ROF 2015
Pesaro
Auditorium Pedrotti
CONCERTO DI CHIARA AMARU’,
UN GIOVANE MEZZOSOPRANO
DI INOSSIDABILE CLASSE E DI RARA SIMPATIA
16 agosto 2015
a cura di Stefano Gottin
Il
primo dei tre “Concerti di belcanto” del ROF 2015 ha visto
esibirsi il mezzosoprano Chiara Amarù, palermitana, classe
1984, appena premiata col “Tiberini d’argento” e non
nuova al pubblico del Festival avendo partecipato nel 2011 e nel
2012, in ruoli minori, al Mosè in Egitto (Amenofi), a Il
signor Bruschino (Marianna) e a Tancredi (Isaura), per poi
accedere, nel 2013 e nel 2014, a due titoli rossiniani fondamentali,
appartenenti rispettivamente al genere serio (La donna del lago,
come Malcom, in forma di concerto) e al genere comico (Il barbiere
di Siviglia, come Rosina, in forma semiscenica). Nei due ultimi
casi, la prestazione della giovane artista era stata di notevole
interesse e valore: di qui l’attesa per il concerto del 16 agosto
in chi, come chi scrive, aveva avuto modo di ascoltarla in precedenza
con grande ammirazione.
Accompagnata
al pianoforte dall’eccellentissima e assai riservata Carmen
Santoro (il cui curriculum è da far tremare le vene ai polsi…),
la Amarù ha suddiviso il programma in due sezioni: la prima
dedicata ai francesi con tre liriche di Jules Massenet (Nuit
d’Espagne, Chanson andalouse e Sevillana), l’aria
“Connais-tu le pays” dalla Mignon di Thomas e
quella di Urbain da Les Huguenots di Meyerbeer, “Non,
non, non, vous n’avais jamais”.
La seconda parte (affrontata senza soluzione di continuità rispetto alla prima) prevedeva “Cruda sorte” da L’Italiana in Algeri, L’Invito dalle Soirées Musicales, il recitativo e cavatina di Malcom, “Mura felici…Elena, o tu che chiamo” da La donna del lago, per poi chiudere il programma ufficiale con la Canzonetta Spagnuola sempre dalle Soirées Musicales.
Diciamo
subito che un successo quasi trionfale, e meritatissimo, ha salutato
la nostra cantante, che ha ripagato il pubblico con i bis da
Cenerentola (“Nacqui all’affanno”) e di Xavier
Montsalvatge una delle cinco canciones negras.
Ora,
proprio perché la Amarù mostra d’essere un elemento eccezionale,
è opportuno esprimere le valutazioni che seguono collocandola nel
parterre degli artisti di prima fascia e, quindi, in una
prospettiva che, se non storica, deve essere almeno di medio periodo,
ciò che porta a dire che oggi, tra i mezzosoprani della sua
generazione, la Amarù non conosce rivali finendo per dare dei punti
a numerose colleghe di più lungo corso; inoltre, anche
raffrontandola a illustri colleghe del passato, ella non sfigura
affatto, al punto che, nell’ascoltarla, non è dato evocare le
grandi del passato per bocciare il presente: in effetti, questa
capacità di Chiara Amarù di “farsi ascoltare” senza che venga
la tentazione di pensare ai “mostri sacri” del passato,
costituisce una dote precipua dell’artista palermitana.
La
sua voce, innanzi tutto, è di grana preziosa e diversificata nella
timbrica, che trasmoda dal bel colore caldo, ombreggiato e naturale
del registro grave e delle prime note centrali a una tinta più
chiara e luminosa a mano che si sale nel pentagramma. I passaggi di
registro sono gestiti con abilità, la tecnica è solida sicché la
voce è omogenea e gli acuti, anche estremi, sono sempre ben
timbrati, luminosi e mai “stretti”. La coloratura è sempre
nitida, facile e ben sgranata (vedi il rondò della Cenerentola),
ma forse appare troppo “accennata” e leggera nella cabaletta di
Malcom, che abbisogna a mio avviso della cosiddetta agilità “di
forza”. Il porgere e il fraseggio sono fantasiosi e spontanei,
eccellente il legato (vedi l’aria di Mignon), solida è la
musicalità, simpaticissima la mimica, appropriata la gestualità che
valorizza una presenza scenica più adatta ai ruoli comico-brillanti
piuttosto che a quelli aulici e coturnati.
Insomma,
la giovane artista ha spontaneità, classe e talento e, in tale
logica, mostra una singolare intelligenza di impostazione vocale
nell’esecuzione dell’aria da L’Italiana in Algeri,
composta per la Marcolini, la quale, diversamente dalla Amarù, era
un vero contralto [a mio avviso, una cantante che si trovi ad
affrontare un rompicapo vocale del genere, potrà sbrogliare la
matassa ascoltando come Teresa Berganza, che era un mezzosoprano
leggero, abbia affrontato l’Isabella de L’Italiana in Algeri
in una edizione Rai del 1957 (stavo per dire “antica”, ma
eviterò, visto che sono nato proprio in quell’anno…)].
Chiara
Amarù (ella stessa me l’ha riferito) ama moltissimo La donna
del lago e quindi - devo ritenere - il personaggio en travesti
di Malcom (vedi sopra) nonché, per coerenza estetica, anche gli
altri ruoli rossiniani della specie. Ed è anche normale che la
giovane artista ambisca a dimostrare – riuscendoci - di essere in
grado di affrontare sia i ruoli comici sia quelli seri.
Tuttavia,
ad avviso di chi scrive, a un certo punto (forse molto presto) la
Amarù dovrà operare una “scelta di campo”, decidendo se
lasciare (quantomeno per ora) i ruoli contraltili rossiniani che
tanto le piacciono, oppure se trasformarsi “affondando” la voce
verso le tonalità più gravi e “cercando” un suono e un colore
che non sono esattamente i suoi naturali (in questo caso una buona
soluzione potrebbe essere cercata studiando la vocalità di quella
grande artista che è stata Martine Dupuy). Tuttavia, vedendo gli
impegni che ha in agenda, non mi sembra che la Amarù intenda
procedere in tal senso, il che mi pare cosa saggia.
Infatti,
la fisionomia vocale, fisica e, riterrei, anche psicologica della
nostra ottima artista rendono quest’ultima ideale per il Rossini
comico, per i ruoli en travesti mozartiani, indubbiamente meno
eroici e più lirici (infatti ha già interpretato Idamante
nell’Idomeneo), e, più in generale, per il repertorio
barocco. Chiara Amarù ha, inoltre, le carte in regola per affrontare
da par suo il repertorio francese e soprattutto la Leonore de La
Favorite di Donizetti, la Giovanna Seymour dell’Anna Bolena
(speravo, in cuor mio, che tra i bis proponesse il Brindisi
di Maffio Orsini dalla donizettiana Lucrezia Borgia…) e
fors’anche la Fidès de Le prophète di Meyerbeer. Sarei
anche curioso di sentire come la Amarù potrebbe risolvere vocalmente
la Cendrillon dell’omonima opera di Massenet o, dello stesso
autore, la Dulcinée del Don Quichotte.
Al
di là di queste considerazioni, mi sembra probabile che Chiara Amarù
possa aprire una nuova stagione nel repertorio rossiniano e nel
belcanto mezzosopranile in generale, ponendosi– mutatis mutandis
– sul solco delle star che l’hanno preceduta. Complimenti
davvero!
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