Fano Teatro della Fortuna
Stagione di prosa 2017-18
Non mi hai più detto…
Ti amo
Una
commedia leggera per temi reali.
Ottimo
il cast.
Recita del 18 marzo 2018
Servizio di Giosetta
Guerra
Scritta e diretta da Gabriele Pignotta, la pièce fotografa le giornate di una famiglia tradizionale, formata da
marito, moglie e due figli, un maschio e una femmina, intorno ai vent’anni, la
cui routine classica di servitrice puntuale e serviti distratti (soprattutto
dal dio cellulare) viene drasticamente sconvolta dalla decisione improvvisa
della casalinga di tornare al lavoro d’ufficio.
Due quadri teatralmente
stimolanti, in quanto opposti sia negli ambienti che nelle azioni e reazioni
dei protagonisti. Situazione stuzzicante per dare alla pièce un ritmo serrato e
vivace, specialmente nella seconda parte, con entrate e uscite rapide e
scattanti, sbattimenti di porte, insofferenze marcate, cambi di scena a vista,
anche un po’ rapidi, quasi un giramento di testa per gli spettatori scaturito dal
giramento di scatole dei componenti di questa famiglia sull’orlo di una crisi
di nervi.
Ma qui purtroppo non è
così: l’azione è invece rallentata ed appesantita dai continui e fitti momenti
di buio per cambiare gli ambienti, di cui non c’era
assolutamente bisogno vista la presenza di moduli architettonici girevoli.
Se si opta per una
scenografia movibile, non occorre oscurare il palcoscenico ad ogni cambio di
ambiente e, siccome l’azione si svolge in vari luoghi in una successione strettissima
se non in contemporanea e in più di una giornata con l’alternarsi del giorno e
della notte, le numerose fasi buie provocano disturbo visivo, noiosa
ripetitività e rallentamento dell’azione. I cambi a vista avrebbero tenuto
desta la vivacità della pièce ed avrebbero permesso agli spettatori di ammirare
la bella ed importante scenografia, degna di un teatro d’opera lirica.
Purtroppo il regista, nonostante la positività di altre scelte, ha perso
l’occasione di giocare con il bello della diretta e dell’immediatezza
per rendere la pièce esilarante.
Ma nulla è perduto, perché può provare a fare qualche cambiamento nelle recite
a venire.
Un altro elemento che
trovo scontato e che ha reso meno brillante la seconda parte è il ricorso alla
malattia per cambiare vita (che poi non si è capito se era verità o finzione
per giustificare il cambiamento). Se vogliamo divertire, e il teatro dovrebbe
farlo, gli autori potrebbero tenersi lontani dalle tristi realtà nelle
commedie, molto meglio sarebbe stata una presa di coscienza della donna che i
tempi del servilismo non riconosciuto erano finiti. E anche il titolo è
fragile. Chi dopo venti anni di matrimonio nota che il marito non le dice più
di amarla?
Per quanto riguarda gli
attori nulla da eccepire: tutti e quattro bravissimi, ben calati nei loro
ruoli, esperti delle dinamiche teatrali, espressivi e spontanei
nell’interpretazione.
Serena, moglie e madre devota,
è una nota attrice di musical che si cimenta per la prima volta col teatro
della parola, la brava e bella Lorella
Cuccarini, padrona del palcoscenico, interprete versatile in
grado di adeguare il gesto, l’espressività e la recitazione ai diversi stati
d’animo. Quindi con estrema facilità passa dalla grigia vita domestica alla
dinamica vita d’impiegata, cambiando anche abbigliamento e atteggiamenti.
Giulio, marito e padre piuttosto assente a causa
del suo lavoro ma anche dell’abitudine, è uno spontaneo Giampiero Ingrassia, capace di adeguarsi
alle esigenze del copione con recitazione
fluida, gestualità naturale, senza stravolgimenti d’umore pur nelle sue nuove
responsabilità.
Cambiamenti invece avvengono nei due figli, interpretati da due
bravissimi giovani, Raffaella
Camarda (Tiziana)
e Francesco Maria Conti (Matteo).
Nella prima parte la
femmina è moderna, trasgressiva, indipendente e il maschio è posato, secchione,
tradizionale, nella seconda parte la femmina rivela la sua maturità e il
maschio la sua insicurezza. Credetemi, li hanno interpretati da Dio. Non è
facile vedere tanta credibilità in giovani attori.
Poi c’era un paziente ipocondriaco rompiscatole, intrepretato da
un bravo ed esilarane
Fabrizio
Corucci, che contribuisce a far vacillare la stabilità del medico.
Eccellente
l’affiatamento, troppo forte l'audio.
Musiche di Giovanni
Caccamo
scene di Alessandro
Chiti
costumi di Silvia
Frattolillo
light designer Umile
Vainieri
sound
designer Luca Finotti
produzione
Milleluci Entertainment
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