FAUST
opera
in cinque atti tratta dall’omonimo poema di Wolfgang Goethe,
libretto di Jules Barbier e Michel Carré, musica di Charles
Gounod
Nuovo
allestimento del Teatro Regio di Torino in coproduzione con Israeli
Opera – Tel Aviv e Opéra de Lausanne
(recita
del 5 giugno 2015)
recensione di Giosetta Guerra
Cupo e visionario l'allestimento di Stefano Poda, che sceglie di scavare nel groviglio dei temi esistenziali e proietta azioni e personaggi entro luoghi simbolici.
recensione di Giosetta Guerra
Faust
è un'opera dai forti contrasti: angeli e demoni, sacro e profano,
sovrannaturale e realtà, amore ed erotismo, castità e tentazione,
virtù e trasgressione, perdizione e redenzione, idillio e sesso
sfrenato, con pennellate di grottesco; è lunga, intricata,
problematica, perciò un allestimento tradizionale, col rispetto di
ambienti, colori, atmosfere, caratteri, azioni, renderebbe più
facile la sua comprensione. Ma per chi conosce l'opera è stimolante
cercare allestimenti particolari, dove l'occhio oltre che guardare
deve anche scrutare. L'allestimento di Stefano
Poda,
che ha curato scene, regia, luci, costumi, coreografie al Teatro
Regio di Torino non è sempre chiaro perché è visionario e
sintetico, ma è originale, artistico, elegante e studiato in ogni
dettaglio. Purtroppo da lontano molti particolari sono sfuggiti alla
vista, rendendo difficile la comprensione di certe scelte, che ho
capito poi guardando le foto.
Un enorme anello ferrigno domina la scena per tutta l'opera, girando in orizzontale, in verticale e in tralice, spostandosi in alto, in basso e sul fondo, segna i confini degli ambienti dove compaiono gli elementi essenziali:
un mucchio di libri per lo studio di Faust, sagome bianche stilizzate di alberi per il giardino, proiezione
graduale di una croce di luce bianca su fondo nero per la chiesa,
pioli in ferro per entrare e uscire dal cerchio posato a terra per
nascosti approcci erotici,
lunghi fili che s'intersecano per mimare la prigione con Margherita,
lunghi fili che s'intersecano per mimare la prigione con Margherita,
gambe nere femminili emergenti
dall'anello nero, che alzandosi mostra un ammasso di
persone nude che si danno alle danze nel Baccanale, mentre sgorbi neri saltellanti simili a ragni (bravissimi saltimbanchi) danno l'idea del peccato, reso ancor più accattivante dai colori attorno. In terra sono scritte frasi in tedesco, forse tratte dall'opera di Goethe. Il colore dominante della scena è il grigio, rischiarato da un attento disegno luci provenienti da varie direzioni.
persone nude che si danno alle danze nel Baccanale, mentre sgorbi neri saltellanti simili a ragni (bravissimi saltimbanchi) danno l'idea del peccato, reso ancor più accattivante dai colori attorno. In terra sono scritte frasi in tedesco, forse tratte dall'opera di Goethe. Il colore dominante della scena è il grigio, rischiarato da un attento disegno luci provenienti da varie direzioni.
I
costumi alcuni dalle linee moderne, altri di un'eleganza spinta,
particolari quelli delle coriste con grandi cappelli, sulle tonalità
del rosso e del nero, bianco e rosso per Margherite, bianco per gli
angeli, alleggeriscono la cupezza degli ambienti. Faust e Mefistofele
sono spesso a dorso nudo. Originale la disposizione delle masse, atte
a creare effetti scenici e quadri suggestivi basati anche sui
contrasti cromatici.
Le danze, che avrebbero alleggerito la tensione e avrebbero completato la bellezza delle musiche, sono sostituite da movenze sceniche di vario tipo, idea originale e pregevole quella delle braccia concatenate dei coristi che simulano l'onda, ma meno trascinanti della danze. La regia è molto attenta agli effetti d'insieme, alle azioni dei personaggi, a mettere in evidenza il personaggio stesso, ma segue una sua visione o aggiunge particolari talvolta poco comprensibili, come i palloncini neri che Mefistofele fa scoppiare nella sua aria con la risata satanica o gli ombrelli neri con cui poco dopo arriva la folla tutta nera sotto una luce sinistra. Dalle foto vedo che le donne coi palloncini neri sono incinte e lo scoppio dei palloncini potrebbe simulare l'aborto di Margherita. Sbaglio?
Le danze, che avrebbero alleggerito la tensione e avrebbero completato la bellezza delle musiche, sono sostituite da movenze sceniche di vario tipo, idea originale e pregevole quella delle braccia concatenate dei coristi che simulano l'onda, ma meno trascinanti della danze. La regia è molto attenta agli effetti d'insieme, alle azioni dei personaggi, a mettere in evidenza il personaggio stesso, ma segue una sua visione o aggiunge particolari talvolta poco comprensibili, come i palloncini neri che Mefistofele fa scoppiare nella sua aria con la risata satanica o gli ombrelli neri con cui poco dopo arriva la folla tutta nera sotto una luce sinistra. Dalle foto vedo che le donne coi palloncini neri sono incinte e lo scoppio dei palloncini potrebbe simulare l'aborto di Margherita. Sbaglio?
Il regista sceglie una linea cupa, togliendo le
danze e prediligendo tinte prive di colore, che trasmettono
l'inquietudine, ma l'alleggerisce con la composizione
artistica di colorati tableaux
vivants.
La musica di Gounod è molto accattivante, il contrasto delle situazioni è delineato dalla varietà degli stili musicali, che l'Orchestra del Teatro Regio di Torino esegue con pulizia del suono, ritmo sostenuto dopo un inizio in sordina, sonorità trascinanti, sotto la guida del direttore Gianandrea Noseda, attento e appassionato interprete della scrittura e delle intenzioni musicali di Gounod. La musica è un tessuto ricamato sotto la parola, la densità del suono sostiene le voci, l'accompagnamento è a volte tumultuoso, a volte dolcissimo, a volte palpitante. Il fragore orchestrale presenta Mefistofele, una musica vellutata e sfuggente ci introduce nel giardino, il tempo di marcia accompagna i soldati di Valentin e donne rosse gesticolanti, la voce dell'organo si fa sentire nella scena della chiesa.
Sul piano vocale il migliore è Ildar Abdrazakov, un bel Méphistophélès giocoso e stimolante, dalla voce possente, ampia e di bel colore, sonorità accattivanti e belle arcate, canta con vigore la “Chanson du veau d'or” in piedi sopra la massa corale (la scena mi ricorda Ramey nel Maometto di Pizzi), esegue con correttezza di stile la serenata “Vous qui faites l'enormie” (ma ho sempre nelle orecchie la risatazza più variegata di Ramey), possente quando invoca gli spiriti del male contro Margherita, poderoso nella notte del peccato. Comunque, fermo restando che Ramey è il punto di riferimento per tutte le figure diaboliche dell'opera, Abdrazakov ha una magnifica voce di basso ben gestita in tutti i registri.
Doctor Faust ha la voce robusta di baritenore di Charles Castronovo, che risulta un po' pesante nella cavatina “Salut! Demeure chaste et pure”, perché la canta con timbro baritonale e coi suoni chiusi, sbianca l'acuto su “presence” tenuto a lungo ma in modo poco fermo, quando emette voce tenorile lo fa in falsetto o a mezza voce. Per me non è adatto a questo ruolo.
Per
Valentin
Vasilij
Ladjuk esibisce
voce
baritonale estesa e piena in tutti i registri, canto sostenuto ma
poco raffinato nella cavatina “Avant
de quitter ces lieux”,
esteso e incisivo nel duello con Mefistofele.
Irina Lungu nel ruolo di Marguerite inizialmente esibisce voce flebile, canta bene l'air des bijoux “Ah! Je ris de me voir”, ma la voce è piccola e l'effetto è povero (forse è posizionata troppo indietro, perché quando avanza il volume aumenta); in corso d'opera la voce acquisisce più corpo, gli acuti sono lancinanti, l'interpretazione è accorata e nel canto c'è tanta dolcezza.
Ketevan
Kemoklidze
è un mezzosoprano
consistente dal bel colore vibrante che interpreta Siebel
con
canto
irruento.
Samantha
Korbey,
Marthe
in
tailleur, è piuttosto ingolata, nella scena del giardino cammina
sull'orlo del grande cerchio e amoreggia vogliosa con Mefistofele,
mentre gli altri due formano una coppia piuttosto ritrosa, ma anche
Faust e Mefisto camminano spesso sui bordi del grande anello.
Wagner
è Paolo
Maria Orecchia.
Il coro maschile in rosso presenta una magnifica qualità vocale ed una splendida compattezza del suono, gradevolissima la resa vocale e sonora delle coriste, sempre elegantissime con particolari tailleurs lunghi, rossi o neri o bianchi e grandi cappelli neri o bianchi, amalgama sonoro pieno e pastoso negli insiemi. Di alto livello la prestazione del Coro del Teatro Regio di Torino, accuratamente preparato dal M° Claudio Fenoglio.
Foto di Eduardo Piva/Ramella
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