R.O.F.
2015
Pesaro, Teatro Rossini
L'INGANNO
FELICE
farsa
in un atto di Giuseppe Foppa,
musica di Gioachino Rossini.
musica di Gioachino Rossini.
Servizio
di Giosetta Guerra
La
landa pietrosa con ingressi alle miniere e minatori con picconi e
carriole al lavoro dà la sensazione d'immensa solitudine ma non di
tristezza, è un pezzo di mondo dove più che la parola serve la
rassegnazione, è il regno del silenzio ma domina la luce. Luce
bianca su un cielo bianco con qualche nuvola screziata, sopra una
landa bianco-grigiastra con pozzanghere e antri neri, in lontananza
la linea blu del mare, dove scorre lentamente una piccola nave
illuminata. A poco a poco la luminosità diminuisce e vien la notte,
ma all'apparir dell'alba successiva le tende dei militari montate in
corso d'opera vengono smontate e si ritorna alla scena iniziale.
I
minatori e perfino la protagonista indossano umili costumi, i
militari portano eleganti divise bianche e blu.
Così
lo scenografo costumista Richard
Hudson
e il regista Graham
Vick ci
avevano presentato L'inganno
felice nel
1994 col disegno luci di Matthew
Richardson
e così il R.O.F. ce lo ripropone in questa edizione 2015.
L'impatto
visivo è di grande piacevolezza, è un affresco quasi poetico.
Gradevolissimo
anche l'impatto uditivo con la leggerezza degli archi e la freschezza
dell'invenzione musicale della frizzante Sinfonia
restituita con cura dall'Orchestra
Sinfonica Rossini diretta
da Denis
Vlasenko.
L'orchestra sottolinea con precisione le situazioni, come da dettato
rossiniano, entra con garbo nella musica patetica che introduce
Isabella e sottolinea i suoi gorgheggi con le volatine degli archi, è
fluida e fluttuante all'arrivo dei militari e diventa sfiziosa nella
cavatina di Bertrando “Qual
tenero diletto”,
l'orchestra accompagna le voci ma non le sovrasta, sostiene il ritmo
nel terzetto Tarabotto-Bertrando-Isabella e diventa complice nel
duetto Batone-Tarabotto, la levigatezza del suono orchestrale emerge
nel Finale notturno, cui segue un tempo danzante nel canto d'insieme,
bravo il corno.
Gli
artisti son tutti bravi attori. Sul piano vocale si distinguono le
voci scure, ma son quasi tutti perfetti, solo il tenore deve
acquisire maggior fluidità d'emissione, ma è ancora giovane e non
manca di buona volontà.
La grande voce di basso autentico di Carlo Lepore conferisce importanza a Tarabotto, tratteggiato con dizione chiara e credibilità scenica, inoltre la bellezza del timbro, la maestosità del suono (fantastico nel duetto con Batone), la fluidità della linea di canto e d'emissione in ogni registro, la perizia tecnica nello sciorinare la pioggia di note del sillabato veloce fanno di Lepore uno dei cantanti rossiniani di riferimento.
Bravissimo anche l'interprete di Batone, il baritono Davide Luciano, dalla voce scura e robusta, rotonda e sonora, duttile e di bel timbro, il canto è morbido, gli appoggi sono pieni, le larghe arcate si espandono agevolmente in zona acuta, il sillabato è disinvolto.
Nel magnifico duetto Batone – Tarabotto “Va taluno mormorando” le due belle voci scure a confronto espandono sonorità consistenti e frenesia nella fitta coloratura.
Nelle
vesti di Isabella Mariangela Sicilia esibisce
voce melodiosa e squillante, dal bel colore mezzosopranile e dal
suono molto gradevole, luminosa in zona acuta, pastosa in zona medio
grave, canta molto bene con malinconica morbidezza e delicatezza del
suono (aria “Al più dolce e caro oggetto”), sa modulare e
produrre bei filati rinforzati, ma anche eseguire i trilli, i
gorgheggi, le fioriture della coloratura rossiniana con buona pronuncia.
Scenicamente
elegante il Duca Bertrando
di Vassilis Kavayas,
un tenore dal bel timbro chiaro, in grado di alleggerire i
suoni e di salire agevolmente in zona acuta, la voce è duttile,
l'emissione attenta, la dizione chiara, necessita di maggior studio
per padroneggiare Rossini.
Giulio
Mastrototaro,
baritono esteso, interpreta a
dovere il ruolo dell'infido Ormondo.
Nessun commento:
Posta un commento