ROF
2018
Pesaro, Teatro
Rossini
…Adina…
(12 agosto 2018, prima)
·
È del teatro il fin
la maraviglia
la maraviglia
Recensione di Giosetta Guerra
Una bella Adina ci voleva al
ROF, ma non quella di Nemorino che non c’entra niente con Rossini, bensì quella
di Selimo finita in un serraglio, che Rossini ha immortalato in una breve farsa
semiseria nel 1818, su commissione di un ufficiale portoghese, avvalendosi di
autoimprestiti (da La gazza ladra e Sigismondo) e dell'aiuto di uno o
più collaboratori, vista la brevità del tempo concesso. Anche il libretto di
argomento turchesco di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini non è originale, ma si
rifà ad un testo già in circolazione. Fu rappresentata per la prima volta al
Teatro São Carlos di Lisbona il 12 giugno 1826 (coincidenza: anno di nascita di
Tiberini che sarà importante per lo stesso Rossini).
Il risultato è comunque
gradevole, perché dove c’è aria rossiniana c’è piacevolezza.
Ci ha pensato Rosetta Cucchi in veste di regista a portare
questa Adina a Pesaro in un nuovo allestimento coprodotto con il
Wexford Festival Opera, dove la Cucchi lavora da tanti anni.
La lettura della regista si
concentra sulle nozze, più volte programmate e più volte rimandate, sorvolando
sui luoghi e sui tempi del libretto.
Infatti Adina doveva sposarsi
col giovane arabo Selimo quando fu rapita dai briganti e portata nel serraglio
del Califo, poi aveva deciso di sposare il Califo, al quale si era affezionata
per la sua gentilezza, quando ricompare Selimo, alla fine, dopo aver scoperto
di essere figlia del Califo, sposa Selimo.
In palcoscenico, quindi,
coadiuvata dallo scenografo Tiziano
Santi, la regista pone una
gigantesca e decoratissima torta nuziale che, come nelle favole, è una scatola
a sorpresa e, quando si apre…clic…esce il jack
in the box. Dal piano terra esce il Califo che ha lì il suo serraglio finemente decorato e arredato, c’è
anche una vasca da bagno piena di schiuma dove lui si immerge; dal balcone del
primo piano s’affaccia la sua bella schiava Adina circondata dalle ancelle in
tutù rosso
e sul terrazzo del terzo piano, con gli sposi di
zucchero delle torte nuziali, accadono varie cose, anche il lancio dei cuoricini da
Selimo (sospeso in aria) ad Adina; una scala laterale permette l’accesso ai
piani alti. La regista bada più alla farsa semiseria che alle turcherie,
colorando d’ironia una storia di intrecci amorosi, beffe, agnizioni, arricchendola
di movimento e di gags anche alla Dario Fo. L’aiutano in questo suo intento le scene
di gusto kitch di Tiziano Santi, i
vivaci costumi colorati di Claudia Pernigotti e le luci Daniele
Naldi.
L’azione si svolge dentro e fuori questa sorta di torta/palazzo,
ma gli spazi esterni sono limitati e sovraffollati anche di personaggi
aggiunti, tipo cuochi, guardie, giardinieri, inoltre la scena fissa non
facilita la comprensione del plot.
Tuttavia l’opera si guarda e si ascolta volentieri.
L’Orchestra Sinfonica G. Rossini diretta dal giovane maestro venezuelano Diego Matheuz dà
brio e sentimento alla partitura ed è di sostegno alle voci, il coro M. Agostini del Teatro della Fortuna di Fano, ben preparato da Mirca Rosciani, partecipa divertendosi
all’azione scenica.
La scrittura vocale esige cantanti di grande virtuosismo, in grado di eseguire il sillabato fitto con buona dizione e di ammorbidire.
E qui c’erano.
Lisette Oropesa, nel ruolo di Adina, autentico soprano di coloratura, esteso ed acutissimo, è perfetta sia nella leggerezza e negli artifici del canto acrobatico che nell’incisività delle agilità di forza, il timbro melodioso, unito alla delicatezza del fraseggio e a fiati lunghissimi, rende morbido il canto nei tratti più delicati e più drammatici.
Il giovane tenore sudafricano Lev Sekgapane (Selimo) esibisce voce chiara di bel timbro, estesissima (Quando m’offre) e sovracuti formidabili. Bravissimo. Una rivelazione.
Vito Priante è un bel Califo in ogni senso: in primis ha un’imponente voce di basso, bella nel colore, sicura negli affondi, solida nelle note gravi, vocalità estesa ed agilissima che si libra con naturalezza tra la morbidezza delle ampie arcate (Se non m’odi) e la velocità dei sillabati, e poi grazie alla sua bella figura può permettersi di comparire in scena semisvestito e di fare il bagno dentro la vasca, mentre il servitore Alì gli lava la schiena (qui era meglio senza canottiera).
Ben preparati anche i due giovani formatisi all’Accademia Rossiniana: il tenore caratterista Matteo Macchioni (Alì) ha una bella canna di voce chiara e sicura e il baritono Davide Giangregorio (Mustafà) ha un bel timbro e un notevole corpo vocale.
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Fotografie
© Studio Amati Bacciardi
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