Foto: Javíer del Real /Teatro Real de Madrid
Ramón Jacques
Il Teatro Real di Madrid ha presentato Salome l’opera che ha consacrato Richard Strauss come operista, una tappa importante per un compositore dedito principalmente fino a quel momento al genere del poema sinfonico, e lo ha fatto con la produzione ingegnosa di Robert Carsen, rappresentata un paio di stagioni fa al Teatro Regio di Torino.
L’azione si svolge alla nostra epoca, con costumi moderni, richiami scenici romani ed egizi, e cassette di sicurezza piene di soldi e oro situate nel seminterrato di un casinò a Las Vegas che rappresentava il palazzo del Tetrarca. L’idea di Carsen di trasferire il modello di città nel deserto dove la gente pretende di arricchirsi divertendosi, senza tralasciare le allusioni bibliche, è servita come metafora che amplificava il carattere di eccesso e declino di una società moralmente corrotta, simile a quella della vicenda. Inclusa la famosa Danza dei sette veli, che iniziava con un ballo erotico della protagonista terminando con la danza goffa di sette uomini (spogliati) ossessionati e frastornati da Salome.
Vocalmente il ruolo principale è stato interpretato dal soprano svedese Annalena Persson che nonostante una voce ben proiettata, di bel timbro, omogeneo e suadente, non ha saputo evitare momenti di rigidità scenica e carenza di sensualità. Imponente il profeta Jochanaan del basso-baritono americano Mark S. Doss, di opulenti mezzi vocali per una prestazione sicura e convincente. Il ruolo di Herodias ha beneficiato della presenza energica di Irina Mishura, mezzosoprano di voce ampia e timbro scuro, mentre il tenore Peter Bronder ha dato vita ad un Herodes sconvolto e turbato, in completo accordo con la visione registica, anche se la sua emissione è parsa a volte non sufficientemente a fuoco. Il tenore Tomislav Mužek (Narraboth) e il mezzosoprano Jennifer Holloway (il paggio), entrambi vestiti come guardie della sicurezza, completavano un cast nel complesso affidabile.
Vocalmente il ruolo principale è stato interpretato dal soprano svedese Annalena Persson che nonostante una voce ben proiettata, di bel timbro, omogeneo e suadente, non ha saputo evitare momenti di rigidità scenica e carenza di sensualità. Imponente il profeta Jochanaan del basso-baritono americano Mark S. Doss, di opulenti mezzi vocali per una prestazione sicura e convincente. Il ruolo di Herodias ha beneficiato della presenza energica di Irina Mishura, mezzosoprano di voce ampia e timbro scuro, mentre il tenore Peter Bronder ha dato vita ad un Herodes sconvolto e turbato, in completo accordo con la visione registica, anche se la sua emissione è parsa a volte non sufficientemente a fuoco. Il tenore Tomislav Mužek (Narraboth) e il mezzosoprano Jennifer Holloway (il paggio), entrambi vestiti come guardie della sicurezza, completavano un cast nel complesso affidabile.
L’esperto direttore Jesús López Cobos, responsabile dell’Orchestra Sinfonica di Madrid, ha saputo estrarre melodia e musicalità dalla partitura senza perdere di vista la tensione che progredisce incessantemente dalla prima all’ultima nota.
Nessun commento:
Posta un commento