FIDENZA TEATRO MAGNANI
“LA BOHÈME” IN UNA SOFFITTA DI LUSSO
(Venerdì 11 novembre 2011)
Di Giosetta Guerra
Varcata la soglia d’ingresso alla platea del Teatro Magnani di Fidenza, ti trovi in un teatro di tradizione elegante e armonioso, ma l’occhio è attratto dal particolare palcoscenico costituito da una sala molto grande magnificamente affrescata.
È la stupenda camera acustica le cui pareti sono tele dipinte da Girolamo Magnani, uno dei più grandi scenografi dell’Ottocento, recentemente restaurate e lì poste alla visione del pubblico.
Ebbene in questo prezioso ambiente si svolge la vicenda dei bohémiens, che, se non hanno legna da ardere, possono riscaldare l’anima con la vista dell’arte. Ovviamente non ci sono i tetti di Parigi né le insegne del Café Momus né gli sbarramenti della barrière d’enfer, ma solo alcuni elementi che ricordano a chi già lo sa dove sono ambientati i quattro quadri dell’opera.
Il regista Riccardo Canessa, per non coprire questa bellissima scenografia naturale, immagina che quella sia la stanza di casa Puccini dove il maestro in persona prova l’allestimento della sua Bohème; qui arrivano i cantanti già in costume fine ottocento ideati da Artemio Cabassi (brutti quelli delle due donne, migliori quelli maschili), qui Puccini, impersonato dallo stesso regista, in piedi o seduto al pianoforte li controlla e qui ha inizio la prova e, ovviamente, l’opera per noi.
I quattro bohémiens si muovono a loro agio, sono giovani, baldanzosi e pieni di speranze. Fra loro si distingue Gianfranco Montresor (Marcello) per un bel mezzo vocale, solido, esteso, timbrato, robusto, pulito, per la rotondità e la morbidezza del suono, per la naturalezza e la fluidità d’emissione senza forzature neanche nel canto a voce piena, per l’accattivante modo di porgere una voce calda e una fascinosa presenza scenica (quando apre le braccia sembra abbracciare il mondo).
Nel ruolo di Rodolfo il giovane tenore Paolo Fanale ha le physique du rôle, squillo robusto e lunghi fiati sostenuti, la voce poco pulita in zona centrale è luminosa in zona acuta, ma gestita quasi sempre sul forte, eludendo la tinta pucciniana, che ritorna quando la voce si adagia nella morbidezza del canto. Pietro Toscano (Colline) deve mettere a fuoco un mezzo vocale di bel colore scuro, l’interpretazione superficiale di “Vecchia zimarra” è aggravata da una dizione incomprensibile. Donato Di Gioia (Schaunard) ha voce baritonale dal suono deciso e sonoro e Romano Franceschetto nel ruolo caricaturale di Benoit esibisce bella voce ferma e di spessore, mentre il regista Riccardo Canessa, registrato nella locandina col cognome materno (Riccardo Carloni), si presenta nei panni di Alcindoro.
Non è riportato il nome del tenore chiaro acuto che veste i panni di Parpignol.
E veniamo alle donne. Il soprano lirico Daria Masiero è una Mimì in carne piena di energia. Canta per lo più a voce spiegata, anche “Sì, mi chiamano Mimì”, comunque va apprezzata la sua grande voce che diventa melodiosa quando si alleggerisce e si piega alla dolcezza del canto a fior di labbro (“Fingevo di dormire”). Alla fine è la musica di Puccini che emoziona. Roberta Canzian (Musetta) ha voce melodiosa, duttile, estesa e brillante e canta molto bene “Quando me n’ vo”.
Per lo più schierati in palcoscenico, il Coro dell’Opera di Parma e il Coro di Voci Bianche della Corale Verdi, ben preparati e diretti da Emiliano Esposito e da Beniamina Carretta, completano la parte vocale.
Non sempre appropriato il disegno luci che restano chiare quando si spengono le candele in soffitta. Il M° Fabrizio Cassi dirige con proprietà l’Orchestra Filarmonica Terre Verdiane, fuori campo la Banda Città di Fidenza "G. Baroni" diretta da Saverio Settembrino.
Assistente alla regia P. Luigi Cassano, Maestro preparatore Simone Savina.
Organizzato dal Gruppo di Promozione Musicale Tullio Marchetti presieduto da Antonio Delnevo, l’evento si inserisce nelle manifestazioni per il 150° Anniversario del Teatro Magnani e per la mostra al pubblico di queste tele restaurate, ma è anche una lodevole iniziativa per la formazione del pubblico locale.
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