lunedì 5 dicembre 2011

RIGOLETTO DI VERDI

Jesi Teatro Pergolesi

Rigoletto di Verdi

Le roi s’amuse… e i giovani artisti emozionano

(27 nov. 2011)

Di Giosetta Guerra

La scenografia, ideata da Massimo Gasparon per l’Arena Sferisterio di Macerata, posta sul palcoscenico del Teatro Pergolesi di Jesi, annulla la profondità degli

ambienti, ma crea maggior intimità. Il modulo architettonico girevole con affreschi del Tiepolo sulla prima faccia, un grande portale in pietra bianca sulla seconda e una facciata lignea con scala sulla terza, delinea i luoghi della vicenda, che il regista Gasparon fa svolgere durante il carnevale di Venezia, riportandone fantasmagoria e magnificenza nello scintillante cromatismo dei bellissimi costumi da lui ideati e nell’armoniosa distribuzione delle masse.

Il cast, formato da giovani all’altezza dei ruoli, era sostenuto da un’orchestra sempre presente ma mai invadente. Strappi orchestrali deflagranti col ghigno degli archi sottolineano la vestizione a vista di Rigoletto, presentato con la maschera e il costume di Pulcinella, un ritmo di danza accompagna l’ingresso di un popolo festante e l’organizzazione dello scherzo del rapimento, poi l’orchestra tuona sulla maledizione di Monterone ed esprime col languore degli archi le paure di Rigoletto, mantiene la tensione emotiva con suono discreto e tempi morbidi nel duetto di Gilda col padre, disegna un ricamo nella supplica di Rigoletto a Marullo sottolineata dal pianto dei violini, incalza nella promessa della vendetta; il flusso sonoro è percorso da brividi nella discussione tra Sparafucile e sua sorella, per esplodere fortissimo e inquietante sotto il grido disperato di Gilda che ha sentito tutto e tornare teso e sinistro in finale. L’Orchestra Filarmonica Marchigiana era diretta dal bravo maestro Giampaolo Maria Bisanti.

La rivelazione della serata è stata per me il giovane baritono Simone Piazzola. Dotato di bella cavata di voce, imponente ma non pesante, di grande volume ed estensione e ricca di colori, il baritono ha cantato in maschera con suoni alti, rotondi e ben proiettati, facendo uso della messa di voce con fiati sospesi e tenuti, ha eseguito bene sia il canto a fior di labbra che quello irruento a voce piena, mantenendo una linea di canto morbidissima specialmente nei duetti con Gilda.

Scenicamente credibile per il gesto e l’interpretazione intensa, lo era un po’ meno per l’aspetto troppo giovane.

Ci ha convinto in corso d’opera anche la Gilda della giovanissima Irina Dubroskaya, che, dopo un inizio un po’ in sordina e con dizione poco chiara, ha fatto sfoggio di una vocalità limpida, agile, primaverile, di trilli tenuti, di acuti trasparenti e luminosi, di emissione fluida e di canto in maschera, l’aria Caro nome” è stata cantata benissimo, col cuore, con modulazioni sensibilissime e con le dinamiche vocali richieste e nel duetto “Tutte le feste al tempio”, oltre al bel legato e alla buona tecnica di canto, è emersa la varietà dei cristalli della sua voce.


Nel ruolo del Duca di Mantova Shalva Mukeria ha elargito con generosità una voce chiara, estesa e solida, dallo squillo sicuro (“Questa o quella”); il suono, piuttosto rigido perché nasaleggiante nella zona media, si ammorbidisce nel canto a mezza voce e diventa luminoso quando passa al registro acuto, il tenore porge con vigore e potenza una voce dagli acuti taglienti e sovracuti svettanti sopra un’orchestra pompante nel rapimento di Gilda (“Ella mi fu rapita”, “Possente amor mi chiama”), l’accento è incisivo e la dizione chiara; la padronanza scenica e la facilità d’emissione conferiscono credibilità e comunicativa al personaggio.

Il basso Eugeniy Stanimirov Iossifov, nel ruolo di Sparafucile, ha esibito bella voce scura, morbida, con gravi consistenti e tenuti a lungo; Pasquale Amato come Monterone ha un mezzo vocale scuro ampio e sonoro; Saverio Pugliese (Matteo Borsa) è un tenore chiaro.

Veronica Senserini (Giovanna) ha usato bene una voce dai suoni scuri, rotondi e tenuti; il mezzosoprano Alessandra Palomba (Maddalena) ha cantato con voce offuscata senza spessore né volume; debolino è risultato il soprano Miriam Artiaco nel ruolo della Contessa di Ceprano.

Gli altri: i baritoni Mirko Quarello (Marullo) e Marian Reste (Il Conte di Ceprano) e il soprano Bianca Tognocchi (un paggio della Duchessa).

Bravo scenicamente e vocalmente il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, ben preparato e diretto da David Crescenzi.

Curiosità

Il Duca di Mantova fu un ruolo caro anche al tenore marchigiano Mario Tiberini che lo debuttò nelle Antille nel 1855 e lo interpretò in America tra il 1855 e il 1857, lo cantò poi a Barcellona (1859) con Angiolina Ortolani che sposò nello stesso anno, a Napoli (1861-62), a Firenze (1862), a Madrid (1868-69). “Il tenore, accattivante nei pezzi di grazia e di sentimento, nei pezzi di forza ha trovato il modo di farsi applaudire senza far spreco inutile di voce”.

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