Milano
Teatro alla Scala
(recita
del 3 giugno 2015)
Recensione
di Giosetta Guerra
Dopo
le confuse proiezioni sull'ouverture, semplici elementi e contrasti
cromatici caratterizzano gli ambienti dell'allestimento di
Mary
Zimmermann
creato
al Teatro Metropolitan di New York e
ripreso
alla Scala da Patrizia
Frini,
ma quel che domina è l'atmosfera
cupa dello Sturm unt Drang, la nuova sensibilità romantica
s'interseca con l'interesse per il racconto gotico. Predominano i
colori scuri sia nelle scene classiche firmate
da Daniel
Ostling
che nei costumi tradizionali disegnati da Maria
Blumenfeld,
eccezion fatta per il salone delle feste,
e
le luci ideate T.
J. Gerckens spesso
son calate dall'alto.
In questo clima d'amore e di morte spicca la solarità e il carisma di
Vittorio
Grigolo
nel difficile
ruolo
di Sir
Edgardo di Ravenswood,
l'eroe romantico di byroniana memoria, che sortisce con un
appassionato duetto con Lucia, l’accento eroico e
l'interpretazione intensa e disperata dell'aria “Sulla
tomba che rinserra”,
iniziata a mezza voce e condotta con la messa di voce verso una
sonorità piena e brillante, definiscono i contorni di un personaggio
esuberante e teatralmente accattivante.
Grigolo tinge di sentimento la sua bella cavata di voce, è travolgente nel gesto e impetuoso nel canto di passione al momento dell'invettiva “Maledetto sia l'istante”,
capace di un bellissimo canto a voce piena con fiati lunghi, squillo sicuro, acuti sonori e lanciati, trascinante per l'enfasi dell'interpretazione, purtroppo nella serata in questione la sua indisposizione di salute ha un po' inficiato il canto a mezza voce. Cantando a una voce con la sua amata “Verranno a te sull'aure”, i due artisti fanno emergere il piglio virile di Edgardo e la fragilità femminile di Lucia.
Grigolo tinge di sentimento la sua bella cavata di voce, è travolgente nel gesto e impetuoso nel canto di passione al momento dell'invettiva “Maledetto sia l'istante”,
capace di un bellissimo canto a voce piena con fiati lunghi, squillo sicuro, acuti sonori e lanciati, trascinante per l'enfasi dell'interpretazione, purtroppo nella serata in questione la sua indisposizione di salute ha un po' inficiato il canto a mezza voce. Cantando a una voce con la sua amata “Verranno a te sull'aure”, i due artisti fanno emergere il piglio virile di Edgardo e la fragilità femminile di Lucia.
Il soprano Elena Mosuc nel ruolo di Miss Lucia esordisce con una linea di canto un po' faticosa, esibisce una vocetta aguzza che si addolcisce nei bei filati e ha poco spessore nei gravi (“Regnava nel silenzio”); la cantante conosce l'uso della messa di voce, l'arte di trillare e di smorzare i filati in acuto, si destreggia ma non eccelle nell'alto virtuosismo, a volte molto fiorito, della scrittura vocale, legata alla tradizione belcantistica, i sovracuti sono un po' tirati e ballanti e manca il rapimento estatico (“Quando rapita in estasi”). Accorata nell'accattivane duetto col fratello dopo la lettura della falsa lettera, emette acuti lanciati e sottoscrive la sua condanna con filati sonori passando attraverso una magnifica messa di voce. Nella scena della follia, introdotta dal suggestivo suono della glassharmonica, strumento idiofono del 1700 composto da bicchieri di cristallo suonati mediante lo sfregamento dei bordi con le dita bagnate, la voce del soprano ha poco spessore ma poi aumenta alla vista del fantasma, il canto a singhiozzi di “Alfin son tua” la rende più giocosa che delirante, i trilli con la glassarmonica sono brillanti, precisi vocalmente come i filati e i sovracuti, ma manca quella linea di canto sospesa estraniata, che si accompagna ad una figura stravolta, la Mosuc è più una bimba che gioca che una pazza.
Il
baritono Gabriele
Viviani canta
in modo irruento e non punta sull'eleganza del fraseggio per far
emergere il dispotismo di Lord
Enrico Ashton,
fratello di Lucia assetato di vendetta e legato all'onore della
famiglia, esibisce bella voce ampia corposa e sostenuta, dizione
chiara, emissione sciolta, ma l'acuto è faticoso e poco sonoro nella
cabaletta “La
pietade in suo favore”,
pone foga e sicurezza d'emissione nelle esplosioni di furore con buon
sostegno orchestrale, ma perde peso e spessore verso la fine.
Raimondo
Bidebent,
uomo di chiesa chiuso nel suo moralismo, ha la voce dal bel colore
scuro del basso Alexander
Tsymbalyuk,
che porge in modo morbido e con rotondità del suono, ma dovrebbe
eliminare quel leggero vibrato (“Ah!
Quella destra di sangue impura”)
e migliorare la fluidità d'emissione.
Il
tenore
Juan José de Leòn
fa sentire la sua bella voce acuta nel ruolo di Lord
Arturo Bucklaw,
lo sposino sfigato di Lucia.
Presenti
in scena anche due allievi dell'Accademia di Perfezionamento per
Cantanti lirici del teatro alla Scala: Chiara
Isotton,
un mezzosoprano poco sonoro ma corretto nel ruolo di Alisa,
e il tenore leggero Edoardo
Milletti
in quello di Normanno.
La
musica è febbrile per l'alternarsi delle passioni, l'Orchestra
del Teatro alla Scala,
diretta da Stefano
Ranzani,
non si limita ad accompagnare le voci, ma in certe situazioni diventa
coprotagonista; gli strumenti penetrano nell'animo dei personaggi e
ne descrivono affetti e sentimenti di varia natura, dalla veemenza
degli scontri maschili alla malinconica fragilità della protagonista
sottolineata dall'arpa, dal colore romantico dei corni nel preludio e
nei morbidi assolo successivi al climax drammatico della scena della
follia accentuato dal suono delicato e penetrante della glassarmonica
capace di produrre profondo turbamento, l'orchestra fa sentire la sua
presenza senza esporsi, cullante e carezzevole nei duetti, cesella
bei ricami orchestrali per Lucia, sprigiona brillantezza nelle
pagine corali dei festeggiamenti nuziali (“D'immenso
giubilo”)
e sottolinea il cupo coinvolgimento del coro alla tragedia di Lucia.
E il Coro
del
Teatro alla Scala,
ottimamente
preparato e diretto
da
Bruno
Casoni,
risponde a questa musica di larga presa, con accento appropriato,
morbidezza e compattezza del suono, interpretazione accorata.
Nessun commento:
Posta un commento