SAN LORENZO IN CAMPO (PU) TEATRO TIBERINI
PREMIO “TIBERINI”
A GREGORY KUNDE,
FIORENZA CEDOLINS
E CHIARA AMARÙ
13 agosto 2015
Servizio di Stefano Gottin
Il
1º marzo 1869, a due giorni dal debutto al Teatro
alla Scala
della seconda versione de La
forza del destino
(per la quale fu introdotta la celebre sinfonia),
così scriveva Giuseppe
Verdi all’amico
Opprandino Arrivabene: “Sono
ritornato qui ieri sera da Milano a mezzanotte stanco morto di
fatica. Ho bisogno di dormire quindici giorni di seguito per
rimettermi. A quest’ora tu saprai della Forza del destino: vi fu
una buona esecuzione ed un successo. Le masse, Cori ed orchestra
hanno eseguito con una precisione ed un fuoco indescrivibili. Avevano
il diavolo addosso. La
Stolz e Tiberini superbi….
Bene, assai bene….”.
Mario
Tiberini, nato a San Lorenzo in
Campo nel 1826, dovette essere un artista davvero straordinario per
riuscire a strappare un giudizio così lusinghiero all’altrimenti
incontentabile Verdi, che nel lodarlo arriva addirittura ad
accomunarlo con la prediletta Teresa Stolz.
Quindi,
molto bene, anzi benissimo, che il 13 agosto la prof.ssa Giosetta
Guerra abbia offerto con la sua inossidabile passione l’ennesima
memorabile – e in tutti i sensi infuocata - serata in onore del
grande tenore Mario Tiberini all’entusiasta e variegato pubblico,
convenuto nel delizioso teatro di San Lorenzo in Campo (intitolato al
celebrato artista laurentino) per la XXIV edizione del premio lirico
internazionale “Mario Tiberini ”.
A
officiare brillantemente la serata, dal tratto simpaticamente
familiare, sono stati la stessa Giosetta Guerra e il sindaco
(musicofilo!) di S. Lorenzo in Campo, Davide Dellonti, con la
partecipazione, all’atto delle premiazioni, di Emanuele Bartocci in
rappresentanza BCC di Pergola, fedele collaboratrice della
manifestazione.
Sulla base di motivazioni non banali e del tutto appropriate (la prof. Guerra vanta una rara competenza in materia di “voci”), sono stati premiati col “Tiberini d’oro” il tenore statunitense Gregory Kunde e il soprano friulano Fiorenza Cedolins, mentre il “Tiberini d’argento” è andato al giovane mezzosoprano palermitano Chiara Amarù.
A San Lorenzo in Campo il tenore dell’Illinois, accompagnato al pianoforte dalla brava Donatella Dorsi, ha iniziato con un magistrale, toccante e coinvolgente “Dio mi potevi scagliar” dall’Otello di Verdi, seguito dal duetto d’amore “Già nella notte densa” con Fiorenza Cedolins quale affascinante Desdemona. Quindi ha proposto un eroico “Nessun dorma” e, per chiudere, il duetto Tosca-Cavaradossi, sempre con la Cedolins, dal 1° atto di Tosca, “Mario Mario son qui”, dove il tenore americano, alla luce di un fraseggio elegante ed espressivo e di una presenza attoriale assai coinvolgente, ha mostrato una volta di più di sapere esattamente cosa stesse cantando e come lo si dovesse cantare. Per di più, Gregory Kunde, nei suoi “duetti parlati” con Giosetta Guerra, si è mostrato in tutta la sua simpatia e semplicità di approccio conquistando definitivamente un pubblico letteralmente in visibilio.
Le stesse doti di straordinaria empatia, non disgiunta da un corredo tecnico di valore e di una presenza scenica assai catturante, hanno caratterizzato la presenza di Fiorenza Cedolins che, sebbene in preda ad un forte raffreddore “fuori ordinanza”, si è esibita con grande generosità, proponendo, oltre ai sopra citati duetti con Kunde, un paio dei suoi cavalli di battaglia, quali “Vissi d’arte” da Tosca e “Io son l’umile ancella” da Adriana Lecouvreur, risolti con grande esperienza e di slancio. La signora Cedolins è un soprano lirico per così dire “classico”, che ha per capisaldi Verdi (tutti i titoli di tradizione e altri “di nicchia” quali La battaglia di Legnano e I Masnadieri) e Puccini (pressoché tutte le opere), ma che nella propria carriera, sviluppatasi con continuità di risultati e unanimi riconoscimenti in tutti i principali teatri del mondo, non ha disdegnato Mascagni (Cavalleria rusticana, quale opera del debutto al Carlo Felice di Genova nel 1992), R. Strauss (Salome), Bellini (Norma), Donizetti (Maria Stuarda e Poliuto), Mozart (Don Giovanni e Le nozze di Figaro) e Ciaikovskij (Evgenij Onegin).
Note decisamente positive anche per l’artista più giovane della serata, il mezzosoprano Chiara Amarù, la quale - vuoi per la verde età e vuoi perché, rispetto agli altri due blasonati colleghi, non ha ancora un’agenda troppo inflazionata di impegni (e questa è per certi versi una fortuna) - ha offerto una performance di rara freschezza e di purissima classe. Bella la voce, omogenea nei registri e ricca di colori, molto espressivo il fraseggio, accattivante la gestualità, sempre pertinente ed efficace. La sig.na Amarù (che già avevo assai apprezzato quale Malcolm ne La donna del lago al Rof un paio d’anni fa e quale Rosina nel Barbiere dell’anno scorso) ha proposto “Cruda sorte” da L’Italiana in Algeri, “Nacqui all’affanno”, ossia il vertiginoso rondò finale da Cenerentola, e, dalla medesima opera, il duetto “Un soave non so che” con il giovane e volenteroso tenore Vassilis Kavayas (protagonista in questi giorni dell’Inganno felice a Pesaro).
Un programma rossiniano, dunque, in cui Chiara Amarù ha brillato per l’aplomb virtuosistico, per la simpatia, per la variegata tavolozza emotiva, per il sentimento che riusciva a trasmettere (Cenerentola) e per l’intelligenza esecutiva e interpretativa con cui ha saputo risolvere una pagina come “Cruda sorte”, in realtà composta per un’autentica voce di contralto. Il talento della giovane artista è stato confermato tre giorni più tardi, in un trionfale concerto al ROF di Pesaro, il che fa auspicare che stia per iniziare una nuova stagione rossiniana che come interprete di riferimento nei ruoli di mezzosoprano potrebbe vantare proprio colei che, con la consueta sagacia, è stata premiata col “Tiberini d’argento”, in questo caso assegnato a una voce in realtà d’oro.
La
serata si è conclusa con una fantasmagorica pioggia di fiori e
coriandoli sulle note della Carmen che ha sorpreso artisti e
spettatori.
Dopo
il concerto e prima della simpatica cena con gli Artisti presso il
rinomato ristorante Il Giardino, ho detto a Giosetta Guerra
che gli artisti premiati con il “Tiberini d’Oro” sono di norma
non solo famosi ma, soprattutto, in piena condizione vocale, ciò che
conferma la competenza della prof.ssa Guerra. E se qualche voce si
perde per strada, ciò accade normalmente dopo il
conseguimento dell’ambito premio, quale prezzo che taluni artisti
finiscono per pagare alla “fama”, per sua natura esigente e
capricciosa.
Quest’anno
i due artisti premiati con la massima onoreficenza – Fiorenza
Cedolins e Gregory Kunde - sono non solo famosi, ma
pienamente in carriera e, con la loro intelligenza, in grado di dare
al pubblico ancora per lungo tempo grandi soddisfazioni. Siamo certi
che anche l’artista più giovane – l’ottima Chiara Amarù -
saprà prendere esempio da loro.
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