UN CONCERTO STELLARE ORGANIZZATO DA PARMA LIRICA
Il trionfo di Dimitra Theodossiou
(Parma 25 nov. 2011)
Di Giosetta Guerra
La regina del melodramma italiano ha tenuto un altro concerto di beneficenza nella città di Parma presso l’auditorium di Parma lirica per il quarantennale del circolo culturale. Come i grandi cantanti dell’800 si prodigavano in Beneficiate a favore della causa italiana, così Dimitra Theodossiou offre la sua arte a beneficio di varie associazioni liriche ed umanitarie. Onore al merito.
La sera del 25 novembre 2011 l’auditorium era gremito di gente, che ha osannato la divina ad ogni sua aria, cantata con tutti i colori richiesti dalla scrittura musicale e interpretata con tutte le sfaccettature richieste dal personaggio. Un’intensa Leonora, una struggente Desdemona, una coinvolgente Lina, una penetrante Aida, una bieca Lady Macbeth, una dolce Mimì sono sfilate in palcoscenico con la voce e il gesto di Dimitra Theodossiou, accompagnata al pianoforte dal suo inseparabile maestro Simone Savina.
Il concerto ha inizio con l’attacco morbido di “Pace, pace” da La Forza del destino di Verdi, agganciato alle inquietanti note introduttive del pianoforte, che mantiene poi un tessuto sonoro delicato sotto l’espressività del canto, l’intensità vocale del soprano cresce sul tocco denso del pianista, si dissolve in un filato ed esplode come un fulmine nella Maledizione.
Nella lunghissima “Ave Maria” dall’Otello di Verdi, che tocca tutti i registri, gli attacchi in pianissimo, il fraseggio icastico, i filati rinforzati, gli slanci improvvisi nelle zone più impervie, uniti alla coscienza melodrammatica dell’artista fanno di Dimitra Theodossiou una Desdemona di riferimento. Tutti ne siamo rimasti coinvolti; anche il pianista, cui sono riservati brani di collegamento di struggente bellezza, ha accompagnato il canto con una sorta di devozione fino a suonare ad occhi chiusi la nota acuta che sostiene il lungo filato finale della preghiera.
L’aria di Lina “A gli scranni eterei” da Stiffelio di Verdi, opera che Dimitra debutterà prossimamente al Regio di Parma, inizia con una pagina pianistica molto intensa con note gravi, trilli, crescendo in fortissimo che si scioglie in morbidi suoni, le mani del Savina danno vita ad una sinfonia aerea che ammorbidisce un canto di dolore, interpretato dalla Theodossiou con padronanza della parola scenica, con l’iride dei colori della sua bellissima voce, spinta verso ardue tessiture e ripiegata su lunghi filati densi di armonici.
Un’esplosione di luce esce dal pianoforte all’apertura dell’aria di Aida “Ritorna vincitor”, nella quale i fortissimi di Dimitra si alternano col canto a fior di labbra sul tocco sfiorato del Savina.
Poi, preannunciata dal tocco violento e lacerante del pianista, entra la Lady, come in trance; con un canto misto di violenza e di dolcezza, con frasi quasi parlate, affondi gravi e voce sparata all’estremo in puntature acute fulminanti sostenute dal vigore del tocco pianistico, la Theodossiou esprime la follia della lady Macbeth nella notissima aria “La luce langue”, bissata a furor di popolo.
La voce della Theodossiou torna melodiosa e struggente nel bis “Sì, mi chiamano Mimì” da La Bohème di Puccini ed è un crescendo di emozione che si spiega e si dilata dalla frase “Ma quando vien lo sgelo” in poi. Sublime.
Nel corso della serata la Theodossiou si è alternata col baritono Maurizio Leoni che si è fatto apprezzare per il mezzo vocale e per l’interpretazione: una grande voce robusta ed estesa usata con morbidezza nella scena e morte di Rodrigo (Don Carlo di Verdi) e con irruenza in “Eri tu” da Un Ballo in Maschera, con suoni rotondi, ben proiettati e ricchi di vibrazioni sopra il tocco ora luminoso, ora morbido, ora variegato, ora possente del pianista, il quale trasmette anche la violenza e il dolore di Rigoletto nell’invettiva “Cortigiani vil razza dannata”, interpretata dal baritono con una varietà di colori e d’intensità, e scava nell’anima di Macbeth con lanci vigorosi e trilli a sostegno di una voce di notevole spessore e dei lunghi fiati del baritono nell’aria “Pietà, rispetto, amore”, fino a ricamare trine preziose nell’aria della morte di Don Quichotte di Jacques Ibert “Ne pleure pas, Sancho”, che Leoni ha proposto come bis con la tecnica del canto sfumato e della messa di voce.
Poi i duetti del soprano col baritono. Chiude la prima parte il duetto infuocato Conte-Leonora “Udiste” con cabaletta da Il Trovatore di Verdi, duetto che mette a confronto la potenza vocale dei due cantanti mentre le mani di Simone Savina corrono sulla tastiera con un ritmo incalzante e i trilli e gli acuti iperbolici del soprano sono sostenuti dai fuochi d’artificio del pianoforte. A chiusura della seconda parte il duetto di grande presa emotiva Macbeth-Lady “Regna il sonno su tutti” presenta una Lady dallo sguardo spiritato che canta a fior di labbro sopra il trillo del pianoforte e un re con l’angoscia nella voce sottolineata dalla varietà dei colori del suono pianistico.
Grande cantante e grande attrice, quindi artista di genio e d’ispirazione, Dimitra Theodossiou non disgiunge l’arte del canto da quella del palcoscenico, non trascura nulla del personaggio, ogni frase, ogni accento, ogni gesto giunge a scuotere le fibre
dello spettatore e a entrare nella sua anima; l’ammirazione cresce ogni volta che la si ascolta, perché il suo è un canto ispirato, fatto di finezze rarissime, di fraseggio squisito, d’incisività d’accento, di cesello della voce, è un’artista che nulla trova di arduo e d’insuperabile e che raggiunge l’eccellenza dell’arte. I suoi concerti sono un susseguirsi di scene d’opera, anche con i dovuti cambi d’abito.
E la voce? Dio mio, che voce! Ti dirò dei colori: ve ne sono a mille a mille; ti dirò della potenza: incredibile; ti dirò dell’estensione: strabiliante; ti dirò dei suoi acuti: lancinanti; ti dirò dei suoi filati: penetranti; ti dirò dei suoi affondi: inquietanti.
E gli occhi? Espressione vibrante dell’innocenza di Desdemona e dell’ingenuità di Mimì, diventano torvi nella follia della Lady e tornano al sorriso, quando il pubblico, impazzito, l’acclama in standing ovation.
E che dire del Maestro accompagnatore?
Dal pianoforte escono le sfumature e le dinamiche del suono grazie al tocco sensibile e all’estro raffinato di Simone Savina, che, concentrato sul suo strumento, è sostegno e complice discreto del cantante nel trasformare in emozioni le intenzioni musicali; l’artista rifugge da gesti plateali, ma basta notare il lancio, la flessibilità e la libertà delle sue dita, la leggerezza e la potenza del tocco nell’alternanza di accenti deboli e forti, le significative pause sotto i filati adamantini e lunari del soprano, la mano che a volte si solleva quasi a dirigere il canto, il fremito del capo, gli occhi che si chiudono nei momenti più sublimi, per capire come la musica percorra il suo essere e lo renda prezioso interprete del discorso musicale, esposto in prima linea nei collegamenti melodici solistici.
Ha presentato brani e artisti Patrizia Monteverdi.
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