Milano - Teatro alla Scala
(lunedì 3 dicembre 2012)
Inaugurazione della stagione 2012-13 della Filarmonica della Scala con un concerto diretto da Daniel Barenboim.
Cantante solista
Cecilia Bartoli
(bella, brava e virtuosa)
Di Giosetta Guerra
Sono rare le sue presenze nei teatri italiani, è difficilissimo trovare posti per i suoi concerti, ma stavolta ce l’ho fatta. Nonostante i pareri discordi sulle sue qualità (vocali o artistiche?), Cecilia Bartoli è un personaggio che tutti conoscono e che tutti vorrebbero ascoltare almeno una volta nella vita. La sua voce, si sa, non ha un gran volume, ma l’arte di usarla è magistrale. Inoltre l’intelligenza nella scelta del repertorio dimostra la consapevolezza delle sue possibilità, ottimizzate da uno studio costante e preciso, che l’ha portata ad essere un’icona del barocco e del canto di coloratura.
Il concerto ci ha dato quello che tutti sapevamo: un’orchestra preparata, un maestro talentuoso, una cantante simbolo. Pertanto inopportune e fastidiose sono state sia le sovrabbondanti ovazioni sia le stupide contestazioni. Sentire voci di bambini gridare “Brava” ripetutamente sapeva tanto di manovrato, sentir dire “Vai a casa” a un’artista, che ha studiato con diligenza e con intelligenza per raggiungere certi traguardi, solo perché non ha una valanga di voce, sapeva di faziosità e tendenziosità e nell’opinione dei presenti la contestazione ha avuto l’effetto boomerang.
Cecilia Bartoli, da gran signora, non ha perso lo smalto del suo sorriso, ha bissato il Rondò di Angiolina volgendo ogni tanto il viso al palchetto dei contestatori e tirando fuori più voce, almeno così mi è sembrato visto che dal quarto ordine di palchi ero scesa in platea al bis proprio per verificare.
Superficialità da parte delle cronaca, che ha ampliato una notizia marginale glissando sui meriti individuali, ma è cronaca e non critica musicale ed è la cronaca che fa vendere i giornali.
Cecilia Bartoli è un’artista nota in tutto il mondo per l’aderenza stilistica alla prassi esecutiva barocca e al vorticoso canto di coloratura, c’è chi l’adora, c’è chi la contesta, ma tutti vogliono vederla e ascoltarla almeno una volta dal vivo.
Io l’ho trovata più bella, più giovane e più virtuosa di quando l’ascoltai dal vivo la prima volta a Vienna ne Il trionfo del tempo e del disinganno diretta da Harnoncourt. Certo un pelino di voce in più mi avrebbe mandato in delirio.
Analizziamo dunque il concerto.
La serata si apre con una composizione giovanile di Wolfgang Amadeus Mozart, la Sinfonia n. 33 in si bemolle maggiore K 319, per due oboi, due fagotti, due corni e archi, nella versione viennese, cioè con l’aggiunta del minuetto. L’atmosfera è solare, leggiadra e frizzante: dalla morbidezza e compattezza orchestrale emerge la sincronia degli archi, che nel secondo movimento (Andante moderato) esprimono il clima di serenità con un fraseggio largo e dilatato, i tempi mossi del minuetto sono staccati dalla voce calda dei corni e la vivacità del Finale (Allegro assai) è realizzata dalle volatine e dalle fitte arcate dei violini e dagli interventi dei fiati.
Accolta in palcoscenico da scroscianti applausi, Cecilia Bartoli, solare e comunicativa, fasciata da un sontuoso abito da sirena, verde smeraldo, decolleté e con strascico, purtroppo drappeggiato orizzontalmente, offre come biglietto di presentazione un saggio di belcantismo eccezionalmente virtuoso.
Nel recitativo e aria di furore di Agilea "Ah, che sol per Teseo...M'adora l'idol mio", da "Teseo" di Georg Friedrich Händel, per soprano, un oboe e una piccola tromba, cembalo e archi, esibisce una voce di soprano leggero di coloratura di grande agilità, con fiati lunghissimi, morbidezza nel porgere, dimestichezza col canto sbalzatissimo anche in gara acrobatica con l’oboe obbligato, suonato da Fabien Thouand, che ha molti interventi solistici.
Poi la Bartoli esegue con
vocalità più pastosa, gravi morbidi, suoni rotondi anche nella mezza voce l’aria di Piacere "Lascia la spina, cogli la rosa ", per soprano, due oboi,
cembalo, archi, da "Il Trionfo del
Tempo e del Disinganno", che ha la melodia indimenticabile di “Lascia ch’io pianga” da Rinaldo; cantata e suonata quasi
completamente a mezza voce l’aria incanta e rapisce.
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