mercoledì 24 febbraio 2016

Fano Teatro Fortuna Concerto Aleida


Fano, Teatro della Fortuna





 Maria Aleida  


 e 


 Orchestra Sinfonica Rossini 




(domenica 21 febbraio 2016 ore 17)
Servizio di Giosetta Guerra

Il soprano dalla gola di cristallo, nonostante una brutta laringite, ha cantato come un usignolo.
Fermento nelle Marche per l'anniversario della nascita di Gioachino Rossini (29 febbraio 1792) e per il bicentenario dalla prima esecuzione, al Teatro Argentina di Roma, de "Il barbiere di Siviglia" (20 febbraio 1816).
Al Teatro della Fortuna di Fano un bellissimo omaggio a Rossini è stato presentato dall'
Orchestra Sinfonica Rossini e dal soprano Maria Aleida.
Guidati dal M° Daniele Agiman, direttore stabile dell’OSR, l'orchestra ha esordito con un inedito del M° Roberto Molinelli, direttore per l’Innovazione dell’OSR, Rossini-Fantasie ossia Guglielmo, il barbiere ladro di Siviglia, un mixage fantasioso di brani delle due opere.
Poi è entrata nel vivo del vero Rossini eseguendo le magnifiche Sinfonie de L’italiana in Algeri, La Cenerentola, Tancredi, Aureliano in Palmira.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta splendida orchestra e dolce e forte, che nel pensier rinova la goduria!

La leggerezza e levigatezza del suono, che resta morbido anche nei rigonfiamenti dei crescendo, la trasparenza aerea e l'agilità degli archi, la voce sorniona dei legni, gl'interventi carnosi dei corni, i trilli argentini dell'ottavino, la fluidità del suono e il brio dell'orchestra tutta hanno restituito un sinfonismo armonioso e avvolgente e il vitalismo coinvolgente della musica rossiniana. Discreta e attenta ma sempre presente nell'accompagnamento delle arie del soprano.

Altro splendore del pomeriggio musicale la bella e brava Maria Aleida, giovane soprano cubano dalla gola di cristallo, che, nonostante la laringite annunciata, ha cantato come un usignolo. Autentico soprano leggero di coloratura, estesissimo (3 ottave) e agilissimo, ha stupito per la facilità con cui percorre difficili scale cromatiche ascendenti e discendenti e raggiunge vertici astrali con una limpidezza del suono che zampilla tra acuti, sovracuti, picchettatti, trilli, filati. E la voce aumenta di spessore e di ampiezza man mano si espande nella tessitura acuta. L'emissione è accurata, la dizione chiara e l'eleganza è la cifra stilistica del suo modo di porgere e della persona. Bellissima con un bellissimo abito rosso plissé, lungo fino a terra, senza fronzoli, semplice ma con un tocco di civetteria e di sensualità (un corpetto incrociato con una spalla scoperta che lascia intravedere una piccola nudità sopra il giro vita).


















Se l'agilità vocale è l'elemento che colpisce nell'aria di Donna Fiorilla "Non si dà follia maggiore" da Il Turco in Italia, nell'aria di Rosina "Una voce poco fa" da Il barbiere di Siviglia vien messa in risalto una zona acuta luminosissima costellata di picchettati cristallini che bucano le orecchie e la lunga difficile fioritissima aria della Contessa di Folleville "Partir, oh ciel! desio" da Il Viaggio a Reims la battezza virtuosa doc, per la melodiosità del canto d'espressione nei filati di seta dei languori della contessa, per l'agilità nella sillabazione fitta e nei trilli, la duttilità nelle scale e nei glissando e per la sfrontatezza degli acuti.
L'aria di Amenaide "Giusto Dio che umile adoro" da Tancredi mette in luce l'eleganza della linea di canto nella frasi con tempi lenti, ma anche la facilità impressionante di eseguire le più spericolate fioriture e di ascendere a sovracuti astrali; il canto morbido, la potenza degli acuti abbelliti da difficili vocalizzi e da picchettati d'acciaio, la fitta coloratura con sovracuto finale lanciato e tenuto di Zenobia nell'aria "Tremar Zenobia?... Là pugnai; la sorte arrise" da Aureliano in Palmira e il bis, l'aria estremamente mossa di Fiorilla "Presto amiche" da Il Turco in Italia tutta gorgheggi e passaggi virtuosistici con scale ascendenti e discendenti, hanno consacrato Maria Aleida "belcantista di classe" , "virtuosa oltre ogni limite" e "rossiniana dop".




Tranquillamente il soprano, rielaborando una frase di Cyrano di Bergerac, potrebbe dire:

"E alla fine di ogni aria 
con l'acciaro dell'acuto 
IO TOCCO!"




 Foto di Luigi Angelucci e Filippo Carboni


martedì 16 febbraio 2016

Bologna Teatro Comunale ATTILA

Bologna Teatro Comunale

ATTILA
dramma lirico in un prologo e tre atti, testo di Temistocle Solera e Francesco Maria Piave, musica di Giuseppe Verdi.

Recensione di Giosetta Guerra



ATTILA CON DUE ATTILA
(31 gennaio 2015 ore 15.30)

Attila è un'opera che m'illumina d'immenso. Ha un ritmo così serrato, una musica così coinvolgente, arie così incisive, cabalette così scintillanti, personaggi così sanguigni che mi sento irrimediabilmente avviluppata in questo nodo dalla prima all'ultima nota. Il faut respirer, d'accord, ma piano per non perdere nulla.
In questa edizione bolognese orchestra e voci hanno operato all'unisono per restituire l'atmosfera mistico-politica, il fervore patriottico, il respiro epico, l'afflato religioso presenti nell'opera.
Sommesso l'avvio del preludio, lento e dolente, seguito da un'illuminazione che irrompe in un fortissimo; sonorità alte per l'aria d'ingresso di Attila, ricamo orchestrale all'arrivo di Foresto, pennellate musicali nel sogno di Attila si aprono ad una coralità universale avvolgente, delicatezza nel sottolineare i sentimenti di Odabella. Nella descrizione della tempesta si sente il ghigno delle streghe di Macbeth. Acclamatissimo Michele Mariotti che ha diretto con la testa e col cuore la brava Orchestra del Teatro Comunale di Bologna.
Il cast vocale è stato più che soddisfacente per le qualità e la professionalità dei cantanti, in più in questa ultima serata abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare due Attila entrambi di lusso: Ildebrando d'Arcangelo nella prima parte e Riccardo Zanellato nella seconda.
                  
Ildebrando d'Arcangelo, che avevo ascoltato per intero alla televisione, è un artista dalla presenza scenica accattivante e dalla vocalità scura rotonda e sensuale, il suo Attila è penetrante, la voce ricca di chiaro scuri, lo scatto felino, aspettavo di rivederlo dal vivo, purtroppo Ildebrando si è sentito male e nella tenda di Attila abbiamo trovato Riccardo Zanellato
Grande voce, maestosa e profonda, colore magnifico, padronanza assoluta del fiato in ogni registro, dalle note gravi alle poderose salite, rotondità del suono, morbidezza della linea di canto, giusta imponenza del personaggio.
L'ingresso folgorante di Odabella è un must del soprano drammatico d'agilità, esteso, robusto, svettante e Maria Josè Siri non ha avuto problemi nell'affrontare a voce fredda le maestose frasi, la coloratura di forza, la spericolata scala discendente e gli acuti astrali dell'introduzione e cavatina “Santo di patrio indefinito amor”. 
Ma Odabella oltre che eroina indomita è anche amante smarrita, e la Siri è stata in grado di passare dai suoni scuri e decisi al canto sfumato e al virtuosismo più intimo dell'aria ”Oh, nel fuggente nuvolo”, ricca di vocalizzi e volatine.
Lei canta molto bene, ha voce densa e screziata che porge in modo penetrante con messa di voce e bellissimi filati, capace di grandi slanci e magnifica nel canto sfumato, tiene una linea di canto ineccepibile sia nel canto sostenuto che in quello delicato, ha grande resistenza vocale, come dimostrato nel grande duetto con Foresto. Scenicamente è statica.

Simone Piazzola è un Ezio di prestigio, il piglio teatrale e l'accento eroico fanno da corollario ad un mezzo vocale ampio, esteso, robusto e di bellissimo colore, le ampie arcate, le lunghe espansioni acute, le morbide mezze voci, l'arte di rinforzare e tenere il suono sono frutto di sensibilità e padronanza tecnica.
L'incontro di Attila con Ezio è un grande duetto verdiano di voci scure, sostenuto da una melodia atta a far emergere le voci, dilatati i tempi della proposta di Ezio al nemico, seguita dai tempi stretti della risposta di Attila.

Finalmente un cantante “con la canna”, quasi d'altri tempi, per Foresto, Fabio Sartori, un tenore con una bella gettata di voce, di bel colore, suono fermo, squillo sicuro e potente, bel modo di porgere, canto sempre in maschera, ottima gestione del fiato sia nel canto spiegato a piena voce e nelle tensioni acute che in quello sfumato.
Gianluca Floris è un bravo tenore nel ruolo di Uldino. 
Antonio Di Matteo è un papa Leone troppo giovane con voce di basso ampia e poderosa, dalle belle sonorità e note gravi cavernose, gestita con morbidezza.
Sonorità magnifiche quelle del coro del Teatro Comunale di Bologna, che all'inizio esce dalla nebbia, coralità diffusa ovunque, compatta potenza dell'insieme nell'incontro di Attila col papa. Maestro del Coro Andrea Faidutti.

La messa in scena è piuttosto cupa ed austera, cielo plumbeo, nuvoloso o nebbioso, busti posteriori di statue acefale sedute in palcoscenico, ammassi di prigionieri nudi, moduli architettonici geometrici si compongono in modi differenti, in due quadri c'è una grossa campana quale simbolo dell'atmosfera mistica, in altri quadri ci sono corde e pali di legno, ma gli ambienti non sono chiari, più comprensibile è l'arrivo di Foresto ed è anche la scena più bella con le vele issate a vista. 
Non è stata sfruttata la prestanza dei due Attila sempre abbondantemente vestiti, non si è capito il significato di quegli stracci neri semitrasparenti sulla testa di alcuni coristi che avevano abiti piuttosto sporchi.
Luce dall'alto, bel gioco di luci nella tempesta.
Regia di Daniele Abbado, scene e luci di Gianni Carluccio, costumi di Gianni Carluccio e Daniela Cernigliaro.






martedì 2 febbraio 2016

Fano, Teatro della Fortuna, Spirito allegro, commedia

Fano, Teatro della Fortuna

 Spirito allegro

            (alias spiritello)

commedia di Noel Coward

(17 gennaio 2016)



Servizio di Giosetta Guerra

Noel Coward scrive un testo ironico per sollevare lo spirito della gente martoriata dalla guerra. Siamo durante la seconda guerra mondiale e la commedia va in scena nel 1941 al Piccadilly Theatre di Londra.
Charles, un famoso scrittore inglese sposato in seconde nozze con Ruth, invita a casa sua una coppia di amici e la medium Madame Arcati, per fare una seduta spiritica al fine di conoscere il mondo dell'occulto, 

ma qualcosa va storto e compare lo spirito della prima moglie di Charles, Elvira, che non vuole più andarsene. E allora inizia il trambusto: scherzi, misteriosi accadimenti in casa, oggetti spostati o cambiati, incidenti alle persone, stato confusionale di lui che vede e parla col fantasma, incomprensione e malintesi tra i coniugi perché i discorsi s'intrecciano con quelli della moglie viva che non capisce certe risposte. Purtroppo le intenzioni di questo spirito sono malefiche per Charles, perché lei lo vuole con sé nell'aldilà, per cui manomette i freni della sua auto per farlo morire. Ma chi usa per prima l'auto è Ruth, la seconda moglie, che rimane vittima di un incidente mortale. A questo punto gli spiriti che vagano per casa sono due, in lotta tra loro, fino a costringere Charles ad andarsene.
Portare in palcoscenico un testo che contempla anche la presenza del soprannaturale non è cosa semplice, comunque ieri più di oggi, visti i progressi della tecnologia. Il regista Fabio Grossi ha messo in moto il suo spirito creativo rendendo tangibile anche ciò che non lo è, usando la tecnica del video mapping, proiezioni che si trasformano ai limiti della magia, facendo interagire dei contenuti video su uno sfondo non completamente costruito, per definire ambienti interni ed esterni, mostrare nel contempo ciò che succede fuori dalle finestre (pioggia, vento, sole) e dentro il salotto di casa, evidenziare dettagli, far comparire e scomparire figure ed oggetti. È una tecnica cinematografica applicata per la prima volta al teatro di prosa, per dare concretezza e credibilità, ma anche per creare meraviglia e 
stupore. Ed è l'unico modo di portare in palcoscenico i fantasmi, che appaiono e scompaiono a loro piacimento, fluttuano leggeri per l'aere, si siedono ovunque, cambiano gli oggetti secondo i loro gusti, interagiscono non visti coi presenti e conversano con chi li vede.


In più in questa pièce spesso le immagini dei fantasmi prendono forme concrete, perché interpretati da due attrici che si muovono tra gli umani, camminando, sedendosi, usando oggetti, 

oppure trasportate da strutture mobili che le lasciano a mezz'aria e allora si creano situazioni visivamente stupefacenti e teatralmente esilaranti. Colpi di scena, equivoci e battibecchi, forte caratterizzazione dei personaggi, perfetto incastro di battute, magistrale tenuta del palcoscenico, ritmo, brillantezza della recitazione: ecco le peculiarità di questo spettacolo portato in scena dalla brava compagnia d'attori, 



capeggiata da un magistrale Leo Gullotta che con la sua vorticosa recitazione e abilità attoriale sprigiona verve comica nella veste seriosa e composta di Charles



Permeati d'ironia caricaturale tutti gli attori: 
Rita Abela è Edith, una cameriera tondetta ed ipercinetica che arriva sempre di corsa e cammina al rallentatore in presenza del padrone, Federica Bern è Ruth, 
la logorroica seconda moglie, Betti Pedrazzi è Madame Arcati, una medium plateale ed imponente dalle discutibili ed improbabili arti magiche, Chiara Cavalieri è Mrs. Violet Bradman moglie ingenuotta e "nu poco cecata"  del dottor George Bradman interpretato da Sergio MascherpaValentina Gristina è la biondissima Elvira, ovvero il fantasma della
 prima moglie.

Azzeccati i costumi della Sartoria Tirelli, perfette riproduzioni vintage, belle e originali le scene di Ezio Antonelli, valorizzate da un ottimo disegno luci, appropriate le musiche di Germano Mazzocchetti.

Produzione DIANA OR.IS




Foto di Tommaso Le Pera