Foto: Ramella & Giannese- Fondazione Teatro Regio di Torino
Di Giosetta Guerra
Quando in un’opera il padre è più bello del figlio o l’antagonista più accattivante del protagonista, sarebbe meglio ascoltare e non vedere, se poi anche la scenografia è generica e senza tempo tanto vale chiudere gli occhi o fare l’opera in forma di concerto, fermo restando che le voci siano adeguate. Per Luisa Miller (la vicenda è ambientata in Tirolo, nella prima metà del XVII secolo), andata in scena al Teatro Regio di Torino, dopo la lunga e bellissima ouverture, il sipario si apre su un tetro interno ligneo (eppure c’è una festa di compleanno), che si ripete nel corso dell’opera ogniqualvolta si deve figurare un ambiente chiuso (a volte rischiarato da alberi frondosi agitati dal vento dietro le finestre, quasi a richiamo del Tirolo) e che si alterna con pannelli scorrevoli a disegni geometrici quando l’azione si svolge all’aperto. Il vecchio Miller, padre di Luisa, è qui giovane e aitante, Rodolfo, amante di Luisa, è basso e pienotto, il conte di Walter, padre di Rodolfo è alto, slanciato e bello e Wrum, castellano di Walter che vorrebbe sposare Luisa perché ne è innamorato, è anche un gran bell’uomo. Credibilità scarsa.
L’allestimento, coprodotto con il Teatro Regio di Parma, si avvale di regia, scene, costumi e luci di Denis Krief, che a volte fa muovere coro e protagonisti ballando sulla musica e che mira a dar risalto alla differenza dei ceti sociali. Tra i cantanti, tutti bravi professionisti, le tre voci scure maschili hanno fatto proprio una gran figura. Molto belle e ben gestite le voci di Gazale, Iori e Anastassov. Il baritono Alberto Gazale (Miller) è una grande figura scenica e un grande personaggio con il dramma nella voce, l’eccellente modo di porgere, sostenuto dalla ricchezza del mezzo vocale in quanto a colore, peso, ampiezza, morbidezza, dà risalto all’intensità dell’interpretazione. Il basso Orlin Anastassov (Conte di Walter) domina la scena con l’autorevolezza della sua figura, la voce è importante, corposa e di buon peso e volume. Enrico Iori (Wurm) è un bravissimo basso dalla voce robusta e vibrante e dall’aspetto imponente. Il tenore Massimiliano Pisapia (Rodolfo) ha un bel getto vocale, robusto, squillante, sicuro, ma canta quasi sempre con impeto e, per essere un personaggio romantico, si concede poche morbidezze. Non sempre sicura risulta l’emissione del mezzosoprano Barbara Di Castri (la duchessa Federica); la contadina Laura è interpretata dal mezzosoprano Katarina Nikolic e un contadino dal tenore Dominic Armstrong. Poi c’è lei, Fiorenza Cedolins, bella, teatrale, brava cantante e brava interprete, con bella voce nel ruolo di Luisa Miller, che purtroppo non mi sembra completamente adatto alle sue peculiarità vocali. Sul podio dell’Orchestra del Regio c’è il bravo maestro Donato Renzetti, fedele interprete della partitura verdiana e con un occhio sempre attento anche al palcoscenico. Artefice di pagine corali di forte coinvolgimento è il Coro del Regio, diretto da Claudio Fenoglio.
Di Giosetta Guerra
Quando in un’opera il padre è più bello del figlio o l’antagonista più accattivante del protagonista, sarebbe meglio ascoltare e non vedere, se poi anche la scenografia è generica e senza tempo tanto vale chiudere gli occhi o fare l’opera in forma di concerto, fermo restando che le voci siano adeguate. Per Luisa Miller (la vicenda è ambientata in Tirolo, nella prima metà del XVII secolo), andata in scena al Teatro Regio di Torino, dopo la lunga e bellissima ouverture, il sipario si apre su un tetro interno ligneo (eppure c’è una festa di compleanno), che si ripete nel corso dell’opera ogniqualvolta si deve figurare un ambiente chiuso (a volte rischiarato da alberi frondosi agitati dal vento dietro le finestre, quasi a richiamo del Tirolo) e che si alterna con pannelli scorrevoli a disegni geometrici quando l’azione si svolge all’aperto. Il vecchio Miller, padre di Luisa, è qui giovane e aitante, Rodolfo, amante di Luisa, è basso e pienotto, il conte di Walter, padre di Rodolfo è alto, slanciato e bello e Wrum, castellano di Walter che vorrebbe sposare Luisa perché ne è innamorato, è anche un gran bell’uomo. Credibilità scarsa.
L’allestimento, coprodotto con il Teatro Regio di Parma, si avvale di regia, scene, costumi e luci di Denis Krief, che a volte fa muovere coro e protagonisti ballando sulla musica e che mira a dar risalto alla differenza dei ceti sociali. Tra i cantanti, tutti bravi professionisti, le tre voci scure maschili hanno fatto proprio una gran figura. Molto belle e ben gestite le voci di Gazale, Iori e Anastassov. Il baritono Alberto Gazale (Miller) è una grande figura scenica e un grande personaggio con il dramma nella voce, l’eccellente modo di porgere, sostenuto dalla ricchezza del mezzo vocale in quanto a colore, peso, ampiezza, morbidezza, dà risalto all’intensità dell’interpretazione. Il basso Orlin Anastassov (Conte di Walter) domina la scena con l’autorevolezza della sua figura, la voce è importante, corposa e di buon peso e volume. Enrico Iori (Wurm) è un bravissimo basso dalla voce robusta e vibrante e dall’aspetto imponente. Il tenore Massimiliano Pisapia (Rodolfo) ha un bel getto vocale, robusto, squillante, sicuro, ma canta quasi sempre con impeto e, per essere un personaggio romantico, si concede poche morbidezze. Non sempre sicura risulta l’emissione del mezzosoprano Barbara Di Castri (la duchessa Federica); la contadina Laura è interpretata dal mezzosoprano Katarina Nikolic e un contadino dal tenore Dominic Armstrong. Poi c’è lei, Fiorenza Cedolins, bella, teatrale, brava cantante e brava interprete, con bella voce nel ruolo di Luisa Miller, che purtroppo non mi sembra completamente adatto alle sue peculiarità vocali. Sul podio dell’Orchestra del Regio c’è il bravo maestro Donato Renzetti, fedele interprete della partitura verdiana e con un occhio sempre attento anche al palcoscenico. Artefice di pagine corali di forte coinvolgimento è il Coro del Regio, diretto da Claudio Fenoglio.
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