Milano, Teatro alla Scala
Roméo et Juliette
Opera in cinque atti, Libretto di Jules Barbier e Michel Carré, Musica di Charles Gounod
(recita del
16 febbraio 2020)
Recensione di Giosetta Guerra
Vittorio Grigolo è Romeo, l’eroe amoroso,
bello, esuberante e bacione.
bello, esuberante e bacione.
La scena aperta mostra subito la piazzetta di Verona popolata dal coro in costumi d’epoca rossi, verdi e beige, che nel Prologo cantato evoca il dramma imminente.
L’allestimento, firmato da Bartlett Sher,direttore del Lincoln Center Theatre di New York, è
una Produzione del Metropolitan Opera di New York, già
presentato alla Scala nel 2011.
“Non
c’è niente di più fastidioso in un’opera che fermarsi a cambiare il set. Qui
non ci si ferma quasi mai. Sei in questo spazio da sogno, senza fermarti”,
afferma Bartlett Sher e il regista Dan Rigazzi nel curare l’attuale
spettacolo rispetta quest’idea. Pertanto i piccoli cambiamenti avvengono in
diretta.
La scenografia di Michael
Yeargan non definisce ma suggerisce gli ambienti differenziandoli con
arredi ed elementi specifici, quindi su una scena fissa per la festa si vedono
giovani con mascherine sugli occhi, per il mercato donne con grandi ceste piene
di frutta e verdura, un grande lenzuolo bianco viene steso per simulare il
letto della camera di Juliette, che poi la ragazza si gira addosso come un
sudario, viene portato un altarino per le nozze e vengono introdotti dei
carretti per i cadaveri degli uccisi in duello e dei catafalchi per la scena
della morte.
Al centro c’è una pedana dove si svolge gran parte
dell’azione: le danze a tempo di valzer delle dame e dei cavalieri alla festa
mascherata di casa Capuleti, gli incontri degli amanti, i duelli dei rivali, il
mercatino, il matrimonio vero e quello voluto dal conte, c’è una colonna
centrale e c’è il balcone di Giulietta e su entrambi si arrampica Romeo.
I costumi settecenteschi di Catherine Zuber sono belli e colorati con prevalenza del colore rosso
e contribuiscono a restituire suggestive scene d’insieme, con la complicità
delle luci di Jennifer Tipton,
riprese da Andrea Giretti. Elegante
e tenero l’abito bianco rosato con strascico di Juliette, da eroe romantico
quello di Roméo con una camicia bianca a larghe maniche, che mi ricorda quella
di Don Giovanni indossata da Ramey allo Staatsoper di Amburgo tanti anni fa.
Curati i movimenti coreografici di Gianluca Schiavoni, abilissimi nel
maneggiar la spada, come in un film americano di cappa e spada, gli artisti
istruiti dal Maestro d’armi B.H. Barry.
Opera scenicamente complessa, che richiede artisti
giovani, agili e prestanti. E qui ci sono.
Vittorio Grigolo e Diana
Damrau sono gli interpreti di riferimento per i due amanti di Verona che si
sono esibiti insieme al Met.
Vittorio Grigolo, una star contesa dai grandi palcoscenici
teatrali e televisivi, baldanzoso Duca di Mantova in Rigoletto e tenero Nemorino
ne L’elisir
d’amore alla Scala e all’aeroporto di Malpensa, è l’eroe amoroso e appassionato
di Gounod, come lo fu nell’800 il tenore Mario Tiberini. E di Grigolo si può
dire ciò che allora di Tiberini scrisse il Menestrello su Il Trovatore il 21 dic. 1867 per la prima alla Scala dell’opera: “superbamente grande come cantante e come attore,
commovente per sentimento e per espressione drammatica, ebbe momenti tali da
sollevare il pubblico tutto ad entusiasmi. Nel bellissimo duetto del IV atto, ebbe slanci felicissimi, qui toccò l’apice dell’arte e della passione”.
Vittorio Grigolo ha bella voce robusta ed estesa di tenore che si espande con
facilità verso la tessitura acuta e sovracuta con bei filati e tenuta del
suono.
Pone grande enfasi nel canto appassionato,
con attacchi impetuosi, modulazioni carnose, assottigliamenti sensuali, effetti
di sottovoce, di smorzati e di morendo che captano l’attenzione del pubblico.
Interprete oltre che cantante, nell’invettiva infuocata alla morte di Mercuzio
trasmette la disperazione con grande impeto nel canto, parola scandita,
ampiezza del suono. Usa la voce con sentimento, effusione, buona tecnica, corretta
pronuncia francese anche nei suoni nasali. Lui è una forza nel canto spiegato e
a piena voce spinta al massimo e ricca di pathos.
Agilissimo fisicamente, si arrampica sul
balcone, sale sulla base della colonna e ne discende con un salto abbastanza
alto. Dotato di senso teatrale è anche un bravissimo attore.
Gli si muove accanto la delicatissima figura di Juliette, ben impersonata da Diana Damrau, un soprano scintillante con gorgheggi scanditi, con un mezzo vocale agile, di poco spessore, consistente negli slanci acuti, evanescente nel registro grave, come evidenziato nella nota aria Je veux vivre.
Le Comte Capulet è interpretato dal baritono Fréderic Caton in modo corretto, ma con poco volume vocale; Nicolas Teste nel saio di Frère Laurent evidenzia una bella voce di basso rotonda e gradevole, a volte coperta dall’orchestra,
Mattia Olivieri è un bravo baritono sicuro nel ruolo di Mercutio.
Elemento da attenzionare è il mezzosoprano
emergente Marina Viotti, sorella del
direttore, nel ruolo en travésti del paggio Stéphano; la cantante che ha recentemente vinto l’Opera Award a Londra come “Best
young singer”, è dotata di voce sonora e
pulita, di bel colore e con armonici, è abile nelle mezze voci, nei suoni
sostenuti, nelle magnifiche espansioni acute a piena voce.
Ha buona
voce anche l’emergente tenore russo Ruzil Gatin nei panni di Tybalt.
Sara Mingardo presta a Gertrude una voce pastosa di mezzosoprano dal bel
colore ma ha poco fiato, Le Duc di Jean-Vincent
Blot ha un buon colore di basso ma è un po’ corto, Edwin Fardini è Le Comte Paris, Paolo Nevi è
Benvolio, il baritono Paul Grant è Gregorio.
Il Coro
del Teatro alla Scala, ottimamente preparato e diretto dal Maestro Bruno Casoni, è coprotagonista di
questa pregnante coralità, che a volte ricorda le
atmosfere del Faust, e vi si immerge con la morbidezza delle mezze voci, con la
ricchezza del canto a piena voce, con la magnificenza dei suoni in tessitura
acuta della sezione femminile, con le voci calde e corpose della sezione
maschile, con la restituzione di atmosfere ferali a sostegno della disperazione
di Romeo dopo la morte dell’amico del cuore, il tutto con un perfetto amalgama
sonoro. Bravo!
La brava Orchestra del Teatro alla Scala, diretta con classe e sicurezza da Lorenzo Viotti, entra con grande professionalità nella
varietà dei temi e delle atmosfere della scrittura del compositore francese.
Dai tempi dilatati della tristezza, a
quelli festaioli e danzanti della festa del conte, dal dinamismo del terzetto
tra amici, che musicalmente ha il ritmo del quartetto degli zingari di Carmen,
alla dolcezza dei brevi intermezzi, dalle sonorità dense e vibranti nei duetti
degli amanti, alla compattezza del tutto orchestrale. Brava!
Presente a teatro Tony Renis, amico del
protagonista.
L’opera Roméo et Juliette era
andata in scena alla Scala solo quattro volte: nel 1867 con la direzione di Alberto
Mazzucato e col tenore Mario Tiberini al suo debutto nel ruolo protagonista,
nel 1874 con la direzione di Franco Faccio, nel 1911 con la direzione di Tullio
Serafin e nel 1934 con la direzione di Gabriele Santini, la regia di Mario
Frigerio e Mafalda Favero e Beniamino Gigli protagonisti.
credit Brescia/Amisano – Teatro alla Scala
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