Parma - Teatro Regio - Werther di Jules Massenet
(Recita del 27 aprile 2010)di Giosetta Guerra
Sulle note cupe dell’ouverture alleggerita dalle delicatezze dei violini un funerale nero visto in controluce attraversa la scena vuota pervasa di luce rossa. La bara, posata a terra e privata del manto nero, diventa prima un muretto nel giardino del borgomastro e poi si divide in panchetti usati dai bambini sia come sedili sia come vassoi. Sul fondale aperto giganteggia un albero investito da luci sempre diverse e poi abbattuto, le luci dai colori accesi cambiano continuamente in base agli ambienti, alle situazioni e agli stati d’animo e creano violenti contrasti, spesso si fa uso della tecnica del controluce e dell’azione nel retroscena. La stanza di Charlotte è ricca di mobili bianchi in confusione, vi domina un lettone sopraelevato e un inginocchiatoio più in alto ancora. La stanza di Werther morente sul letto è piena di libri ed è rischiarata da candelieri accesi, mentre fuori scende la neve su un albero di Natale steso a terra e contro un cielo nero squarciato da una luna bianca sfocata. Le scene sono simboliche e stilizzate, le pareti che si inclinano e si restringono sui personaggi simboleggiano la claustrofobia del dolore. Johann e Schmidt, biondissimi, arrivano in bicicletta e portano l’ombrello, Werther fa il suo ingresso in frac grigio, Charlotte nella sua stanza indossa un abito bianco con strascico e capelli sciolti, Sofie è una delicata figura, Albert un compunto giovine. Scene di Alessandro Chiti, costumi di Giusi Giustino, luci di Paolo Ferrari, regia di Marco Carniti. Allestimento ripreso dal Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
(Recita del 27 aprile 2010)di Giosetta Guerra
Sulle note cupe dell’ouverture alleggerita dalle delicatezze dei violini un funerale nero visto in controluce attraversa la scena vuota pervasa di luce rossa. La bara, posata a terra e privata del manto nero, diventa prima un muretto nel giardino del borgomastro e poi si divide in panchetti usati dai bambini sia come sedili sia come vassoi. Sul fondale aperto giganteggia un albero investito da luci sempre diverse e poi abbattuto, le luci dai colori accesi cambiano continuamente in base agli ambienti, alle situazioni e agli stati d’animo e creano violenti contrasti, spesso si fa uso della tecnica del controluce e dell’azione nel retroscena. La stanza di Charlotte è ricca di mobili bianchi in confusione, vi domina un lettone sopraelevato e un inginocchiatoio più in alto ancora. La stanza di Werther morente sul letto è piena di libri ed è rischiarata da candelieri accesi, mentre fuori scende la neve su un albero di Natale steso a terra e contro un cielo nero squarciato da una luna bianca sfocata. Le scene sono simboliche e stilizzate, le pareti che si inclinano e si restringono sui personaggi simboleggiano la claustrofobia del dolore. Johann e Schmidt, biondissimi, arrivano in bicicletta e portano l’ombrello, Werther fa il suo ingresso in frac grigio, Charlotte nella sua stanza indossa un abito bianco con strascico e capelli sciolti, Sofie è una delicata figura, Albert un compunto giovine. Scene di Alessandro Chiti, costumi di Giusi Giustino, luci di Paolo Ferrari, regia di Marco Carniti. Allestimento ripreso dal Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
Sul piano vocale non si poteva avere un cast meglio assortito, a cominciare dal pluriosannato tenore Francesco Meli nel ruolo protagonista. Il suo Werther è un giovane pieno di slanci e di ritrosie, che si esprime con squillo sicuro e mezze voci sospirose, il mezzo vocale estesissimo e di bel timbro è usato prevalentemente sul forte, il canto a piena voce è trascinante, strepitoso nel finale del II atto; Pourquoi me reveiller è cantata con la giusta alternanza di smorzature e d’irruenze e tutta la scena è pervasa da maggior passione, complice anche l’intensità della musica. Tuttavia un’attenta opera di cesello sul canto sfumato renderebbe maggior giustizia al personaggio, più artista “ossianico” che titano romantico, e darebbe perfetta espressione al monologo interiore di Werther, costruito sul flusso di emozioni e di rapimenti. Sonia Ganassi regala suoni bruniti, espansioni liriche ed intensità d’espressione a Charlotte, il mezzosoprano è scenicamente e tecnicamente una brava artista, abile nel porgere, nell’usare le mezze voci, nello svettare nella tessitura acuta, ma mostra carenza di sonorità e di peso nella tessitura grave e poca chiarezza di dizione in quella media dove i suoni appaiono piuttosto chiusi.
Giorgio Caoduro nel ruolo del composto e razionale Albert, l'anti-eroe romantico, esibisce bel timbro baritonale, fiati lunghi e sostenuti con qualche ondulazione in zona acuta, correttezza, morbidezza e armoniosità del canto, buona dizione. Senza pecche e quindi perfetta la performance del soprano Serena Gamberoni: bella voce luminosa e tecnica ineccepibile, incursioni sicure e delicate nella zona acuta, scenicamente esprime perfettamente la freschezza della giovane Sophie. A completamento del cast ricordiamo il basso Michel Trempont (Borgomastro), il tenorino Nicola Pamio (Schmidt), il bravo baritono Omar Montanari (Johann), il mezzosoprano Azusa Kubo (Kätchen), il tenore Seung Hwa Paek (Brühlmann). Voci aggraziate quelle dei bambini del Coro voci bianche del Teatro Regio di Parma diretto dal Maestro Sebastiano Rolli. Il direttore Michel Plasson riesce a guidare l’Orchestra del Regio nel cangiante percorso sonoro che descrive l’evolversi della situazione: la musica frizzante e festosa all’arrivo dei bambini, delicata e romantica all’incontro di Werther e Charlotte, tormentosa e a dense arcate nella lettura della lettera, struggente e carica di tensione nell’intermezzo, si riduce a cupe arcate gravi e a un colpo di grancassa alla morte di Werther e muore con lui. Uno spettacolo positivo.
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