Pesaro, Teatro Rossini
Nell’ambito della stagione di prosa, organizzata dal Comune di Pesaro e dall’AMAT, il Teatro Rossini di Pesaro presenta
L'odore assordante del bianco
di Stefano Massini
(13 gennaio 2019)
Lucida
follia o genio creativo?
Alessandro Preziosi è
Vincent Van Gogh
Vincent Van Gogh
Di Giosetta Guerra
L'odore
assordante del bianco di Stefano Massini
vince il premio Tondelli Riccione Teatro nel 2005 per un testo asciutto e
tagliente contro la spocchia e l’opportunismo della classe
medica e la mala condizione dei malati di mente nei manicomi di
fine Ottocento, ma anche contro le superstizioni dei preti
e l’indifferenza e il distacco della gente nei confronti di chi vive sopra o
fuori dalle righe del qualunquismo.
L’argomento
è il ricovero nell’ospedale psichiatrico Maison de Santé Saint-Paul-de-Manson nel maggio del 1889 del pittore Vincent Van
Gogh, “colpito da
manie acute, con allucinazioni della vista e dell’udito e bisognoso di
prolungata osservazione psichiatrica”.
La clinica più che un luogo di cura è una prigione per
lo spirito libero di Van Gogh chiuso tra quattro pareti bianche, dove anche la
sua colorata opera “Volo di corvi su un capo di grano” è impressa su una parete senza
colori, bianco su bianco, e perfino la pianticella da lui curata è bianca e fa
fiori bianchi; la degenza più che una terapia è
una tortura per un pittore fortemente
“colorato” lasciato senza colori, perché aveva tentato di ingerirli e una mente
fantasiosa e creativa, lasciata nell’inerzia e costretta a vagare nel vuoto e
nel nulla, viene soffocata dall’odore assordante del bianco.
Ne deriva uno
smarrimento devastante attenuato solo dalla speranza di uscire da quell’orribile
loco, ma le suppliche di Vincent non trovano risposta nella figura incerta e smarrita
del fratello Theo che va non riesce a prendere la decisione di portarselo a
casa. Nessuno capisce la sua condizione, chi per incompetenza, chi per
negligenza, chi per interesse. Il personale medico è freddo e distaccato e lo
sottopone a terapie devastanti, quali l’ipnosi, il direttore dell’ospedale lo
tratta con la falsa cortesia di chi bada più all’interesse della struttura che
alla guarigione dei pazienti e lo circuisce per convincerlo della sua follia e
della necessità di restare ricoverato, il prete lo destabilizza con paure e
superstizioni, un saccente pittore gli dà lezioni di pittura.
Vincent sente questa
carenza e la esprime con le elucubrazioni di una lucida follia che sono più
giuste della falsità e dell’indifferenza circostanti. Lui che è considerato
matto è più profondo e più sottile degli altri. Nessuno è in grado di capire i
bisogni e le sregolatezze di un artista, che finisce col cadere in un’apatia agghiacciante
senza via d’uscita.
Sulla scena Vincent Van
Gogh è Alessandro Preziosi.
…Provate ad immaginare…
Maestro del
palcoscenico e regista di se stesso, Preziosi ha attuato il teatro della parola
come in Shakespeare e il verdiano scavo della parola scenica, grazie ad una
dizione precisa, ad una recitazione basata sulla modulazione della voce,
all’interiorizzazione del testo e della forza del personaggio, alla
personalizzazione delle tematiche.
Costretto dentro un
camice bianco, spettinato, lo sguardo fisso e sperduto nel vuoto, il corpo ripiegato
su se stesso, contratto, affaticato e sofferente, con deambulazione precaria si
aggira per la stanza che ha solo un letto bianco, si rotola sul pavimento,
s’inginocchia, si distende. La
recitazione a volte esagitata a volte a fior di labbro è di grande presa, eloquenti
silenzi e pause appropriate mantengono alto il dramma, ogni tanto alleggerito
da argute osservazioni del protagonista.
Genio e sregolatezza,
tutte queste sfaccettature emergono nella recitazione e nel gesto di un grande
attore, consapevole e colto, che ha tenuto il pubblico col fiato sospeso per
l’intero spettacolo.
Un’interpretazione così
intensa ha coinvolto senz’altro l’espressività del volto e il linguaggio
silenzioso degli occhi. Allora perché non rendere il tutto visibile al pubblico
attraverso un monitor o uno schermo sul retro del palcoscenico per aggiungere
bellezza alla bravura?
Molto
bravi tutti gli altri attori, entrati anima e corpo nella parte: Massimo Nicolini (il fratello Theo), Roberto Manzi (il vanesio dottor Vernon
Lazàre), Alessio Genchi, Francesco Biscione, Vincenzo Zampa. (Per favore mettete sul
libretto di sala il nome del personaggio accanto a quello dell’interprete).
Una pièce sospesa con musica fissa ossessiva come la musica
di Wagner amata da Vincent. Le scelt, e musicali sono di Giacomo Vezzani. Il disegno luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta rende
l’atmosfera straniante giocando sulle sfumature del bianco: naturale
quando entrano gli infermieri, fredda sul fiore per rendere il bianco più banco,
sbiancante per appiattire i contorni, retrostante per le immagini in controluce.
La regia di Alessandro Maggi, unita
alla supervisione artistica di Alessandro
Preziosi, definisce i caratteri, le situazioni, il delirio, il dolore, il
dramma dell’incomprensione. Il tutto entro l’incisiva scenografia minimalista di Marta Crisolini Malatesta, che si è
occupata anche del vestiario.
Uno
spettacolo profondamente coinvolgente, da rivedere.
Una coproduzione
Khora.teatro, TSA – Teatro Stabile d’Abruzzo
Nessun commento:
Posta un commento