Pesaro
Teatro Rossini
Un evento
speciale in onore della donna
(8 marzo 2015)
Standing
ovation
per Anna Marchesini,
signora della scena
di Giosetta Guerra
Sui quotidiani del giorno dopo non hanno scritto
che è stata brava, ma hanno scritto che è caduta, non hanno incolpato la
precarietà del leggio cui si è inavvertitamente appoggiata (chiunque sarebbe
caduto, anche loro), ma hanno incolpato la sua malattia.
A
teatro dovrebbero venire i critici teatrali, non i cronisti.
Anna Marchesini è stata ed è una grande attrice,
singolare per acume e capacità d’analisi a forte carica umoristica.
Ho ancora vivo il ricordo
di un esilarante spettacolo del trio Marchesini-Lopez-Solenghi visto al Teatro
Gentile di Fabriano tanti anni fa, dove era inserito uno dei più noti sketch
teatrali del trio Non esiste più la mezza stagione,
ho seguito in TV tutti i personaggi coniati dalla sottile sarcastica ironia
della Marchesini, ho riso a dismisura con la cameriera secca dei
Signori Montagné, con
l’accartocciamento di alcuni verbi come “precipitandovicisi ”
della cecata Signorina Carlo, che tutti chiamavano
signora, nonostante la sua precisazione di essere signorina, con il
pudore della sessuologa Merope Generosa che «E dai che
ti ridai...» finiva sempre “lì ”, per non parlare della rilettura parodistica de “I Promessi sposi ”
e degli innumerevoli personaggi parodiati con argomentazioni vivaci e
dettagliata caratterizzazione. Tutte interpretazioni di grande impatto sul
pubblico, perché create da un talento comico fuori dal comune.
L’argomento
di questa performance al Teatro Rossini di Pesaro è la storia del professor Cirino Pascarella
in pensione, un uomo riservato dall’esistenza piatta e monotona
che vive in una locanda, gestita dalla cicciona signora
Olimpia, gentile con lui perché vorrebbe dargli in sposa sua figlia Marilda,
una spilungona quarantenne ormai sulla soglia dello zitellaggio. Ma il professore neanche la vede ed è
refrattario a qualsiasi contatto umano. In questo limbo freddo e nebbioso una
luce scuote il letargo del professore: la luce di una finestra dirimpettaia che
mette a nudo, non solo simbolicamente, la figura di un atletico giovanotto, la
cui visione gli fa passare i brividi lungo la schiena, perché in lui vede la
sua vita non vissuta, e diventa il suo consueto appuntamento serale al buio
fino a quando la luce non si accenderà più. Allora il professore, che aveva
avuto una boccata d’aria fresca, viene nuovamente soffocato dall’afa della sua
vita e se ne va dalla locanda.
Ce n’è di materiale per
stimolare la fantasia creativa e la sottile verve comica di una
scrittrice/attrice come la Marchesini. La mole spropositata della
signora Olimpia, ad esempio, si presta ad una minuta descrizione grottesca e caricaturale
che suscita ilarità e fa ridere anche la morte di suo marito soffocato nel letto
come sotto una slavina.
Cirino e Marilda non si può fare, questo il titolo dello
spettacolo, è l’ultimo capitolo della raccolta Moscerine, libro di Anna
Marchesini recentemente pubblicato da
Rizzoli.
L’attrice legge il testo in
palcoscenico, è una sorta di monologo in cui s’inseriscono gli stati d’animo, i
caratteri e le voci dei vari personaggi. Inizialmente si avverte un po’ di
titubanza nella parola, ma lo stile è subito riconoscibile. La lettura è
teatrale con frasi sospirate e altre sarcastiche, sillabe strascicate e dilatate,
vocali stiracchiate e prolungate, parole accarezzate, altre graffiate, altre
scandite, altre velocizzate con scansione ritmica adeguata, parole
dette e non dette, spezzate o ripetute parossisticamente, mugugni, doppi sensi,
discorsi accartocciati, forte scavo della parola per restituirla ricca di significato e d’espressività. Una maestra del
funambolismo verbale che, nonostante la sua posizione ferma, partecipa col
corpo, con le mani, con gli occhi.
E noi ridiamo, certo che
ridiamo, ma è un riso amaro perché dietro c’è la solitudine, ci sono le disillusioni,
c’è il silenzio.
La figura diafana
dell’attrice, con capelli raccolti, abito bianco e scarpe rosse, seduta su un
podio davanti ad un leggio, emerge dal buio del palcoscenico.
L’avrei vista meglio con
una capigliatura riccia e voluminosa e magari un paio di occhialini neri.
A fianco i tre musicisti del
trio Aire de Mar con
chitarra, sax e batteria ogni tanto accompagnavano la sua recitazione o
intervenivano nei momenti di pausa, alla fine hanno suonato la nota canzone di
Bruno Martino “Odio l’estate ” per sottolineare
l’afa della vita del professore.
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