Riccardo Canessa, per non coprire questa bellissima scenografia naturale, immagina che quella sia la stanza di casa Puccini dove il maestro in persona prova l’allestimento della sua Bohème; qui arrivano i cantanti già in costume fine ottocento ideati da Artemio Cabassi (brutti quelli delle due donne, migliori quelli maschili), qui Puccini, impersonato dallo stesso regista, in piedi o seduto al pianoforte li controlla e qui ha inizio la prova e, ovviamente, l’opera per noi.

I quattro bohémiens si muovono a loro agio, sono giovani, baldanzosi e pieni di speranze. Fra loro si distingue Gianfranco Montresor (Marcello) per un bel mezzo vocale, solido, esteso, timbrato, robusto, pulito, per la rotondità e la morbidezza del suono, per la naturalezza e la fluidità d’emissione senza forzature neanche nel canto a voce piena, per l’accattivante modo di porgere una voce calda e una fascinosa presenza scenica (quando apre le braccia sembra abbracciare il mondo).

Nel ruolo di Rodolfo il giovane tenore Paolo Fanale ha le physique du rôle, squillo robusto e lunghi fiati sostenuti, la voce poco pulita in zona centrale è luminosa in zona acuta, ma gestita quasi sempre sul forte, eludendo la tinta pucciniana, che ritorna quando la voce si adagia nella morbidezza del canto. Pietro Toscano (Colline) deve mettere a fuoco un mezzo vocale di bel colore scuro, l’interpretazione superficiale di “Vecchia zimarra” è aggravata da una dizione incomprensibile. Donato Di Gioia (Schaunard) ha voce baritonale dal suono deciso e sonoro e Romano Franceschetto nel ruolo caricaturale di Benoit esibisce bella voce ferma e di spessore, mentre il regista Riccardo Canessa, registrato nella locandina col cognome materno (Riccardo Carloni), si presenta nei panni di Alcindoro.

Non è riportato il nome del tenore chiaro acuto che veste i panni di Parpignol.

E veniamo alle donne. Il soprano lirico Daria Masiero è una Mimì in carne piena di energia. Canta per lo più a voce spiegata, ancheSì, mi chiamano Mimì”, comunque va apprezzata la sua grande voce che diventa melodiosa quando si alleggerisce e si piega alla dolcezza del canto a fior di labbro (“Fingevo di dormire). Alla fine è la musica di Puccini che emoziona. Roberta Canzian (Musetta) ha voce melodiosa, duttile, estesa e brillante e canta molto bene “Quando me n’ vo”.

Per lo più schierati in palcoscenico, il Coro dell’Opera di Parma e il Coro di Voci Bianche della Corale Verdi, ben preparati e diretti da Emiliano Esposito e da Beniamina Carretta, completano la parte vocale.

Non sempre appropriato il disegno luci che restano chiare quando si spengono le candele in soffitta. Il M° Fabrizio Cassi dirige con proprietà l’Orchestra Filarmonica Terre Verdiane, fuori campo la Banda Città di Fidenza "G. Baroni" diretta da Saverio Settembrino.

Assistente alla regia P. Luigi Cassano, Maestro preparatore Simone Savina.

Organizzato dal Gruppo di Promozione Musicale Tullio Marchetti presieduto da Antonio Delnevo, l’evento si inserisce nelle manifestazioni per il 150° Anniversario del Teatro Magnani e per la mostra al pubblico di queste tele restaurate, ma è anche una lodevole iniziativa per la formazione del pubblico locale.

lunedì 21 novembre 2011



Parma

Auditorium del Carmine





Grande Concerto d’Autunno

(sabato 12 novembre 2011 ore 18)

Di Giosetta Guerra

Il suono morbido e scandito del pianoforte precede il canto e diventa più intenso col crescere dell’enfasi vocale, a volte lo strumento tace per lasciare spazio alla voce: è “Una furtiva lagrima” da L’Elisir d’amore di Donizetti, cantata dal tenore georgiano Shalva Mukeria con suoni sostenuti che si dissolvono in filati in tessitura acuta, accompagnato al pianoforte dal maestro Simone Savina.

Il tocco tiene il ritmo danzante del grande valzer di Juliette “Je veux vivre” da Roméo et Juliette di Gounod, che il soprano australiano Jessica Pratt attacca con morbidezza per lanciarsi in pirotecniche scale ascendenti e discendenti, suoni rinforzati con la messa di voce, squilli veementi, sostenuti dal suono coinvolgente del pianoforte.

Con la patetica aria di Nemorino e la scintillante aria di Juliette vengono presentati al folto pubblico gli artisti Jessica Pratt, Shalva Mukeria e Simone Savina, protagonisti del Grande Concerto d’Autunno, organizzato e presentato da Paolo Zoppi, presidente e anima degli Amici della Lirica del Cral CariParma.


E da qui è tutto un susseguirsi di arie e duetti di forte impatto e di grande difficoltà virtuosistica.

Shalva Mukeria, dotato di voce chiara ed estesa che elargisce con generosità e padronanza del registro acuto e sovracuto, alterna vigore e canto sfumato in “Spirto gentil “da La Favorita di Donizetti sopra le note sfiorate dal Savina con la delicatezza che parla al cuore, si lancia nella funambolica aria dei nove do “Ah mes amis” da La figlia del reggimento con suoni tesi e taglienti, accompagnato dallo scintillio vigoroso del pianoforte, affronta con grande potenza vocale e precisa dizione “Lunge da lei” da La Traviata di Verdi e con acuti che bucano le orecchie la famosissima canzone del Duca di Mantova “La donna è mobile” da Rigoletto. Il tenore ha una canna vocale robusta e fluente, notevole estensione e tenuta dei fiati, ma dovrebbe affinare la tecnica del canto sul fiato.

Jessica Pratt è una belcantista eccezionale, una virtuosa con doti vocali straordinarie e una tecnica di canto ineccepibile. Nell’aria di grande difficoltà virtuosistica Tandis qu’il sommeille” da La Juive di Halevy, grand opéra francese poco rappresentato, l’emissione a fil di voce è accompagnata dal suono morbido del pianoforte, la melodiosità del canto si sposa con la sensibilità del pianista, il virtuosismo vocale che esplode in sovracuti rompicristallo è sostenuto dal brillio del pianoforte.

Voce e strumento sono entrambi protagonisti della leggerezza funambolica di Rossini nell’ aria di Amenaide dal Tancredi Come dolce all’alma mia”, la Pratt usa con eccellente tecnica un mezzo vocale agilissimo, estesissimo, acutissimo, dal timbro adamantino, Savina fa uscire dai tasti la rocambolesca scrittura rossiniana.

Nella cadenza di Elvira de I Puritani di Bellini O rendetemi la speme” il flusso vocale di struggente bellezza, ornato di filati rinforzati con l’uso della messa di voce, si adagia sul tessuto sonoro discreto e penetrante del pianoforte cha ha spazi solistici molto intensi, nella cabaletta che segue “Vien diletto”, un susseguirsi di virtuosismi e sovracuti strabilianti sostenuti dall’aereo funambolismo del maestro Savina, la Pratt è mostruosamente brava.

Poi ci sono i duetti. Il pianista con suono cadenzato interloquisce con l’intensità vocale e le delicatissime mezze voci rinforzate del soprano e con l’attacco in pianissimo del tenore nel seducente duetto d’amore “Verranno a te sull’aure” da Lucia di Lammermoor di Donizetti che chiude la prima parte del programma e introduce con leggerezza di tocco la fluidità d’emissione della Pratt e gli alleggerimenti di Mukeria nel duetto de La Sonnambula di Bellini “Son geloso del zefiro errante”, che chiude la seconda parte.

Ma non finisce qui.

Dopo tutto questo ben di Dio i bis, annunciati ironicamente da Paolo Zoppi come canzonette del floklore delle loro terre e che invece sono brani di grande difficoltà:

l’impervio e trascinante duetto de I Puritani Vieni tra queste braccia”, cantato con molta foga dal tenore e sostenute progressioni acute, “Pourquoi me reveiller” dal Werther di Massenet col ricamo del pianoforte, “La regina della notte” da Il Flauto magico di Mozart, con la quale il soprano ha scatenato il delirio del pubblico.

Un ringraziamento caloroso quindi a Jessica Pratt, Shalva Mukeria, Simone Savina e ovviamente a Paolo Zoppi che a titolo gratuito hanno messo in piedi una serata di altissimo livello per il piacere di un pubblico osannante ma soprattutto a favore dei bambini con gravi problemi di salute.

L’incasso di 4500 euro, infatti, è stato consegnato in palcoscenico al prof. Izzi, che dirige il Reparto di oncoematologia pediatrica dell’Opedale di Parma.
Dopo il concerto cena alla Corale Verdi con artisti (non tutti purtroppo), organizzatori, giornalisti e simpatizzanti.


Fano

Teatro della Fortuna



Sogno di una notte d’estate

di Carlo Cecchi

(13 Novembre 2011)

Servizio di Giosetta Guerra

Allestimento minimalista e ridotto per lo spettacolo di Carlo Cecchi Sogno di una notte d’estate, tratto da Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare (A Midsummer Night's Dream del 1595), spettacolo che riesce a snocciolare a chiare linee l’intricata trama della pièce shakespeariana e a mettere in luce la versatilità di giovanissimi attori, capitanati e diretti dal grande artista.

Nato come saggio di diploma degli allievi di Carlo Cecchi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica nel giugno 2009, lo spettacolo conserva tale caratteristica e, se non può essere considerato una delle sette meraviglie del teatro come fu l’allestimento di Tato Russo, è una lezione di interpretazione dinamica e di recitazione rispettosa del linguaggio shakespeariano.

In Shakespeare, infatti, è la parola che va ascoltata, nulla si può perdere degli incastri del dialogo, della tornitura della frase e della ridondanza baroccheggiante della descrizione di un’immagine. L’ascolto non può essere superficiale perché l’uso della parola è estremamente sottile e poetico. Il congegno teatrale col fuoco d'artificio di equivoci, incanti, litigi e riconciliazioni di innamorati è stato rispettato, la padronanza scenica, la versatilità gestuale, la chiarezza della dizione, la fluidità della recitazione degli attori, che all’occorrenza diventano anche strumentisti o cantanti, la presenza in palcoscenico di Carlo Cecchi nel ruolo di Egeo padre di Ermia e come capocomico nel gruppo degli operai attori hanno contribuito alla gradevolezza dello spettacolo.

Certo, la caratterizzazione dei tre mondi descritti da Shakespeare qui non era completa, c’erano gli umani, tre fatine, la coppia reale e le altre tre coppie di innamorati, ma mancavano gli elfi esseri mitologici, l’atmosfera magica, la visione onirica e il mistero del bosco in una notte incantata, gli ambienti sontuosi e lo scintillio degli ori della reggia di Teseo, l’adeguamento delle luci alle diverse situazioni (troppo alte per la notte d’inchiostro con nebbia, ad esempio), tuttavia lo spettacolo ha avuto ritmo, stringatezza, ironia, concretezza.

In scena con Cecchi, Federico Brugnone, Valentina Ruggeri, Gabriele Portoghese, Davide Giordano, Sofia Pulvirenti, Barbara Ronchi, Cecilia Zingaro, Giorgio Musumeci, Silvia D’Amico, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Alessandro Marmorini, Fabrizio Falco, Valentina Rosati, Luca Marinelli.

Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile delle Marche con il patrocinio dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. La traduzione è della poetessa Patrizia Cavalli, i costumi di Sandra Cardini che usa anche la plastica e la consulenza musicale di Nicola Piovani.