Associazione Musicale Mario Tiberini
mercoledì 11 dicembre 2013
VE La Fenice-L'Africaine
Venezia Teatro La Fenice
Stagione 2013-14
Opera inaugurale
“L’AFRICAINE”
di
Meyerbeer
Nuovo allestimento per il 150° anniversario della morte del compositore
(recita dell’1 dicembre 2013)
Servizio di Giosetta Guerra
Concretezza ed esotismo in scene di massa da grand-opéra e quadri poetici d’intimità e di solitudine. Cast di ottimo livello.
L’Africaine
, g
rand-opéra in cinque atti con libretto di Eugène Scribe e musica di
Giacomo Meyerbeer, debuttò
nel 1865 all’Opéra di Parigi, dopo la morte del compositore.
Per l’allestimento veneziano in lingua originale di quest’opera che, nonostante il titolo, si svolge in Portogallo, in mare aperto e in India, il regista
Leo Muscato
e lo
scenografo
Massimo Checchetto
creano sia ambienti realistici che ambientazioni di fantasia,
arricchiti dai bellissimi
costumi di
Carlos Tieppo
e completati dal
le suggestive luci di
Alessandro Verazzi
(che usa anche l’occhio di bue puntato sui protagonisti) e
dai video di
Fabio Massimo Iaquone
e
Luca Attilii
proiettati all’inizio di ogni atto per ripercorrere la storia del colonialismo e delle scoperte fino allo sbarco sulla luna.
L’aspetto visivo è molto affascinante e accattivante, il lavoro d’équipe ha curato quasi tutti i dettagli.
All’inizio il planisferio dei navigatori mostra il viaggio di Vasco de Gama (meglio
Dom Vasco da Gama)
, protagonista maschile, noto navigatore ed
esploratore portoghese, primo europeo a raggiungere l’India doppiando Capo di Buona Speranza, poi la scena si apre sulla maestosa sala del Consiglio reale del Portogallo;
nel secondo atto troviamo una vera prigione con inferriate a scacchi dove si trova Vasco prima addormentato poi vagheggiante insieme a numerosi prigionieri;
nel terzo è perfetta la ricostruzione della nave di don Pedro su due piani con scale in legno e in corda, sartie, cordame vario e tutto l’equipaggio al suo posto impegnato anche a fronteggiare l’assalto del nemico durante l’uragano, bellissima la scena d’azione dell’attacco degli indiani guidati da
Nélusko
che faceva il doppio gioco
;
nel quarto una poetica pioggia di petali rosa crea l’esotismo dell’isola di Paradiso che accoglie Vasco (adoro la pioggia di fiori, la faccio sempre nel momento clou del Premio Tiberini) e una fantasmagoria
di luci e di colori accompagna
l’ingresso della regina
Sélika con un abito strabiliante
e del suo seguito con splendidi costumi indiani;
nel quinto atto un romantico e crepuscolare angolo vicino al mare
azzurro increspato, con una passerella traballante da un lato e la chioma v
erde che si punteggia di rosso del manzaniglio dall’altro, accoglie l’ultimo respiro di Sélika, avvelenata dal profumo venefico dei fiori di quell’albero.
Certo le luci hanno un ruolo molto importante e completano la cura certosina del regista che ha guidato ogni gesto, ogni movimento, ogni figura, ogni espressione dei personaggi e il magnifico lavoro dello scenografo e del costumista. Artistica la distribuzione delle masse e attiva la loro presenza.
Ma allora perché prima ho scritto “quasi”? Perché in un allestimento così d’effetto le danze dovevano avere maggior rilievo, inoltre non amo essere distolta dall’ascolto per decifrare il significato delle immagini proiettate durante l’Ouverture e gli entr’acts, che hanno una musica di grande bellezza. Anche se queste immagini sono una denuncia al colonialismo, allo sfruttamento dei neri, agli interessi delle multinazionali, sinceramente possiamo farne a meno, ci basta la mannaia che Scribe abbatte sull’inquisizione, autrice di efferati delitti in nome di Dio.
Gli artisti sono tutti bravi cantanti, bravi interpreti e bravi attori.
La voce melodiosa di
Jessica Pratt
si addice al carattere romantico e sognante di
Inès
,
innamorata di Vasco e figlia di don Diego che l’ha promessa in sposa a don Pédro, il profilo frastagliato della linea vocale del personaggio è adatto alle sue doti di soprano lirico-leggero d’agilità.
Nel dialogo iniziale con Anna, il soprano trasmette l’accorato lirismo della Romance “
Adieu rive du Tage
” con una morbida linea di canto intessuta di suoni a fior di labbra che con la tecnica della messa di voce si espandono in acuti sfavillanti e tenuti o si sciolgono in struggenti filati arricchiti di trilli e di gorgheggi.
Nel canto disperato di Inès che restituisce a Vasco la libertà, sottolineato dalle note del corno, alla fine del secondo atto, gli acuti della Pratt emergono su un insieme di sette voci in una scena estatica e fissa con luci bianche.
L’armoniosità della sua voce inonda poi la platea, dove Inès compare nel quarto atto per cantare la canzone di Vasco durante le danze delle nozze di lui con la regina.
Peccato che si stata tagliato il suo duetto con
Sélika
del quinto atto.
Il mezzosoprano chiaro
Veronica Simeoni
presenta
Sélika
, regina indiana resa schiava da Vasco, con canto delicato, emissione corretta e buoni slanci acuti.
Nella tetra galera del secondo atto la voce è intensa e la pronuncia francese è buona (“
Toujours son sommeil agité
”); il suono è fresco, pieno, rotondo e morbido nell’aria del sonno (
air du sommeil “Sur mes jenoux”
), dove la cantante passa agevolmente da un registro all’altro, perché ha il controllo del fiato. Canta molto bene. Di grande impatto visivo ed emotivo è la scena finale della morte che la regina si dà col veleno dei fiori del manzaniglio.
Tutti i suoni sono rotondi, calibrati e ben proiettati, la linea di canto denota una bella gestione del mezzo vocale e l’interpretazione carica di pathos comunica la rassegnata disperazione della regina. Meravigliosi i suoi abiti regali.
Gregory Kunde
,
fantastico nel ruolo del bell’ufficiale di marina
Vasco de Gama
, s’impone fin dal suo ingresso (“
J’ai vu, nobles seigneurs
”) per la bellezza del timbro, la robustezza del suono e la sicurezza dello squillo, vocalmente e scenicamente imponente sfoga l’indignazione contro gli inquisitori (“
Insensés!...dites-vous. C’est ainsi que naguère
”) con fiati lunghissimi e acuti che emergono sul coro e sulle alte sonorità dell’orchestra. L’arrivo sulla nave di Pedro è caratterizzato da un canto lanciato con acuti pieni e scolpiti, slanci acuti e acutissimi; nella notissima aria “
Ô Paradis
” la voce, gestita sulla tessitura acuta con estatiche sfumature, è straordinaria e densa di lirismo; nel canto d’amore per la sposa nel quarto atto il suono è squillante e sostenuto e questa voce possente e brunita, grazie ad un’emissione morbida e all’uso della messa di voce, snocciola fantastici sovracuti.
Nei dialoghi tra Vasco e Sélika le due voci si accomunano per spessore e bel modo di porgere.
Luca Dall’Amico
(
Don Pédro
presidente del Consiglio del re del Portogallo), oltre ad un’imponente presenza scenica, possiede una bellissima voce di basso, ampia, ferma e corposa, con suoni gravi tenuti e bel modo di porgere.
Davide Ruberti
(l’ammiraglio
Don Diego
)
ha voce di basso autorevole ed ampia ma poco ferma.
Mattia Denti
nelle bianche vesti del
Grand inquisiteur de Lisbonne
ha un bel colore vocale e un buon sostegno del fiato.
Il basso
Ruben Amoretti
nei panni del
grand-prêtre de Brahma
ha buone sonorità.
In un’opera che dà largo spazio alle voci scure il ruolo predominante
di
Nélusko
richiede una vocalità rigogliosa e sonora, il baritono
Angelo Veccia
,
bravissimo interprete e attore versatile, canta bene, ma la voce, seppur ampia e sostenuta, è impastata e il suono è opaco.
Don Alvar
è appannaggio del tenore leggero acuto
Emanuele Giannino
e
Anna
dama di Inès è interpretata da
Anna Bordignon
.
Completano il cast
Giovanni Deriu
(un usciere),
Carlo Agostini
(un marinaio),
Dionigi D’Ostuni
(un marinaio di vedetta),
Cosimo D’Adamo
(un sacerdote).
Il coro, preparato molto bene da
Claudio Marino Moretti
, tiene alto il prestigio del teatro
:
magnifiche le sonorità della sezione maschile nella preghiera dei vescovi del Consiglio dell’inquisizione (preghiere poco ascoltate se si pensa ai soprusi dell’inquisizione); pastosità del suono e morbidezza del canto nel
choeur des matelots
dalle tinte ecclesiastiche all’inizio del secondo atto, “
Ô grand saint Dominique
”,
un’accorata preghiera a San Domenico, primo inquisitore della storia (e ce l’han fatto anche santo…), introdotta da un rullar di tamburi e da cupi rintocchi di campana, cui fa seguito un delicato coro femminile fuori campo sul quale emerge la voce sublime della Pratt.
La partitura, ultimata l’1 maggio 1864, il giorno prima della morte del compositore e
revisionata dal musicologo belga François-Joseph Fétis, è ricca di bella musica, che annuncia o descrive atmosfere, colore locale e immagini poetiche con una finissima filigrana orchestrale e lascia spesso scoperte le voci solistiche dei singoli strumenti per tracciare accattivanti figure musicali. I preludi sono bellissimi.
Il maestro
Emmanuel Villaume
, che avevo ascoltato in quella magnifica
Thaïs
di Massenet allestita alla Fenice da Pier Luigi Pizzi, dirige l’Orchestra del Teatro La Fenice con gesto preciso e sensibilità musicale, facendo apprezzare la sublime bellezza della musica di Meyerbeer.
J’adore la musique française!
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