Fano
Teatro della Fortuna
Don Giovanni di Molière
Alessandro Preziosi è Don Giovanni
“Tutto il piacere
dell’amore è nel mutamento”
(2 novembre 2014)
Di Giosetta
Guerra
Dopo il debutto al Teatro Gentile di Fabriano, Don
Giovanni di Molière, prodotto da
Khora.teatro, Teatro Stabile d’Abruzzo, approda al Teatro della Fortuna
di Fano l’1 e il 2 novembre 2014.
Don
Giovanni, nato nel 1625 con l’opera teatrale in versi El burlador de Sevilla
y convidado de piedra del drammaturgo spagnolo Tirso de Molina, non morirà
mai, nonostante lo faccia ogni volta che va in scena.
Ề il personaggio più
corteggiato da scrittori e operisti del XVII e XVIII secolo, (le opere più note sono Dom Juan ou le
festin de pierre commedia tragica di Molière pubblicata nel 1665 e il dramma giocoso Don
Giovanni musicato da Mozart su libretto di Da Ponte debuttata nel 1787) ed
è uno dei personaggi più amati dal pubblico per quella dissacrante spavalderia
liberatoria tipica della gioventù e della voglia di vivere, in netto contrasto
con le oscure regole poste ora e allora da religioni oscurantiste ed
inquisitorie.
Ed è proprio Don Giovanni di Molière nella
traduzione e adattamento di Tommaso Mattei che Alessandro Preziosi, in qualità
di attore e di regista, sta portando nei teatri italiani, attirando un pubblico
giovane soprattutto femminile, che entra attratto dalla sua avvenenza ed esce
con una maggior conoscenza di un classico della letteratura.
Il ruolo del ricco e giovane libertino gli sta proprio a pennello: Preziosi disegna un
Don Giovanni bello e impossibile che si confronta sinceramente solo col suo
servitore pur dominandolo, avvolgente e ironico nel corteggiamento decanta l’infedeltà come generosità verso tutte le donne, sfuggente e dissacratore preferisce la concretezza della matematica alla vaghezza della religione e
gestisce con spirito goliardico il suo rapporto con le donne e col
Commendatore, peccato che non abbia potuto sfruttare il magnetismo dei suoi
occhi perché la scena era per lo più poco illuminata.
Preziosi è animale da
palcoscenico e gestisce con disinvoltura i lunghi dialoghi con Sganarello
(il Leporello mozartiano) e i monologhi sui temi basilari della vita: fedeltà,
fede, religione, pragmatismo, ipocrisia; piega abilmente alle esigenze del
copione la recitazione, che è all’occasione insinuante, sensuale, burlesca,
giocosa, divertita, veemente, audace, sprezzante; il gesto sempre appropriato
segue la mente, la figura slanciata ed elegante arricchisce la padronanza
scenica. Versatile nel finto dialogo col padre Don Luigi assente, a cui
lui stesso presta la voce modificata.
Chi parla più di tutti è Sganarello
che filosofeggia fino alla noia, ma, si sa, il teatro di Molière è il teatro
della parola e non puoi perderne neanche una, anche se una maggior stringatezza
gioverebbe al ritmo teatrale. Lo interpreta un bravo ed esperto Nando Paone, un
servitore maturo che cerca di tenere a freno le intemperanze del suo padrone.
La giovane coppia di contadini
Pierino e Carlotta
(Masetto e Zerlina per Mozart) è interpretata da due giovanissimi attori,
Daniele Paoloni e Barbara Giordano, con gestualità sciolta, mimica facciale
espressiva, recitazione fluida. Paoloni veste anche i panni di Francisco
un mendicante e di Ragotin servo di Don Giovanni e la Giordano
quelli di uno spettro.
Tutti a loro agio i numerosi attori, calati in più ruoli: la brava e temperamentosa Lucrezia Guidone (Elvira, sposa di Don Giovanni), Daniela Vitale (una vivace Maturina, contadina innamorata del Don, poi Violetta serva di Don Giovanni), Matteo Guma (Don Carlos fratello di Elvira, poi Ramon spadaccino di Don Giovanni), Roberto Manzi (Gusman scudiero di Elvira, Don Alonso fratello di Elvira e il mercante Signor Domenica conciato da ebreo).
L’allestimento scenico si
avvale di moduli scorrevoli, di un velatino per azioni in trasparenza e in
contemporanea, di proiezioni dietro e davanti al velatino, per dare all’azione
l’ubicazione richiesta dal libretto, così compaiono effetti d’acqua sul fondale
per lo scampato annegamento di Don Giovanni e Sganarello, alberi arabescati per
lo scambio d’abiti tra servo e padrone all’aperto, un pesante mausoleo in
pietra bianca con al centro una statua che muove la testa e la bocca (soluzione
azzeccata), visione di uno spettro e della morte con la falce prima dell’arrivo
della statua a cena, comparsa della statua dietro il velatino raggiunta da Don
Giovanni, che le dà la mano e, esclamando ”Il mio corpo è un braciere”
viene avvolto dalle fiamme (soluzione registica di grande effetto), sopra l’inquietante
musica del Don Giovanni di Mozart (finalmente, io l’avrei usata di più
in corso d’opera, perché il mistero che si respira con la musica di Mozart è
ben più intenso di quello che si trova nel testo di Molière).
Belli dunque gli effetti
scenici e i cambi di scena, eleganti le figure fisse in controluce, come quella
d’apertura che mostra due spadaccini in costumi settecenteschi (Don Giovanni e
il Commendatore) fermi sotto una nevicata.
Splendidi i costumi
d’epoca completi di parrucca bianca o scura con codino per i due protagonisti,
adeguati ai personaggi e alle situazioni quelli degli altri.
Scene di Fabien Iliou,
costumi di Marta Crisolini Malatesta, musiche di Andrea Farri, luci di Valerio
Tiberi, supervisione artistica di Alessandro Maggi, regia di Alessandro
Preziosi.
Uno spettacolo
complessivamente ben fatto (qualche ritocco alle luci e alle musiche non
guasterebbe), che dovrebbe spingere chi non lo conosce ancora ad ascoltare il Don
Giovanni di Mozart, ben più intrigante e variegato del Don Giovanni di
Molière.